Nuovo ordine monetario e finanziario: 1914 - 1929

De Baripedia


Una delle conseguenze della guerra sono gli effetti monetari e finanziari. La guerra è costosa, creando un problema di finanziamento. Le soluzioni a questo problema di finanziamento hanno conseguenze che sconvolgono l'economia mondiale nel dopoguerra. Ci sarà una rottura con il sistema monetario e finanziario internazionale.

Finanziamento della prima guerra mondiale

Costi della guerra

Spesa pubblica in Gran Bretagna % del PIL - Fonte: Feinstein, 1972, tabella 5.

Quando un economista si concentra sulla finanza di guerra, guarda alla spesa pubblica. Si può vedere chiaramente la grandezza di questa guerra per il bilancio della Gran Bretagna. Vedremo l'aumento dell'importanza della spesa pubblica per la Gran Bretagna. Siamo passati dall'8% del PIL a un picco del 37% del PIL nel 1918. Avere un tale aumento in un periodo di tempo abbastanza breve pesa molto sull'economia.

Spesa pubblica % del PIL - Fonte: Broadberry & Harrison, 2005, p. 15

Questo non è l'unico caso interessato, perché se guardiamo la Francia, il Regno Unito e la Germania, la spesa è simile. Le tendenze sono le stesse per i paesi continentali. La spesa statale di Francia e Germania è ancora più alta di quella della Gran Bretagna. Per gli Stati Uniti, la spesa aumenta dallo scoppio della guerra nel 1917. Nel 1918, tuttavia, la spesa è lontana da quella degli europei. Per un americano, tuttavia, la spesa è significativa, il che implica un ruolo maggiore per lo stato federale negli Stati Uniti rispetto al passato.

Menu di diverse opzioni per pagarli

Come si può finanziare l'aumento della spesa statale? Se la spesa aumenta, la spesa più logica è quella di aumentare il reddito sia a livello statale che familiare. Quando si parla di entrate statali, si parla di tasse. Quando guardiamo la spesa e il reddito britannico, vediamo un aumento delle tasse dal 7% del PIL al 16% del PIL, più che raddoppiando il livello delle tasse.

Spesa ed entrate del governo britannico - Fonte: Broadberry & Howlett, 2005, p. 216

Possiamo vedere che questo aumento non è sufficiente per pagare le spese delle guerre. Il 12% del costo della guerra è finanziato dalle tasse, il che dimostra che c'è ancora un deficit di bilancio da colmare.

Spesa ed entrate del governo britannico Fonte: Broadberry & Howlett, 2005, p. 216

Vediamo l'eccedenza e il deficit in milioni di sterline e come percentuale del PIL, evidenziando il fatto che c'è un grande deficit finanziario. La fonte di finanziamento più importante è il debito interno a lungo termine utilizzato come principale fonte di finanziamento del deficit di bilancio che rimane dopo l'aumento delle tasse. C'è un grande successo da parte degli inglesi nel finanziare la guerra sulla base delle tasse e sulla base del debito interno.

Questo non è sorprendente. Londra era un luogo importante come centro finanziario globale. Stiamo parlando di una città che è al centro del mondo finanziario e aveva forti competenze finanziarie. Quindi il fatto che la Gran Bretagna sia stata in grado di finanziarsi sulla base del debito interno non è sorprendente. C'è sofisticazione finanziaria, mobilitazione di capitale, quindi non è un problema finanziare la guerra. Ci vuole ancora un grande sforzo da parte del governo britannico per stimolare gli investitori a prestare il loro denaro.

Sources of Budget Deficit Financing in Britain - Fonte: Broadberry & Howlett, 2005, p. 218

C'è un appello al patriottismo degli investitori. Nonostante la sofisticazione finanziaria di Londra, gli sforzi del governo per stimolare gli investitori rimangono importanti. Anche in Gran Bretagna, vediamo che il debito interno non è sufficiente per finanziare la guerra. Altre opzioni vengono sfruttate. La Gran Bretagna fu costretta ad andare all'estero, soprattutto nella seconda metà della guerra, per cercare fondi altrove, soprattutto a New York. A partire dal 1915, ma in particolare dal 1917 e 1918, era importante per la Gran Bretagna avere il sostegno finanziario dei mercati di New York.

La manipolazione della massa monetaria creava rischi di inflazione, ma per quanto riguarda la pratica britannica, all'inizio della guerra, era un effetto shock che creava denaro per finanziare le spese. Immediatamente, si stabilisce una disciplina e non vediamo un ricorso significativo alla creazione di denaro in Gran Bretagna. Il controllo monetario è stabilito, ma bisogna capire che la possibilità di stabilire tale disciplina monetaria è un lusso. La Gran Bretagna ha accesso ad altre fonti di finanziamento.

Nel mix di opzioni di finanziamento, ci sono diverse tendenze. Ovunque, il debito è importante per finanziare la guerra. Alcuni stati come la Gran Bretagna hanno il lusso di un mercato finanziario molto sviluppato che permette loro di fare affidamento sul debito interno e di assumere debiti a lungo termine. L'accesso al mercato interno della Gran Bretagna le permette di fare affidamento sul debito interno e a lungo termine e questo è un lusso. Devi avere una certa fiducia come investitore per farlo.

In Francia, c'è un appello al patriottismo, così come negli Stati Uniti e in Germania. È una tendenza che vediamo ovunque. C'è anche una richiesta di tasse, ma i successi sono vari. Per la Gran Bretagna, c'è un successo con un raddoppio delle tasse in relazione alla dimensione del PIL. Negli Stati Uniti, lo sforzo bellico è finanziato dalle tasse al tasso del 25%. Vediamo negli Stati Uniti una situazione non molto diversa da quella della Gran Bretagna. In Francia, c'è un forte aumento delle tasse e c'è opposizione, a cui si aggiunge il problema del caos della guerra che rende difficile riscuotere le tasse nel proprio paese devastato dalla guerra. Per difficoltà molto pratiche, vediamo che le tasse coprono solo il 15% del costo della guerra. La Francia ricorre più ampiamente al debito e alla creazione di denaro per finanziare la guerra. A Parigi si sviluppa un mercato finanziario che permette l'indebitamento all'interno del paese.

I francesi cercano fondi prima a Londra, ma una volta esauriti, si rivolgono a New York, che diventa l'importante centro finanziario del mondo durante la guerra. Cercare fondi negli Stati Uniti è difficile, tuttavia, perché gli Stati Uniti rimangono prima di tutto un paese neutrale. Nell'ottobre 1915, il grande banchiere americano JP Morgan cercò di raccogliere 500 milioni di dollari per gli inglesi e i francesi. Egli trova che le condizioni sono difficili per questo prestito con una riluttanza da parte del pubblico a farsi coinvolgere in una guerra che è considerata dalla maggior parte degli americani come una guerra puramente imperialista ed europea. C'è una forte riluttanza da parte degli americani nel destinare i loro fondi agli europei. D'altra parte, c'è un'aperta opposizione di una certa parte del pubblico di origine tedesca all'idea di finanziare i governi francese e inglese. Possiamo vedere che per questo prestito, alla fine, le obbligazioni non sono completamente sottoscritte ed è quindi un fallimento parziale.

Gli atteggiamenti cambiano con l'entrata in guerra degli Stati Uniti nell'aprile 1917. Anche prima, c'era meno riluttanza ad accettare finanziamenti dai governi alleati. Anche prima che gli Stati Uniti entrassero in guerra, era molto più difficile per le potenze centrali prendere in prestito da New York e dall'estero. Per la Germania divenne sempre più difficile finanziare la guerra, poiché non era possibile per i tedeschi indebitarsi a Londra o Parigi. Anche se gli Stati Uniti erano neutrali, c'era la possibilità per la Germania e le potenze centrali di fare appello al capitale americano, ma si parlò solo di 35 milioni di dollari in prestiti, una somma piuttosto piccola a causa della riluttanza del pubblico e degli investitori.

Possiamo vedere che per la Germania la situazione e la sfida di finanziare la guerra, specialmente attraverso il debito a lungo termine, è molto difficile perché il debito è difficile sia all'esterno che all'interno, perché i mercati finanziari non sono così sviluppati come a Londra. Quando gli investitori tedeschi sono disposti a prestare il loro denaro, è più a breve e medio termine con tassi di interesse più alti.

Come la Francia, la Germania ha grandi difficoltà a finanziare la guerra con tasse che coprono solo il 15% del costo della guerra. Il paese si sta indebitando in una certa misura, soprattutto a breve termine, e il paese sta creando denaro perché le altre opzioni sono così limitate per la Germania.

Approches variées selon pays

Les choix que les différents pays font pour financer la guerre ont des conséquences différentes à court terme et à long terme. On ne peut comprendre l’instabilité d’après-guerre sans comprendre le financement durant la guerre. Une des plus importantes conséquences de la création de la monnaie pour financer la guerre est l’inflation. Certains spécialistes pensent que c’est à cause de la Première Guerre mondiale que le monde redécouvre l’inflation qui fut un phénomène presque oublié depuis la fin des guerres napoléoniennes.

On voit que pour ces pays, il y a un défi à combler afin de contrôler l’augmentation des prix. La création de la monnaie n’est pas le seul élément important, il y a aussi un décalage entre la demande et l’offre. En temps de guerre, il y a une forte demande pour certains pays, mais l’offre est très réduite due à une réallocation des ressources. La création de la monnaie renforce ce problème. Il y a un contrôle des prix afin de tenter de limiter l’inflation. Ces contrôles deviennent importants et efficaces comme par exemple en Allemagne. Ce qu’on attend est la fin de la guerre et surtout avec la fin du contrôle des prix, on attend une explosion des prix. Une fois les prix libérés, on voit les conséquences de l’inflation supprimée jusqu’à un certain point pendant la guerre. Dans certains pays comme en France et en Allemagne, un véritable problème se développe par rapport à l’inflation dans l’après-guerre. En Russie, le public perd confiance dans le gouvernement refusant d’accepter les billets de banque.

Les conséquences monétaires et financières de la guerre

Conséquences monétaires

Le système international basé sur l’étalon-or est sa capacité à contrôler l’émission de la monnaie en insistant sur l’importance d’avoir un lien étroit entre la réserve d’or et la masse monétaire. Le fait de parler de création de la monnaie jusqu’à un point que cela implique une finalisation importante implique qu’on a mis fin au système de l’étalon-or. Tous les pays y mettent fin dans les faits ou en pratique au système de l’étalon-or. Il y a un moment de pause concernant le système international monétaire basé sur l’or.

Taux des changes ; moyennes annuelles, 1913 = 100 - Source: Asselain, p. 89

Les taux de change vont commencer à changer et donc s’il y a une inflation très importante, cela signifie que cela nuit à la valeur de la monnaie. Si on regarde la situation pour la France ou pour l’Allemagne, on voit qu’il y a un effondrement de la valeur de ces monnaies. On n’est pas seulement dans un régime de taux de change flottant, mais il y a aussi des changements brusques par rapport à la valeur de la monnaie. On peut parler alors de certaines conséquences monétaires de la guerre et notamment des conséquences immédiates.

Il y a aussi des séquelles comme l’augmentation de l’importance des dettes ainsi que des dettes entre pays. Si on regarde la dette nationale de la Grande-Bretagne, on voit une augmentation importante.

Le niveau de dette nationale pour la France va être un peu plus élevé que pour la Grande-Bretagne.

Le fardeau de la dette augmente pour les pays belligérants. Ces dettes sont contractées pas seulement aux investisseurs intérieurs, mais aussi auprès des investisseurs extérieurs impliquant ces pays dans les conséquences de cette tendance.

Séquelles financières de la guerre

Dettes interalliées et position extérieure nette (hors réparations) en 1919 en millions de dollars - Source: Pierre-Cyrille Hautcoeur, 2009, La crise de 2009, La Découverte.

Les États-Unis représentent le prêteur le plus important au niveau international. On voit que la Grande-Bretagne joue un rôle important aussi en finançant les dettes des pays alliés. Surtout, la France, la Russie et l’Italie sont financées à un point très important par la Grande-Bretagne. Au milieu de la guerre, les ressources financières de la Grande-Bretagne sont épuisées. La France aussi est capable de prêter notamment à la Russie.

Au niveau géopolitique, l’existence de ces prêts interalliés joue un rôle important dans le déroulement des années 1920. Les dettes interalliées s’élèvent à 18 millions de dollars soit presque l’équivalent du stock des avoirs étrangers britanniques à la veille de la guerre. Si on regarde le montant du stock des avoirs étrangers de la Grande-Bretagne en 1913, on a le montant des prêts interalliés contractés par les alliés pendant 4 ans expliquant l’importance du choc financier instauré à l’économie mondiale par la Première Guerre mondiale.

Les emprunts entre alliés se font par les gouvernements et seuls quelques intermédiaires privilégiés sont associés comme JP Morgan aux États-Unis. C’est la banque qui va servir comme la porte d’entrée pour les Européens au marché financier étasunien. Les engagements à l’étranger des belligérants européens augmentent très fortement et surtout ceux des pays alliés. En même temps, on voit que les actifs nets sur l’extérieur diminuent fortement pendant la guerre.

Il y a des ventes de la part des Britanniques des actifs qui existent à la veille de la Première Guerre mondiale. La Grande-Bretagne liquide des actifs pour financer la guerre. Lorsqu’on parle de la Grande-Bretagne, on parle du pays le plus important en tant que créancier du monde et on parle alors des créances à l’extérieur qui sont très élevées. Les investisseurs britanniques ont mis beaucoup d’argent dans le financement des chemins de fer aux États-Unis et le montant investi est très élevé. Une fois que la Grande-Bretagne commence à vendre ses titres afin de payer les produits nécessaires à importer, on voit une forte volonté de la part du gouvernement britannique d’organiser une vente des titres détenus aux États-Unis pour avoir des dollars disponibles pour payer les importations en provenance des États-Unis. Les États-Unis sont effrayés par les potentielles conséquences de cette vente. Même si c’est une guerre considérée comme européenne, on voit que les conséquences sur les États-Unis sont immédiates. Étant donné que ce pays est très impliqué dans le système économique international, on voit qu’il y a une fermeture de ce marché financier suite à la vente des titres européens. C’est une véritable crise sur le marché américain.

Le gouvernement britannique organise une campagne publicitaire très importante afin de convaincre les investisseurs britanniques d’échanger leurs actifs en dollar pour des titres du gouvernement en livre sterling. L’objectif est de récupérer des dollars afin de payer les importations. La France fait à peu près la même chose liquidant ses créances afin de payer les importations nécessaires à la conduite de la guerre. C’est une chose que ces pays choisissent de vendre une certaine partie de ces actifs. Il y a aussi une perte de ces actifs à l’étranger pendant la guerre. La France perd probablement les ¾ de ses actifs en Europe surtout à cause de la répudiation des dettes russes. Les pouvoirs centraux vont aussi perdre des actifs pendant et surtout à l’issue de la guerre. Avec le traité de Versailles, l’Allemagne perd presque tous ses avoirs à l’étranger. Des engagements à l’étranger augmentent, les actifs à l’étranger tombent.

À l’issue de la guerre, l’Europe n’est plus le banquier du monde. Par contre, les États-Unis ancien débiteur le plus important jusqu’à la fin du XIXème siècle, devient le grand créancier international par la suite. Il y a une transition en termes d’hégémonie financière internationale.

D’une part, les alliés européens empruntent à l’étranger et surtout aux États-Unis pour financer la guerre, par conséquent les actifs étrangers des États-Unis augmentent. Cela signifie que les États-Unis ont des intérêts de plus en plus importants à l’étranger. Une partie importante des actifs étrangers des puissances européennes sont des titres européens et ces titres sont vendus aux Américains pendant la guerre. Ainsi, on voit une chute des engagements étrangers des États-Unis. Cette situation créée une position externe positive pour les États-Unis.

Pour les puissances centrales, il faut aller plus loin parce qu’il y a des réparations à l’issue de la guerre qui représente les conséquences financières les plus importantes de la guerre. Le traité de Versailles attribue les responsabilités de la guerre à l’Allemagne en imposant le paiement des réparations. Le montant à payer est très controversé étant fixé en avril 1921 à 132 milliards de marks or soit presque 3 fois le PIB d’alors de l’Allemagne. La question du montant des réparations suscite des débats chez les contemporains et encore chez les historiens.

À l’époque, les Français insistent sur le fait que l’Allemagne paie des dommages de guerre. La France est un pays envahi, qui perd beaucoup d’actifs étrangers et un pays qui s’endette longuement pour payer le coût de la guerre. Ce n’est pas surprenant que la France réclame le plus de réparation de l’Allemagne. Clemenceau se présente dans une logique revancharde dans ces négociations, mais exprime l’attitude dominante de ses concitoyens.

Clemenceau extrait de Javel coq gaulois.jpg

Le souci de la France est de retrouver son équilibre économique et militaire, mais aussi de punir l’Allemagne. La fin de la guerre dépend de la capitulation sans condition des Allemands et qui est une défaite sans ambiguïtés pour l’armée, mais en même temps l’Allemagne n’est pas envahie rendant l’acceptation de la défaite plus difficile. Le Kaiser n’a pas dû accepter la responsabilité pour la guerre. C’est la nouvelle république fondée en novembre 1918 qui doit négocier la paix et remplir les conditions du traité de Versailles. L’Allemagne sort affaiblie par le conflit et au lendemain de la guerre, l’économie allemande se détériore très rapidement. On voit une chute brutale de la production industrielle, une montée du chômage brutale. En 1919, le nombre de chômeurs dépasse le million et on voit un retard de salaire par rapport à l’inflation qui est galopante. C’est une situation qui devient vite révolutionnaire en Allemagne. Une pénurie alimentaire dure dans l’après-guerre. La récolte te blé en 1919 n’est que la moitié que de celle de l’avant-guerre.

Un autre élément vient s’ajouter :

« Under the terms of the Armistice the Allies did imply that they meant to let food into Germany… But so far, not a single ton of food had been sent into Germany. The fishing fleet had even been prevented from going out to catch a few herrings. The Allies were now on top, but the memories of starvation might one day turn against them. The Germans were being allowed to starve whilst at the same time hundreds of thousands of tons of food were lying at Rotterdam… these incidents constituted far more formidable weapons for use against the Allies than any of the armaments it was sought to limit. The Allies were sowing hatred for the future: they were piling up agony, not for the Germans, but for themselves… »

— David Lloyd George, Minutes of the Supreme War Council, 17th Session, 3rd Meeting, 7 March, 1919, quoted in Avner Offer, The First World War: An Agrarian Interpretation, 1991.

Le blocus continu même après la guerre. Lloyd George avait une grande hésitation concernant la continuation de cette politique.

« Crimes in war may not be excusable, but they are committed in the struggle for victory, when we think only of maintaining our national existence, and are in such passion as makes the conscience of people blunt. The hundreds of thousands of noncombatants who have perished since November 11, because of the blockade, were destroyed coolly and deliberately after our opponents had won a certain and assured victory. Remember that when you speak of guilt and atonement. »

— Speech of Count Brockdorff-Rantzau on 7 May 1919 at Versailles, quoted in Avner Offer, The First World War: An Agrarian Interpretation, 1991.

On voit l’importance de la politique du blocus. Brockdorff-Rantzau constate qu’on ne peut constater une véritable famine en Allemagne. La continuité du blocus met en avant le fait que les Allemands sont de plus en plus fâchés par rapport aux alliés, qu’ils ont du mal à accepter les conditions de la paix. Il y a une forte réticence de la part des Allemands, mais il y a une forte réticence à signer le traité de Versailles. Les conséquences de la paix sont très controversées. Cela pose la question de savoir jusqu’à quel point on peut mettre en place une politique de pression afin d’inciter à faire signer un traité de paix.

Cet arrière-plan des négociations de la paix avec met en exergue deux côtés du problème. On voit que ce débat continu et prend différentes formes. En histoire économique, on voit déjà qu’en 1919, 1920 et 1921 il y a des débats par rapport aux réparations demandées par les Allemands. Il y a des détracteurs parmi les économistes britanniques comme John Maynard Keynes. Keynes propose une réparation de 20 milliards de marks or comme réparation. Sa proposition est refusée et critique cette décision dans son ouvrage ‘’Les conséquences économiques de la paix’’.

Les Américains pensent aussi que les réparations imposées sont excessives continuant à mettre la pression sur les Britanniques, les Français et l’Italie pour payer les dettes contractées pendant la guerre. La position des États-Unis peut être considérée comme hypocrite pour certains historiens. Un cercle vicieux s’installe obligeant les alliés à demander de réparations. Aujourd’hui, le débat se divise en deux camps : des historiens comme Keynes insistent sur le rôle néfaste des réparations allemandes, et dans la vie politique allemande cela mène au succès du mouvement nazi. D’autres débats considèrent que vu son PNB, l’Allemagne était capable de payer les réparations exigées. Ces perspectives constatent les faiblesses de l’économie française après la guerre pour justifier l’attitude revancharde des Français vis-à-vis des Allemands.

Les défis financiers et monétaires de l'après-guerre

Il y a des conséquences importantes et des questions qui restent très importantes. En ce qui concerne les défis à combler à moyen terme, il faut aussi regarder un peu plus loin. Une fois que les années 1920 commencent à se dérouler, que voit-on en termes de défi financier et monétaire ?

Des déséquilibres budgétaires durent et perdurent après la guerre, les États belligérants connaissent d’importants déficits budgétaires qui sont la conséquence de l’effondrement des rentrées fiscales dû à la forte diminution de la production et du commerce international. De plus, il y a aussi une forte hausse des dépenses et des payements de pensions pour les gens rentrés de la guerre ou pour leur famille, il y a des frais de reconstruction et le remboursement des dettes à comptabiliser. Avec la fin de la guerre, on ne peut pas dire qu’on retourne à la normale avec une diminution des dépenses étatiques jusqu’au point de départ. Le problème des déficits budgétaires perdure après la guerre. Une solution serait de diminuer la taille du déficit budgétaire, mais cela implique une réduction des dépenses étatiques qui reste très difficile en Europe à l’époque.

Il faut chercher une autre solution afin de financer le déficit budgétaire. L’essentiel des oppositions est l’impôt, mais une augmentation des impôts reste très difficile étant donné l’effondrement du niveau d’activité économique, mais aussi du climat. Il y avait la possibilité d’importer, mais c’est une solution qui coûte cher parce qu’il y a des intérêts à payer. En fin de compte, cette solution ne fait que déclarer le problème et il y a enfin la possibilité d’émettre de la monnaie. On voit qu’il y a une tentation à laquelle la plupart des États commencent à céder déjà pendant la guerre, mais aussi après la guerre. Il y a le risque d’une forte inflation ce qui peut ruiner la rentabilité des placements financiers dans la monnaie considérée et on voit que cette tendance encourage la fuite des capitaux. En fin de compte, cela provoque l’effondrement de la valeur de la monnaie concernée. Plus l’inflation est forte, plus le risque de l’effondrement monétaire est important.

On voir le problème d’un déficit budgétaire qui perdure et que le même menu d’option pour régler ce déficit. Lorsqu’on regarde différents pays, les réactions sont variées. Si on prend la Grande-Bretagne, elle décide de rétablir l’équilibre budgétaire le plus vite possible au prix de fortes augmentations d’impôts. Ce pays décide de discipliner l’économie vite. D’autre part, le pays est dans une situation qui n’est pas aussi difficile que pour les pays continentaux, mais on voit aussi une volonté politique de faire face aux conflits sociaux afin d’équilibre le budget. On voit aussi que la Grande-Bretagne met en place des politiques qui visent à lutter contre l’inflation. Il y a un coût à payer de la part de la Grande-Bretagne parce que ces politiques déflatent l’économie et coûtent cher en matière de diminution de l’économie avec une augmentation du chômage, une diminution de l’investissement entre autres.

En France, la situation est plus compliquée. Il est difficile pour la France même d’entamer une discussion afin de rééquilibrer le budget parce que les coûts liés à la guerre sont tellement importants qu’il est difficile d’imaginer comment il est possible pour la France de régler le problème de l’équilibre. Un autre aspect complique la question budgétaire parce qu’elle est mêlée au débat sur les réparations de la guerre. Le gouvernement ne juge pas nécessaire d’augmenter les impôts pour rembourser la dette nationale faisant que la dette française augmente. Il y a une réticence de la part des hommes politiques en France à faire augmenter les impôts parce qu’ils constatent que les réparations vont payer une grande partie du déficit budgétaire. En Allemagne, on voit la même chose avec une forte opposition à la montée des impôts afin de payer les réparations. Il y a une augmentation des déficits budgétaires et un effort de monétiser ces déficits qui conduit à une forte inflation.

Dans ces deux pays, la tentation de monétiser les déficits est importante et la frustration est importante. La situation budgétaire des différents pays exerce une influence très forte sur les défis monétaires de l’après-guerre. Rétablir l’étalon-or à l’issue de la guerre est l’objectif premier de tous les pays. À l’époque, l’étalon-or est vu comme le seul garant de la stabilité. Cela évoque pour beaucoup d’élites le souvenir d’un meilleur monde. L’idée de rétablir l’étalon-or est la promesse d’une stabilité plus importante.

Les États-Unis restaurent la convertibilité libre dans l’après-guerre, par contre pour les pays européens il faut combler des défis énormes pour rétablir un taux de change fixe parce que le retour à l’équilibre budgétaire est nécessaire pour la stabilisation monétaire. Si un déficit budgétaire échappe à tout contrôle, cela n’est pas possible de stabiliser la monnaie parce qu’il y a toujours la tentation d’utiliser la monnaie pour financer son budget et son déficit. Cela prend jusqu’au milieu des années 1920 pour rétablir l’étalon-or et c’est un nouveau système par rapport à l’étalon classique. Il y a un rétablissement du système monétaire international basé sur l’or avec des principes très proches. Même si les gens pensent qu’avec un tel rétablissement ils vont voir une telle stabilité revenir, on va voir que ce n’est pas la même chose qui va se passer ouvrant une période de forte instabilité monétaire et financière conduisant à la Grande dépression.

Dans une situation de déséquilibre budgétaire, il y a toujours la tentation et la nécessité d’imprimer de la monnaie afin de financer le déficit. Si on n’arrive pas à rééquilibrer le budget, il y a une expansion monétaire et une inflation. C’est seulement à partir du milieu des années 1920 qu’on peut parler de nouveau système monétaire international pour le monde.

Pour l’Allemagne, la première moitié des années 1920 est marquée par l’expérience de l’hyperinflation qui est liée à la faiblesse de l’économie allemande et la réponse allemande à ces faiblesses. Déjà en 1919, les Allemands commencent à payer les réparations en espèce et en nature. À la fin d’avril 1921, la commission pour les réparations informe les Allemands de la somme à payer soit 132 milliards de marks or, mais la capacité des Allemands à payer une telle somme dépend de la capacité à exporter afin de gagner des devises. Pourtant la situation sur les marchés mondiaux est difficile à l’époque, d’ailleurs des restrictions sont imposées aux Allemands par les alliés. Il y a des problèmes à l’intérieur de l’Allemagne aussi des problèmes de transport qui empêchent les Allemands à faire le nécessaire pour gagner suffisamment de devises pour payer les réparations. Il commence à y avoir une réaction en termes de la valeur du mark parce que les investisseurs internationaux craignent le pire n’étant pas convaincu que les Allemands puissent payer les réparations. La valeur du mark chute marquant une perte de confiance. Le mark qui a une valeur de 4,2 contre le dollar en 1914, ne vaut que 14 à la fin de la guerre, 1 dollar vaut 500 marks en juillet 1922, et 70000 marks en juillet 1923. La chute spectaculaire de la valeur du mark reflète les problèmes à l’intérieur de l’économie allemande et reflète la difficulté des Allemands sur les marchés internationaux.

Les Allemands arrêtent les payements des réparations parce qu’ils considèrent qu’ils ne sont plus capables de les payer. Les Français sont furieux réagissant de manière agressive avec une invasion de la Ruhr pour prendre contrôle les mines de charbon et de fer pour exiger les réparations en charbon. À l’arrivée des Français, il y a une résistance passive de la part des allemands, les français doivent appeler des milliers d’ingénieurs et d’ouvrier afin d’aller chercher le charbon en Allemagne. Les français réussissent à trouver le charbon, mais cela coûte très cher. Le gouvernement allemand qui appelle à la résistance passive commence à imprimer de l’argent pour compenser les ouvriers dans la Ruhr afin de soutenir cette résistance passive. En 1922, un dollar vaut 4,2 trillions de marks.

Hausse des prix de gros – indice de base 100 en 1913

L’indice des prix de gros est un indicateur de l’inflation. Il y a une véritable crise monétaire qui se produit en Allemagne. Le gouvernement allemand doit agir puisqu’il n’y a pas de confiance en la monnaie allemande. Le gouvernement démonétise le mark le remplacement par une nouvelle monnaie qui est la rentemark. Il y a un effondrement presque total de la valeur allemande. La dévaluation de la valeur de la monnaie allemande est tellement sérieuse que le gouvernement allemand n’est pas capable de gérer la situation seule faisant appel à l’international afin de stabiliser la monnaie allemande.

Une commission internationale est mise en place sous la direction de Dawes appelé le plan Dawes essayant d’aider les Allemands à stabiliser leur monnaie avec une diminution des réparations et un prêt international. L’idée est de diminuer le montant des réparations, mais aussi de leur accorder un prêt international afin de payer les réparations qui restent. Une aide internationale permet à l’Allemagne de reprendre le paiement des réparations, mais de façon réduite puis de rendre sa monnaie de nouveau convertible en or. L’expérience de l’inflation galopante pèse très lourde jusque dans les années 1930 et jusqu‘à nos jours.

En France a lieu la crise du franc. On ne parle pas en France de l’hyperinflation. Il y a une augmentation importante des prix. Des crises pour la France se déroulent dans les années 1920. Pour la France, la stabilisation monétaire est une épreuve difficile qui sera achevée au milieu des années 1920. Le gouvernement français pratique une politique économique de déficit afin de financer la reconstruction des régions dévastées. C’est une politique afin de mettre la pression sur les Allemands et payer les réparations. L’État français crée de la monnaie pour permettre la reconstruction du pays et créer de l’inflation économique. Le franc devient volatile face à la montée des prix.

Une autre chose pèse sur la valeur du franc qui est les incertitudes grandissantes du paiement des réparations par les Allemands avec l’invasion de la Ruhr. Tout le monde est attentif. C’est considéré de plus comme un échec qui fait que les investisseurs internationaux s‘inquiètent de plus en plus de la valeur du franc. Regardant la situation du budget, si les allemands ne paient pas les réparations, ils vont devoir dévaluer. Le gouvernement cherche des solutions budgétaires afin de garder confiance en la monnaie française. En 1924, il y a une volonté de résoudre les problèmes budgétaires français. Pourtant il y a une difficulté à accepter le plan proposé puisqu’il dépend d’une augmentation des impôts et personne n’est vraiment convaincu qu’il est possible d’augmenter les impôts pour payer le déficit budgétaire. Cette tentative échoue menant un changement de gouvernement.

Le cartel de gauche a des propositions pour stabiliser le budget. De nouveaux projets fiscaux sont proposés parle cartel de gauche et la principale mesure est de taxer le capital. Mais cette proposition provoque des fuites de capitaux de la France vers la Suisse et les Pays-Bas engendrant encore une chute du franc. Il y a davantage de pression mise sur la valeur du franc et on voit clairement l’interaction entre crise budgétaire en France et crise monétaire. Il n’est pas possible de résoudre le problème monétaire sans résoudre le problème budgétaire. Le gouvernement va finalement demander une augmentation des impôts et l’effort va conduire à une réussite avec une stabilisation du franc. Toutefois, ce n’est pas possible de ramener le franc à sa valeur ancienne, on parle d’une parité à 80% de la valeur de l’avant-guerre. Les Français doivent accepter que leur économie soit beaucoup plus faible qu’elle n’était avant la Première Guerre mondiale. Certains spécialistes sont d’avis que le gouvernement a sous-évalué le franc pour aider l’industrie et l’économie à croitre parce que si la monnaie est sous-évaluée, les exportations coûtent moins cher sur les marchés mondiaux.

Tous les problèmes auxquels la France est confrontée renforcent l’intérêt à un retour au système de taux de change fixe. De fortes critiques sont suscitées par rapport au taux de change flottant. Le retour au taux de change fixe est difficile à mettre en place. Un retour réussi à un régime de taux de change fixe se pose en situation d’équilibre budgétaire, mais aussi à un choix de parité qui est viable étant donné la situation économique de chaque pays. Pour être viable à long terme d’une perspective économique, le choix d’une parité doit prendre compte du pouvoir d’achat dans les différents pays. Le taux de change pour être viable doit égaliser le niveau des prix entre deux pays.

En Allemagne, l’hyperinflation conduit à une destruction totale de la valeur de sa monnaie. Pour se rendre compte de cette réalité économique, les Allemands doivent rétablir la convertibilité du mark vers une monnaie beaucoup moins chère. Si une monnaie vaut très peu, il est difficile d’acheter sur les marchés internationaux. L’épargne en vieux mark ne vaut presque rien. Pour les français, la situation n’est pas aussi sérieuse, mais la France accepte aussi une dévaluation importante de sa monnaie avec le nouveau franc. Des pays sont dans la même situation que la France comme la Belgique et l’Italie.

La Grande-Bretagne est une exception. Elle n’est pas prête à accepter une telle dévaluation de sa monnaie. Il y a un effort de rétablir la convertibilité de sa monnaie à la même parité de celle de 1914. La City insiste beaucoup sur l’importance de l’ancienne parité puisqu’elle considérait que sa réputation dépend la force du livre. La priorité est de rétablir la parité du livre pour montrer aux investisseurs internationaux qu’ils peuvent avoir confiance en la monnaie britannique. Pour retourner au taux de change antérieur avec le dollar, le problème est qu’entre temps, il y a des différences en termes d’inflation entre les États-Unis et le Royaume-Uni. Une politique va être mise en œuvre afin de deflater l’économie britannique. Le retour au taux de change 1914 implique une politique d’austérité afin de réduire le niveau des prix intérieurs comme les salaires. La convertibilité de la livre est rétablie en 1925 à la valeur de 1914 après une réduction des prix de 1/3. Ce succès monétaire dépend d’une stagnation de l’économie, de changement massif et d’une véritable crise sociale au Royaume-Uni. De plus, au niveau international, la livre britannique reste surévaluée pesant sur les exportations du pays durant les années 1920. En terme monétaire, il y a un succès de la part du Royaume-Uni. C’est un objectif cherché par une certaine partie des britanniques est surtout par les financiers.

Un nouveau régime monétaire et financier

Avec ces deux cas apparaissent des difficultés importantes dans la restauration de l’étalon-or, mais à partir du milieu des années 1920, il y a un nouvel étalon-or international qui est mis en place. Toutefois, ce n’est pas le même étalon-or qu’auparavant. Si on regarde le niveau mondial des prix en 1920 et 1922, le niveau mondial des prix est beaucoup plus élevé qu’en 1915. La vieille question de l’étalon-or se pose : il y a toujours le risque que la quantité d’or contenue en réserve soit trop basse pour soutenir le niveau d’activité économique.

À la conférence de Gênes en 1922 est proposé l’étalon de change or. Les gouvernements centraux et nationaux cherchent à augmenter la base de la monnaie internationale. Les banques centrales développent leur capacité à dégager de la monnaie non seulement sur l’or, mais aussi sur certaines devises elles-mêmes convertibles en or. Il y a un effort afin d’étendre les possibilités en termes de réserve qu’il est possible de détenir. Avec l’élargissement des réserves qui sont utilisables en tant que base monétaire, cela fait que le stock d’or en soi ne limite pas la masse monétaire de la même façon qu’avant la Première Guerre mondiale. L’atout d’un tel système est qu’il a élargi la taille de la réserve des banques centrales, mais cela nécessite une confiance en la valeur de la monnaie. Au fur et à mesure que les années 1920 se déroulent, il y a une diminution de la confiance. Il y a des avantages à ce système, mais aussi une grande vulnérabilité.

Si on peut parler d’un nouveau régime monétaire dans les années 1920, on peut aussi parler de l’émergence de nouveaux régimes financiers. Il faut remarquer que les pays neutres durant la Première Guerre mondiale comme les Pays-Bas et la Suisse accroissent leur succès en tant que places financières. Il faut noter l’importance de la montée des États-Unis comme financier international. Cette tendance se manifeste déjà pendant la guerre, mais à la suite de la guerre, cette tendance se renforce avec l’enthousiasme du public américain pour les devises étrangères.

Emissions Etrangères aux États-Unis, 1919-1929 en millions de dollars 1929.

L’exportation des capitaux aux États-Unis se dirige vers l’Europe. Les Allemands attirent beaucoup de capitaux des États-Unis. Le Canada et l’Amérique latine sont aussi concernés. Pour l’Amérique latine, il y a une augmentation de l‘importance des États-Unis et donc une dépendance grandissante de la part des entreprises et des gouvernements latino-américains.

Les destinataires des émissions étrangères aux États-Unis.

La question qui se pose dans les années 1920 est de savoir où sont les Européens. La France et la Grande-Bretagne restent présentes, mais surtout la Grande-Bretagne qui continue à prêter de l‘argent. Étant donné les problèmes domestiques auxquels doit faire face la Grande-Bretagne, il y a une diminution de son rôle. Toutefois, avec les États-Unis, une concurrence se fait créant un duopole. Mais au cours des années 1920, les États-Unis gagnent une véritable supériorité. La présence des États-Unis change les choses. Pour les États-Unis, c’est la première fois qu’on voit une forte importance des investissements étrangers créant un fort contraste avec la Grande-Bretagne. Il y a certains spécialistes qui constatent que les investisseurs américains prennent trop de risques lorsqu’ils investissent à l’étranger. Il y a une forte critique des investissements que les États-Unis font par exemple en Allemagne. Lorsqu’on parle des États-Unis en tant que grand investisseur, on ne parle pas de la Grande-Bretagne.

Emissions Etrangères, 1920 - 1931.

Même au pic des investissements, ces émissions représentent une minorité des investissements soit entre 17% et 18%. Pour la Grande-Bretagne, c’est 50% des investissements qui sont destinés aux marchés internationaux.

Au fur et à mesure que les années 1920 se déroulent, cette dépendance devient de moins en moins importante. Une bulle spéculative se développe et les investisseurs américains ont de moins en moins de solutions. Soit ils peuvent investir à l’étranger soit chez eux. Au fur et à mesure que la bulle spéculative se développe, ils sont attirés par les investissements domestiques. Les britanniques sont aussi attirés par les investissements aux États-Unis. Il commence à y avoir un changement de direction de la destination des capitaux. Ce changement de direction des flux internationaux de capitaux contribue à créer un cercle vicieux contribuant à rendre le système financier international vulnérable.

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