Approccio analitico alle istituzioni nella scienza politica

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Le istituzioni sono un concetto fondamentale della scienza politica. Esse determinano il modo in cui viene esercitato il potere, come vengono prese le decisioni e come vengono risolti i conflitti in una società.

La scienza politica esamina vari tipi di istituzioni, ognuna con un ruolo specifico. Da un lato, le istituzioni politiche comprendono le strutture di governo come il parlamento, l'esecutivo e il sistema giudiziario. Esse stabiliscono come il potere viene distribuito e utilizzato all'interno di uno Stato. Dall'altro lato, le istituzioni amministrative, che comprendono ministeri, agenzie governative e forze dell'ordine, sono responsabili dell'attuazione delle politiche e delle leggi stabilite dalle istituzioni politiche. In un altro contesto, le istituzioni legislative, che in un sistema democratico includono il parlamento o il congresso, sono responsabili della stesura delle leggi. L'interpretazione e l'applicazione di queste leggi è poi responsabilità delle istituzioni giudiziarie, che comprendono i tribunali e altri organi legali. Infine, vi sono istituzioni non governative che hanno un'influenza significativa sulla politica. Le istituzioni legislative creano le leggi, le istituzioni amministrative le attuano e le istituzioni giudiziarie le interpretano e le applicano. Le istituzioni non sono solo strutture formali, ma anche regole e norme informali che modellano il comportamento politico. Queste regole e norme possono essere altrettanto, se non più, importanti delle strutture formali per capire come funziona la politica. Ad esempio, le norme sul rispetto dello Stato di diritto o sulla non discriminazione possono avere un impatto significativo sul funzionamento della politica.

L'approccio analitico alle istituzioni nella scienza politica si riferisce a un metodo di studio che si concentra sull'analisi rigorosa e sistematica delle istituzioni politiche nel campo della scienza politica. Questo approccio cerca di comprendere le istituzioni esaminandone le caratteristiche, le strutture, le funzioni e le interazioni con gli altri attori politici. L'approccio analitico prevede l'uso di diversi strumenti concettuali e metodologici per esaminare le istituzioni. Ciò può includere l'analisi comparativa di diverse istituzioni politiche tra i vari Paesi, lo studio dei processi decisionali istituzionali, l'analisi dei meccanismi di controllo e regolazione istituzionali e la valutazione dell'impatto delle istituzioni sul comportamento politico e sui risultati delle politiche. L'approccio analitico istituzionale nelle scienze politiche mira a fornire una comprensione più profonda e sfumata del ruolo delle istituzioni nei sistemi politici, ponendo l'accento sull'esame preciso delle strutture e delle dinamiche istituzionali.

Che cos'è un'istituzione?

Definizioni: regole, routine o convenzioni formali o informali che esistono a tutti i livelli politici

Le istituzioni sono spesso definite in senso lato come regole, procedure, routine o convenzioni più o meno formali che esistono a vari livelli di analisi. A livello internazionale, istituzioni come le Nazioni Unite o l'Organizzazione mondiale del commercio svolgono un ruolo cruciale nel regolare le interazioni tra i Paesi. A livello subnazionale o regionale, le istituzioni possono includere enti governativi locali o regionali, gruppi di comunità o persino convenzioni sociali che regolano il comportamento in determinate regioni. Inoltre, le istituzioni possono esistere anche a livello settoriale. Ad esempio, nel settore finanziario esistono istituzioni come le banche centrali o le autorità di regolamentazione finanziaria che stabiliscono le regole e le procedure per il funzionamento del settore. Le istituzioni sono quindi fondamentalmente "regole del gioco" che strutturano il comportamento nella società, sia che siano formalmente sancite dalla legge sia che assumano la forma di norme e convenzioni sociali informali.

Una costituzione, come quella svizzera, è un perfetto esempio di istituzione, nel senso che stabilisce un insieme di regole e procedure che definiscono la struttura e il funzionamento dello Stato. Determina la forma dello Stato - nel caso della Svizzera, una confederazione - e specifica i rapporti tra i diversi rami del governo - esecutivo, legislativo e giudiziario. La Costituzione svizzera, ad esempio, stabilisce un sistema di governo semi-diretto che combina elementi di democrazia rappresentativa con strumenti di democrazia diretta come i referendum. Stabilisce inoltre i diritti fondamentali dei cittadini svizzeri e definisce i poteri dei diversi livelli di governo - federale, cantonale e comunale. Definisce inoltre le modalità di selezione di questi organi politici, stabilendo ad esempio che i membri del Consiglio federale (il potere esecutivo in Svizzera) sono eletti dall'Assemblea federale (il Parlamento). In questo modo, la Costituzione fornisce un quadro di riferimento per il funzionamento della politica e del governo in un Paese e, in quanto tale, è un'istituzione chiave della scienza politica.

Anche le istituzioni informali svolgono un ruolo importante nella strutturazione dei sistemi politici. Queste istituzioni possono essere basate su tradizioni, costumi e norme non scritte, ma comunque vincolanti. Il Regno Unito è un ottimo esempio di questo tipo di sistema. Sebbene il Paese non abbia un'unica costituzione scritta come la maggior parte degli altri Paesi, ha una serie di testi, leggi, principi giudiziari e convenzioni che insieme costituiscono quella che viene spesso definita la "costituzione non scritta" del Regno Unito. Queste regole e convenzioni non scritte possono avere un grande impatto sul funzionamento del governo. Ad esempio, sebbene non esista una legge scritta che stabilisca che il Primo Ministro debba essere il leader del partito con la maggioranza alla Camera dei Comuni, si tratta di una convenzione ampiamente accettata e vincolante quasi quanto una legge scritta. In questo senso, le istituzioni informali sono altrettanto importanti per comprendere il funzionamento della politica quanto le istituzioni formali.

All'interno della scienza politica, vari sottocampi mettono in luce aspetti particolari delle istituzioni, arricchendo la nostra comprensione del loro ruolo e del loro funzionamento. Per esempio, la scienza politica comparata esamina come le istituzioni di diversi sistemi politici influenzino la governance, sottolineando l'importanza del contesto. La politica internazionale, invece, esamina le istituzioni a livello globale, come l'ONU o l'OMC, che modellano le relazioni tra le nazioni e la risoluzione dei conflitti. La teoria politica offre una prospettiva più concettuale, esplorando le idee e i principi, come la giustizia o la democrazia, che sono alla base della creazione e del funzionamento delle istituzioni. D'altro canto, la politica pubblica studia il modo in cui le istituzioni danno forma alla progettazione e all'attuazione delle politiche, rivelando come la struttura istituzionale possa influenzare i risultati delle politiche. Infine, la pubblica amministrazione si concentra sul funzionamento interno delle istituzioni governative, affrontando questioni di efficienza e gestione. Insieme, questi sottocampi illuminano diversi aspetti delle istituzioni, offrendo un quadro più completo e sfumato del loro ruolo nella scienza politica.

Stephen Krasner

Stephen D. Krasner, illustre professore di scienze politiche, ha definito i regimi internazionali in modo influente nella sua opera "International Regimes" (1983).[1] Secondo Krasner, un regime internazionale è un insieme di principi, norme, regole e procedure decisionali implicite o esplicite attorno alle quali convergono le aspettative degli attori in una determinata area delle relazioni internazionali.

Krasner ha identificato il libero scambio come un'area in cui possiamo vedere questo tipo di regime in azione. Le regole che codificano il libero scambio, come quelle stabilite dall'Organizzazione mondiale del commercio, possono essere considerate un'istituzione internazionale. Queste regole disciplinano il modo in cui i Paesi interagiscono nelle questioni commerciali e hanno un impatto sulla politica commerciale di ciascun Paese.

Per Krasner e altri teorici dei regimi, i regimi non sono solo organizzazioni internazionali formali, ma anche norme e regole che possono esistere al di fuori di qualsiasi struttura formale. Inoltre, questi regimi possono essere influenti anche se non sono sempre perfettamente rispettati; la loro semplice esistenza può influenzare il comportamento degli Stati.

Le istituzioni sono regole, norme e procedure che si concentrano sul comportamento internazionale: "'regimi internazionali' sono le 'regole, le norme, i principi e le procedure che concentrano le aspettative sul comportamento internazionale'". Questa definizione è una caratterizzazione classica dei regimi internazionali nel campo della scienza politica, secondo la quale essi sono costituiti da regole, norme, principi e procedure che concentrano le aspettative sul comportamento internazionale. Questi regimi possono essere formalizzati attraverso organizzazioni e trattati internazionali, ma possono anche manifestarsi attraverso norme e consuetudini meno formali. Queste istituzioni, formali o informali, contribuiscono a strutturare le interazioni internazionali stabilendo aspettative comuni e fornendo meccanismi per la cooperazione e la risoluzione dei conflitti. Ad esempio, un regime internazionale come l'Organizzazione mondiale del commercio stabilisce regole per il commercio internazionale e fornisce meccanismi per risolvere le controversie commerciali. Sebbene i regimi internazionali non possano sempre garantire l'osservanza delle norme (gli Stati possono e talvolta derogano ai loro obblighi), la loro esistenza può influenzare il comportamento degli Stati fornendo standard di comportamento accettabili e creando pressione per l'osservanza delle norme.

Quando uno Stato ratifica una convenzione internazionale come la Convenzione contro la tortura, crea aspettative sul suo comportamento. Ratificando la Convenzione, lo Stato accetta di attenersi alle norme e agli standard stabiliti nella Convenzione e si impegna a non commettere tortura, a prendere misure per prevenire la tortura all'interno del suo territorio e a consegnare alla giustizia coloro che commettono atti di tortura. Ciò significa che lo Stato è obbligato a modificare il proprio comportamento interno per conformarsi a questi standard internazionali. Ciò può comportare l'attuazione di nuove leggi o politiche, l'addestramento delle proprie forze di sicurezza per prevenire l'uso della tortura, o l'investigazione e il perseguimento dei presunti autori di tortura. Se uno Stato non rispetta questi obblighi, può subire pressioni o sanzioni internazionali. In questo modo, le convenzioni internazionali, in quanto istituzioni, contribuiscono a modellare il comportamento degli Stati sulla scena internazionale.

Douglass North

Douglas North, economista americano vincitore del Premio Nobel nel 1993, ha fornito una definizione molto influente di istituzioni nel suo libro "Institutions, Institutional Change and Economic Performance": "le regole del gioco in una società o, più formalmente, [...] i vincoli ideati dall'uomo che danno forma all'interazione umana" "riducono l'incertezza fornendo una struttura alla vita quotidiana. [Definiscono e limitano l'insieme delle scelte degli individui".[2]

Le ha descritte come "le regole del gioco in una società" o, più formalmente, come "i vincoli creati dall'uomo che modellano l'interazione umana". Secondo North, le istituzioni svolgono un ruolo cruciale nel ridurre l'incertezza, fornendo una struttura alla vita quotidiana. Esse consentono agli individui di avere aspettative ragionevoli sulle conseguenze delle loro azioni, facilitando così la cooperazione e lo scambio.

Inoltre, North ha sottolineato che le istituzioni definiscono e limitano le scelte delle persone. Lo fanno stabilendo regole che incoraggiano certi comportamenti e ne penalizzano o vietano altri. Ad esempio, le leggi contro il furto scoraggiano gli individui dal rubare stabilendo sanzioni per questo comportamento. Nel complesso, questa prospettiva enfatizza il ruolo delle istituzioni come strutture che guidano e limitano il comportamento umano e sottolinea la loro importanza per il funzionamento di una società e per la performance economica.

L'istituzionalismo, che si tratti di scienza politica, sociologia, economia o altre discipline, enfatizza il ruolo delle istituzioni - definite come insiemi di regole, norme, procedure e pratiche - nella strutturazione delle azioni individuali e collettive. Le istituzioni, in questo quadro, sono viste come un "quadro" o un "copione" per il comportamento. Esse stabiliscono regole e norme che guidano e vincolano le scelte degli individui, definiscono i ruoli e le responsabilità dei diversi attori e facilitano il coordinamento e la cooperazione tra di essi. Ad esempio, una costituzione politica può stabilire regole per il processo elettorale, definire i ruoli del presidente, del parlamento e dei tribunali e stabilire procedure per la creazione di nuove leggi. Queste regole e procedure contribuiscono a strutturare il comportamento degli attori politici e a facilitare la governance democratica. L'istituzionalismo si occupa quindi di capire come le istituzioni influenzino il comportamento, come si evolvano e cambino nel tempo e come influenzino i risultati sociali, politici ed economici.

L'istituzionalismo offre una prospettiva che completa e rende più sfumato l'approccio basato sulla razionalità degli attori e la spiegazione dell'azione basata sugli interessi. Mentre questi approcci enfatizzano l'idea che gli individui agiscano secondo i loro interessi personali e cerchino di massimizzare i loro guadagni, l'istituzionalismo aggiunge un ulteriore livello di complessità mostrando come le istituzioni possano influenzare, limitare o modellare queste azioni e scelte. Le istituzioni definiscono regole e norme di comportamento accettabili, creano incentivi e sanzioni per certi tipi di azione e stabiliscono procedure e strutture che possono facilitare o ostacolare certe forme di interazione. Di conseguenza, anche se gli attori agiscono razionalmente e guidati dai loro interessi, le loro azioni sono comunque strutturate e vincolate dal contesto istituzionale in cui si trovano. In altre parole, l'istituzionalismo riconosce che gli attori sono plasmati e modellati dalle istituzioni che li circondano. Essi sono "inseriti" in strutture istituzionali che influenzano le loro percezioni, aspettative e strategie. Questo approccio aiuta quindi a far luce sulle complesse dinamiche tra individui e istituzioni, e tra agenzia e struttura, nella vita sociale, politica ed economica.

L'istituzionalismo sottolinea il ruolo delle istituzioni come strutture che influenzano e vincolano le scelte e le azioni individuali. Stabilendo determinate regole, norme e procedure, le istituzioni possono limitare il numero di opzioni a disposizione degli attori. Ad esempio, le regole di un sistema politico possono stabilire chi può candidarsi alle elezioni, come vengono contati i voti o chi ha il diritto di partecipare al processo decisionale politico. Allo stesso modo, in un'azienda, le regole e le procedure organizzative possono determinare chi ha il diritto di prendere determinate decisioni, come vengono condivise le informazioni o come vengono risolti i conflitti. Limitando la gamma di possibilità, le istituzioni aiutano a strutturare il comportamento e a rendere le azioni più prevedibili. In questo modo, possono ridurre l'incertezza, facilitare il coordinamento e la cooperazione e contribuire alla stabilità e all'ordine sociale. Tuttavia, possono anche essere fonte di vincoli e conflitti e la loro influenza sul comportamento può essere contestata e modificata.

James March and Johan Olsen

James G. March et Johan P. Olsen ont formulé une définition influente des institutions dans leur travail sur le "nouvel institutionnalisme". Dans Elaborating the “New Institutionalism”, ils définissent les institutions comme des« collections of structures, rules and standard operating procedures that have a partly autonomous role in political life ».[3]

Selon eux, les institutions sont des "collections de structures, de règles et de procédures opérationnelles standard qui ont un rôle partiellement autonome dans la vie politique". Cette définition met en évidence plusieurs aspects clés des institutions. Premièrement, les institutions sont constituées de structures, de règles et de procédures - elles ne sont pas simplement des organisations ou des entités formelles, mais aussi des ensembles de pratiques et de normes qui guident le comportement. Deuxièmement, les institutions ont un rôle "partiellement autonome" dans la vie politique. Cela signifie qu'elles ne sont pas simplement des outils passifs utilisés par les acteurs politiques, mais qu'elles peuvent influencer activement le comportement et les résultats politiques. Par exemple, les règles d'un système politique peuvent influencer qui est élu, quelles politiques sont adoptées, et comment les conflits sont résolus. March et Olsen sont particulièrement connus pour leur approche du "nouvel institutionnalisme" en science politique, qui met l'accent sur le rôle des institutions en tant que structures qui façonnent le comportement politique, et sur la manière dont les institutions elles-mêmes changent et évoluent.

Les procédures opérationnelles standard (SOP) sont des ensembles de directives étape par étape que les employés d'une organisation sont censés suivre lorsqu'ils exécutent des tâches routinières ou courantes. Ces procédures sont conçues pour améliorer l'efficacité, assurer la cohérence et réduire les erreurs ou les oublis. Dans le contexte institutionnel, ces SOP peuvent avoir un impact significatif sur le comportement des individus au sein de l'organisation. En établissant une routine et une prévisibilité, les SOP façonnent les attentes des employés sur la façon dont ils doivent se comporter et accomplir leurs tâches. Elles peuvent également créer une culture organisationnelle qui influence la façon dont les employés interagissent entre eux et avec des parties externes. Cependant, il est important de noter que, bien que les SOP soient généralement conçues pour être suivies, elles ne sont pas toujours strictement respectées. Les employés peuvent parfois s'écarter des SOP pour diverses raisons, telles que la nécessité de répondre à des situations inattendues, des conflits avec d'autres règles ou normes, ou des perceptions que certaines procédures sont inefficaces ou inutiles. Par conséquent, l'interaction entre les SOP et le comportement humain peut être complexe et dynamique.

On peut dire que les procédures opérationnelles standard (SOP), en tant que partie intégrante des institutions, jouent un rôle autonome dans la vie politique. Elles établissent un cadre qui guide le comportement des acteurs politiques, influence les processus de prise de décision et contribue à façonner les résultats politiques. Par exemple, les règles parlementaires qui régissent le débat et le vote sur les projets de loi peuvent influencer le résultat de ces processus. De même, les procédures de vote et de décompte des voix lors des élections peuvent avoir un impact sur qui est élu. Ces procédures sont donc une partie importante du "jeu politique" et peuvent avoir un impact significatif sur le fonctionnement de la politique. Même si ces procédures ont un rôle autonome, elles sont aussi influencées par les acteurs politiques qui peuvent chercher à changer ou à contourner ces règles pour atteindre leurs objectifs. L'interaction entre les procédures institutionnelles et les acteurs politiques est donc dynamique et réciproque.

Tipi di istituzioni

Stabilire una tipologia di istituzioni offre una serie di vantaggi, non ultimo quello di facilitare la comprensione e l'analisi del complesso panorama politico. Classificando le istituzioni in base alla loro funzione, alla loro struttura o al loro livello di azione, sia esso locale, nazionale o internazionale, è possibile rendere il loro studio più accessibile e gestibile. Inoltre, una tipologia consente di effettuare confronti pertinenti tra istituzioni diverse, all'interno dello stesso Paese o tra Paesi diversi. Ciò può rivelare i punti di forza e di debolezza delle diverse configurazioni istituzionali e contribuire alla comprensione dell'impatto delle istituzioni sui risultati politici e socio-economici. Inoltre, classificando le istituzioni in diversi tipi, siamo in grado di sviluppare teorie sul loro funzionamento e di prevedere il loro comportamento, che possono informare la nostra conoscenza delle differenze tra, ad esempio, le istituzioni democratiche e quelle autoritarie, o il modo in cui le istituzioni economiche influenzano lo sviluppo economico. Infine, la conoscenza dei diversi tipi di istituzioni può guidare le decisioni politiche e gli sforzi di riforma. Se la ricerca rivela che alcuni tipi di istituzioni sono più efficaci nel promuovere lo sviluppo economico o la stabilità politica, queste informazioni potrebbero informare gli sforzi per modificare le istituzioni esistenti o crearne di nuove. Tuttavia, va ricordato che qualsiasi tipologia, nonostante il suo valore, è una semplificazione della realtà e potrebbe non coprire l'intera diversità e complessità delle istituzioni reali.

Le istituzioni esistono a vari livelli e hanno funzioni e ambiti distinti, e ognuno di questi livelli di istituzioni svolge un ruolo importante nella strutturazione dell'interazione sociale, economica e politica:

  • A livello internazionale, esistono istituzioni come l'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) e l'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU). Queste istituzioni stabiliscono norme e standard che regolano le relazioni tra le nazioni.
  • A livello transnazionale, esistono esempi come i codici di condotta per le imprese multinazionali. Questi codici sono concepiti per monitorare e regolare il comportamento delle aziende su scala globale, in particolare per quanto riguarda la distribuzione di beni e servizi. Essi cercano di garantire il rispetto di determinate condizioni e diritti di lavoro nei vari Paesi in cui le imprese operano. Rappresentano una sorta di regime internazionale a livello di impresa privata, che riguarda sia il produttore che il fornitore.
  • A livello nazionale, le istituzioni comprendono costituzioni, parlamenti, partiti politici, sistemi elettorali, ecc. Queste istituzioni strutturano e regolano il funzionamento del governo e della politica all'interno di uno specifico Paese.
  • Infine, a livello subnazionale, regionale o settoriale, vi sono istituzioni come i contratti collettivi a livello industriale. Queste istituzioni operano a un livello più localizzato, governando settori specifici dell'economia o regioni specifiche di un Paese.

Nel campo della scienza politica si distinguono generalmente diversi tipi di istituzioni, tra cui, a titolo esemplificativo e non esaustivo:

  • Istituzioni politiche: queste istituzioni strutturano e governano il funzionamento del governo e della politica in senso lato. Comprendono gli organi di governo come il parlamento, l'esecutivo e la magistratura, nonché i partiti politici, i sindacati e talvolta anche i media.
  • Istituzioni amministrative: sono le organizzazioni responsabili dell'attuazione delle leggi e delle politiche decise dalle istituzioni politiche. Comprendono i ministeri, le agenzie governative, le forze di polizia, l'esercito, ecc.
  • Istituzioni economiche: queste istituzioni governano la vita economica di un Paese o di una regione. Comprendono banche, borse valori, autorità di regolamentazione finanziaria, ecc.
  • Istituzioni sociali: sono le organizzazioni che governano la vita sociale e culturale. Possono includere organizzazioni come scuole, università, chiese, club sociali, ecc.
  • Istituzioni legislative: sono responsabili della creazione di leggi. Comprendono organi come il Parlamento o il Congresso.
  • Istituzioni giudiziarie: hanno il compito di interpretare e applicare le leggi. Comprendono i tribunali e altri organi giudiziari.
  • Istituzioni internazionali: sono organizzazioni che regolano le relazioni tra le nazioni, come le Nazioni Unite, l'Organizzazione mondiale del commercio, l'Unione europea, ecc.
  • Istituzioni non governative: sono organizzazioni indipendenti che hanno un impatto significativo sulla politica, sulla società e sull'economia, come le organizzazioni non governative (ONG), i gruppi di pressione, i media, ecc.

Esiste anche una categoria di istituzioni meno formali che svolgono un ruolo significativo nella governance globale. Ad esempio, il Forum economico mondiale di Davos, pur avendo una certa formalità in quanto riunione annuale, presenta aspetti informali in termini di composizione. Non è chiaro chi siano i membri precisi, il che rende difficile codificare regole molto formali. Nonostante questa informalità, il forum rimane una piattaforma influente dove i leader mondiali, i dirigenti d'azienda e gli intellettuali possono incontrarsi, scambiare idee e definire le agende globali. Un altro esempio è il G20, un gruppo informale composto dalle 19 maggiori economie mondiali e dall'Unione Europea. Sebbene non abbia poteri esecutivi formali, il G20 svolge un ruolo importante nella governance internazionale, facilitando il dialogo e la cooperazione sulle questioni economiche e finanziarie globali. La sua natura informale gli consente di affrontare questioni più ampie di quelle solitamente trattate da istituzioni più formali, ma rende anche i suoi risultati meno vincolanti e più soggetti alla volontà politica dei suoi membri. Questi esempi dimostrano che anche le istituzioni informali possono avere un impatto significativo sulla politica globale, nonostante - o forse proprio a causa - della loro mancanza di formalità.

I termini "organizzazioni" e "istituzioni" sono spesso usati in modo intercambiabile nel discorso quotidiano, sebbene il loro significato differisca leggermente nel contesto della scienza politica. Gli attori sociali, gli attori politici e le organizzazioni di interesse possono essere considerati sia istituzioni che organizzazioni. In quanto tali, agiscono come agenti di cambiamento politico. Quando li consideriamo come istituzioni, ci concentriamo su come strutturano e regolano il comportamento all'interno di una società o di un sistema politico. Esaminiamo come le loro regole, procedure e norme influenzino il comportamento di individui e gruppi e come queste strutture possano cambiare nel tempo. Quando le consideriamo come organizzazioni, ci concentriamo invece sul loro ruolo di attori nel sistema politico. Si guarda a come utilizzano il loro potere e la loro influenza per raggiungere i loro obiettivi, a come interagiscono con altri attori e organizzazioni e a come queste interazioni possono contribuire al cambiamento istituzionale. In breve, sebbene i termini "istituzione" e "organizzazione" possano talvolta essere usati in modo intercambiabile, essi evidenziano aspetti diversi del ruolo degli attori nel sistema politico. Gli scienziati politici possono scegliere di concentrarsi su uno o sull'altro aspetto, o di considerarli contemporaneamente, a seconda delle loro specifiche domande di ricerca.

In che modo le istituzioni influenzano i risultati?

Le istituzioni svolgono un ruolo fondamentale nella definizione delle politiche e possono influenzarle in tre modi principali:

  1. Influenzando le capacità dei diversi attori: le istituzioni possono conferire o limitare il potere dei diversi attori a seconda delle regole e delle procedure che stabiliscono. Ad esempio, una costituzione può stabilire quali sono le responsabilità del governo e quali poteri sono concessi a diversi organismi o individui. Ciò può influire sulla capacità di questi attori di attuare politiche o di influenzare il processo politico.
  2. Alterando le preferenze degli stakeholder: le istituzioni possono anche modellare le preferenze degli stakeholder definendo ciò che è considerato accettabile o desiderabile in una determinata società. Ad esempio, le norme sociali, che sono una forma di istituzione, possono influenzare le preferenze politiche degli individui stabilendo ciò che è considerato un comportamento buono o cattivo.
  3. Influenzando le strategie degli individui o degli Stati: infine, le istituzioni possono influenzare le strategie che gli individui o gli Stati scelgono di adottare per raggiungere i loro obiettivi. Ad esempio, le regole elettorali possono influenzare la strategia di un partito politico durante una campagna elettorale. Allo stesso modo, i trattati internazionali possono influenzare la strategia diplomatica o di politica estera di uno Stato.

Le istituzioni sono forze potenti che possono plasmare il panorama politico influenzando le capacità, le preferenze e le strategie degli attori politici.

Influenza delle istituzioni sul potere politico

Le istituzioni svolgono un ruolo importante nel determinare e limitare il potere politico in qualsiasi società. Ecco come possono influenzare il potere politico:

  • Struttura di governo: Le istituzioni possono definire la struttura del governo e distribuire il potere tra i diversi rami del governo, come il legislativo, l'esecutivo e il giudiziario. Questo può avere un impatto sull'equilibrio dei poteri e prevenire gli abusi di potere. Ad esempio, la costituzione di un Paese è un'istituzione che stabilisce chiaramente come deve essere organizzato il governo e come deve essere esercitato il potere.
  • Regolazione del comportamento politico: le istituzioni possono regolare il comportamento degli attori politici attraverso leggi, norme e regolamenti. Ciò può includere regole sul finanziamento delle campagne elettorali, sulla condotta elettorale, sul lobbismo e su altri aspetti del processo politico.
  • Formazione dell'opinione pubblica: alcune istituzioni, come i media o l'istruzione, possono influenzare l'opinione pubblica, che a sua volta può influenzare il potere politico. Ad esempio, i media possono dare risalto a determinate questioni, dare forma al dibattito pubblico e influenzare l'opinione pubblica, che a sua volta può avere un impatto sulla politica.
  • Facilitare la partecipazione civica: anche le istituzioni possono facilitare o ostacolare la partecipazione dei cittadini alla vita politica. Ad esempio, le leggi sul voto, le procedure di voto e le regole di finanziamento delle campagne elettorali possono influenzare chi può partecipare al processo politico e come.
  • Monitoraggio dell'attuazione delle politiche: le istituzioni, come il sistema giudiziario o gli organismi di regolamentazione, possono monitorare l'attuazione delle politiche e garantire che il potere politico sia esercitato in conformità alle leggi e ai regolamenti esistenti.
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Nel contesto della scienza politica, le istituzioni possono svolgere un ruolo centrale nello strutturare e modulare le relazioni di potere, sia all'interno di uno Stato che tra Stati diversi.

  • NAFTA - North-American Free Trade Agreement

L'Accordo di libero scambio nordamericano (NAFTA), ora sostituito dall'Accordo Stati Uniti-Messico-Canada (USMCA), è un esempio di come un'istituzione possa influenzare il potere di diversi attori in un sistema politico. L'obiettivo di questi accordi era quello di creare un mercato unico tra Stati Uniti, Canada e Messico, dove le merci potessero circolare senza tariffe. Ciò ha indubbiamente rafforzato il potere delle multinazionali, consentendo loro di spostare la produzione in regioni con un costo del lavoro inferiore, come il Messico. Ciò ha aperto la possibilità di massimizzare i profitti sfruttando la vicinanza geografica per mantenere relativamente bassi i costi di trasporto. Questo è un esempio lampante di come le istituzioni possano rimodellare il panorama politico ed economico, ridistribuendo il potere e creando nuove dinamiche.

Accordi commerciali come il NAFTA hanno dato alle multinazionali un maggiore potere, soprattutto grazie alla loro maggiore capacità di delocalizzare la produzione. Questo potere è in gran parte dovuto alla mobilità delle aziende, mentre i lavoratori sono generalmente più legati a una specifica località. La maggiore mobilità delle imprese consente loro di rispondere ai costi e alle condizioni di lavoro delocalizzando la produzione in luoghi dove questi fattori sono più favorevoli. Ciò crea una dinamica in cui le aziende possono potenzialmente minacciare di delocalizzare la produzione se i lavoratori chiedono migliori condizioni di lavoro, salari più alti o altri miglioramenti. Questo può portare a una pressione al ribasso sui salari e sulle condizioni di lavoro, in quanto i lavoratori sono costretti a competere a livello internazionale.

  • Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite è un altro organo in cui le istituzioni giocano un ruolo importante nella distribuzione del potere politico. I cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza - Francia, Regno Unito, Stati Uniti, Russia e Cina - hanno il diritto di veto su qualsiasi risoluzione sostanziale. Ciò significa che possono bloccare qualsiasi decisione con cui non sono d'accordo, indipendentemente dal sostegno che tale decisione può ricevere dagli altri membri del Consiglio di Sicurezza. Questa disposizione istituzionale conferisce un potere considerevole ai cinque membri permanenti, consentendo loro di esercitare un'influenza sproporzionata sulla politica internazionale. Inoltre, consente loro di usare il potere di veto per contrastare il potenziale emergere di nuove potenze globali o regionali. Ad esempio, possono usare il loro veto per bloccare l'ammissione di nuovi membri permanenti, come l'India o il Brasile, o per contrastare le ambizioni internazionali di Paesi come l'Iran.

L'influenza delle istituzioni sulle preferenze

Le istituzioni svolgono un ruolo fondamentale nella formazione e nell'evoluzione delle preferenze individuali e collettive. Da un lato, possono influenzare le preferenze attraverso il processo di socializzazione. Ad esempio, l'istruzione, in quanto istituzione, svolge un ruolo cruciale nella formazione dei valori, degli atteggiamenti e delle convinzioni delle persone. Anche le istituzioni religiose, culturali e familiari svolgono un ruolo importante nella formazione delle preferenze individuali. D'altra parte, le istituzioni hanno anche un effetto indiretto sulle preferenze determinando la posizione materiale dell'individuo o dell'agente nell'economia e nella politica. Ad esempio, le istituzioni economiche come il mercato del lavoro, i sistemi di protezione sociale e le politiche fiscali possono influenzare le preferenze degli individui in termini di allocazione delle risorse o di politiche pubbliche. Allo stesso modo, le istituzioni politiche, come il sistema elettorale, possono influenzare le preferenze delle persone in termini di partecipazione politica e di sostegno a diverse ideologie politiche. Le istituzioni hanno una notevole influenza sul modo in cui gli individui percepiscono le loro opzioni e compiono le loro scelte, e quindi svolgono un ruolo centrale nella formazione e nell'evoluzione delle preferenze.

L'effetto di socializzazione è un processo attraverso il quale gli individui acquisiscono atteggiamenti, credenze, norme e comportamenti specifici di un determinato gruppo o società. Nel contesto istituzionale, questo effetto di socializzazione è spesso intensificato da norme istituzionali forti e da interazioni regolari tra i membri dell'istituzione. Ad esempio, un'istituzione come un'università o un'azienda può avere una cultura organizzativa molto forte che influenza le credenze, gli atteggiamenti e i comportamenti dei suoi membri. Attraverso interazioni regolari e ripetute nel tempo, gli individui possono interiorizzare le norme e i valori dell'istituzione, che possono influenzare il loro modo di pensare e di comportarsi, sia all'interno che all'esterno dell'istituzione. Anche le istituzioni politiche possono avere un effetto di socializzazione. Ad esempio, un partito politico può avere norme e ideologie forti che influenzano le credenze e i comportamenti dei suoi membri. Allo stesso modo, le istituzioni governative possono avere norme e procedure che influenzano il modo in cui i funzionari pubblici pensano e agiscono. Ciò può essere particolarmente importante per la definizione delle politiche pubbliche e della governance.

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Un fenomeno chiave della politica globale e dello sviluppo economico è l'influenza delle élite globali sulle preferenze politiche ed economiche delle élite nazionali, in particolare nei Paesi in via di sviluppo. Attraverso interazioni ripetute, ad esempio in occasione di conferenze internazionali o riunioni a Washington, le élite dei Paesi in via di sviluppo possono essere esposte a idee, norme e convinzioni prevalenti tra le élite globali, come la convinzione dei benefici del libero scambio. Anche se inizialmente possono essere riluttanti ad abbracciare queste idee a causa dei loro interessi nazionali o settoriali, queste élite possono finire per essere convinte dal discorso dominante, soprattutto se vedono prove del suo successo altrove. Queste interazioni regolari possono quindi portare a una sorta di "convergenza ideologica" o socializzazione politica, in cui le élite dei Paesi in via di sviluppo adottano gradualmente le convinzioni e le preferenze delle élite globali. Ciò può a sua volta influenzare le politiche attuate nei loro Paesi d'origine e può potenzialmente avere un impatto significativo sullo sviluppo economico e politico di questi Paesi.

Una tendenza comune osservata in molti Paesi in transizione verso la democrazia è che le élite militari, che spesso hanno svolto un ruolo importante nei regimi autoritari, possono essere riluttanti a cedere il potere alle autorità civili. Possono temere la perdita della loro autonomia, del loro status privilegiato e dei loro vantaggi materiali. L'esempio della Spagna nel 1981 è una buona illustrazione di questa dinamica. Nonostante la transizione alla democrazia iniziata nel 1975 dopo la morte del dittatore Francisco Franco, alcuni elementi delle forze armate cercarono di rovesciare il governo democraticamente eletto con un colpo di Stato. Tuttavia, il colpo di Stato è fallito e la Spagna ha proseguito il suo cammino verso la democrazia. L'Egitto offre un altro esempio di questa dinamica, dove i militari hanno negoziato una posizione privilegiata nel regime post-rivoluzionario. Dopo la rivoluzione del 2011 che ha rovesciato il presidente Hosni Mubarak, i militari hanno svolto un ruolo importante nel nuovo regime. Questo ha portato a tensioni e conflitti con le forze civili che cercavano di instaurare una democrazia più aperta e inclusiva. Questi esempi dimostrano che la transizione alla democrazia può essere un processo complesso e spesso contestato, con diversi gruppi che lottano per il potere e cercano di preservare i propri interessi. Le istituzioni politiche, in particolare l'esercito e le altre strutture ereditate dai regimi precedenti, svolgono un ruolo fondamentale in questo processo.

La modernizzazione delle forze armate spagnole e la loro integrazione nella NATO negli anni Settanta hanno svolto un ruolo importante nella transizione democratica del Paese. Grazie a questa integrazione e alle esercitazioni congiunte con altre forze armate della NATO, le élite militari spagnole sono state esposte a nuove norme e pratiche militari, in cui i militari sono subordinati al potere politico. Questa socializzazione può aver influenzato le preferenze delle élite militari spagnole e averle aiutate a comprendere il loro ruolo in un sistema democratico. Questo è un ottimo esempio di come le istituzioni internazionali e le interazioni tra Paesi possano influenzare le trasformazioni politiche interne. Partecipando a queste esercitazioni congiunte e impegnandosi con le loro controparti della NATO, le forze armate spagnole hanno potuto vedere come gli eserciti operano in democrazie consolidate. Questa esperienza ha probabilmente contribuito a plasmare la loro comprensione del ruolo appropriato dell'esercito in una democrazia e a modificare le loro preferenze di conseguenza. Pertanto, questo processo di socializzazione e interazione ha giocato un ruolo chiave nella ridefinizione delle preferenze e degli atteggiamenti delle élite militari spagnole, facilitando la transizione del Paese verso la democrazia. Questo è un ottimo esempio di come le istituzioni - in questo caso la NATO - possano influenzare il processo politico a livello nazionale.

Una situazione complessa si è presentata durante la crisi del debito della Grecia, membro dell'Unione Monetaria Europea. Normalmente, un Paese con un forte deficit di bilancio e un elevato debito pubblico deve affrontare tassi di interesse più elevati da parte degli investitori internazionali. Questo accade perché il rischio associato agli investimenti in quel Paese aumenta e gli investitori chiedono un premio di rischio per compensare questo rischio aggiuntivo. Tuttavia, nel caso della Grecia, l'adesione all'Unione Monetaria Europea ha cambiato in parte questa dinamica. In quanto membro dell'Eurozona, la Grecia ha avuto accesso a tassi di interesse relativamente bassi grazie alla percezione che l'euro, sostenuto dalla Banca Centrale Europea e da economie forti dell'Eurozona come la Germania e la Francia, fosse una valuta stabile. Ciò ha permesso alla Grecia di continuare a contrarre prestiti a tassi d'interesse relativamente bassi, nonostante gli ampi deficit di bilancio. Tuttavia, quando la realtà dei problemi di bilancio della Grecia è diventata evidente e la fiducia degli investitori ha iniziato a vacillare, la Grecia ha dovuto affrontare una crisi del debito, con un rapido aumento dei tassi di interesse sul debito sovrano. La crisi ha richiesto un piano di salvataggio internazionale e riforme economiche draconiane imposte dalla troika (Commissione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale). Ciò dimostra come le istituzioni, in questo caso l'Unione Monetaria Europea, possano influenzare le dinamiche economiche e politiche a livello nazionale, talvolta in modo inaspettato.

L'appartenenza della Grecia all'Unione Monetaria Europea ha permesso al Paese di perseguire una politica fiscale espansiva, beneficiando al contempo di bassi tassi di interesse sul debito. Ciò è dovuto alla percezione che i Paesi dell'eurozona condividono una certa sicurezza e stabilità, sostenuta dalla Banca Centrale Europea. Tuttavia, a lungo termine, ciò ha portato all'accumulo di un debito insostenibile che alla fine ha portato alla crisi finanziaria della Grecia. Quando i problemi finanziari della Grecia sono stati resi noti e gli investitori hanno iniziato a dubitare della capacità del Paese di ripagare i propri debiti, i tassi di interesse sono aumentati in modo significativo, aggravando i problemi finanziari del Paese. Quanto accaduto in Grecia è un esempio di come le istituzioni, in questo caso l'Unione Monetaria Europea, possano influenzare il comportamento dei Paesi membri e le decisioni politiche che essi prendono. È anche un esempio di come questi comportamenti possano avere conseguenze impreviste e potenzialmente devastanti.

Influenza delle istituzioni sulle strategie e sulle interazioni

Da un lavoro di Davis intitolato International Institutions and Issue Linkage: Building Support for Agricultural Trade Liberalization, possiamo capire come il contesto istituzionale dei negoziati commerciali internazionali multilaterali influenzi le strategie e i risultati degli Stati.[4] La ricerca di Davis dimostra che le istituzioni internazionali, come l'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), possono influenzare le strategie negoziali degli Stati membri e i risultati dei negoziati. L'OMC è un'istituzione che promuove la liberalizzazione del commercio internazionale stabilendo regole per il commercio e fornendo una piattaforma per i negoziati commerciali.

Nei negoziati commerciali, gli Stati membri dell'OMC possono adottare diverse strategie per difendere i propri interessi. Possono scegliere di concentrarsi su aree specifiche, come l'agricoltura, o adottare un approccio più ampio, collegando diverse questioni. Ad esempio, un Paese potrebbe essere disposto a fare concessioni sull'accesso al mercato agricolo in cambio di un migliore accesso al mercato per i suoi prodotti industriali. Secondo Davis, l'OMC incoraggia il "collegamento di questioni", ossia l'inclusione di diversi argomenti di negoziazione in un'unica serie di discussioni. Ciò consente agli Stati membri di costruire coalizioni più ampie e di raggiungere accordi più favorevoli. Ad esempio, un Paese con un forte settore agricolo potrebbe allearsi con un Paese con un forte settore industriale per ottenere concessioni reciprocamente vantaggiose. Tuttavia, Davis osserva che il legame tra le questioni può anche rendere i negoziati più complessi e più difficili da concludere. Questo può spiegare in parte perché i negoziati commerciali multilaterali sono spesso lunghi e difficili. Le istituzioni internazionali come l'OMC possono influenzare le strategie negoziali degli Stati membri e l'esito dei negoziati. Possono incoraggiare gli Stati ad adottare strategie più complesse e a collegare più questioni tra loro, ma questo può anche rendere i negoziati più complessi e più difficili da concludere.

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Davis sottolinea che quando i negoziati commerciali sono condotti su base settoriale, i Paesi sviluppati hanno spesso difficoltà a liberalizzare i propri settori agricoli. Ciò è dovuto alla presenza di potenti interessi politici ed economici che resistono alla liberalizzazione, come nel caso dell'Associazione svizzera dei contadini in Svizzera o degli agricoltori francesi che riescono a proteggere il mercato europeo dai prodotti agricoli importati. Questi gruppi di interesse possono esercitare un'influenza significativa sulla politica agricola e resistere alle pressioni per l'apertura del mercato.

Quando i negoziati sono condotti su base settoriale, può essere molto difficile ottenere la liberalizzazione del commercio, soprattutto nel settore agricolo. Ciò è dovuto ai potenti interessi politici ed economici che possono esistere all'interno di questo settore, che possono opporsi fortemente a qualsiasi tentativo di liberalizzazione. Inoltre, le questioni relative alla sicurezza alimentare, all'occupazione rurale e alla tutela dell'ambiente possono rendere particolarmente complessa la liberalizzazione del settore agricolo.

Quando viene introdotta un'innovazione istituzionale attraverso il concetto di issue linkage, che è una struttura più o meno formale progettata per riunire diverse questioni, il quadro dei negoziati viene ampliato. Invece di negoziare questione per questione e settore per settore, la liberalizzazione di un settore, come quello dei servizi, può essere collegata ad altre questioni. Questo approccio può facilitare i negoziati, in quanto consente di tenere conto degli interessi dei diversi attori e di bilanciare i guadagni e le perdite tra i vari settori. Ad esempio, uno Stato potrebbe essere disposto ad accettare la liberalizzazione in un settore in cui ha interessi difensivi se, in cambio, ottiene guadagni in un altro settore in cui ha interessi offensivi.

L'auteur démontre que la création d'un lien entre le domaine de l'agriculture et celui des services peut encourager et favoriser la libéralisation des échanges. Cela s'explique par le fait qu'un État peut être disposé à accepter une libéralisation dans un secteur où il a des intérêts défensifs (par exemple l'agriculture), si en contrepartie il obtient des gains dans un autre secteur où il a des intérêts offensifs (par exemple les services). Cette approche permet donc d'équilibrer les gains et les pertes entre différents secteurs, facilitant ainsi les négociations commerciales. C'est ce que l'on appelle le "issue linkage" ou la liaison d'enjeux, un mécanisme clé dans les négociations multilatérales.

L'idea di creare collegamenti o "issue linkage" tra diverse aree di negoziazione permette di ripensare il modo in cui i gruppi di interesse si mobilitano. Invece di opporsi l'uno all'altro su questioni specifiche, i diversi gruppi possono collaborare e fare lobby insieme per raggiungere obiettivi comuni. Ad esempio, un settore industriale che trae vantaggio dalla liberalizzazione del commercio potrebbe fare pressione insieme a un settore agricolo per sostenere la liberalizzazione dell'agricoltura. L'industria beneficerebbe dell'apertura dei mercati agricoli e l'agricoltura dell'apertura dei mercati industriali. Questo può portare a una maggiore mobilitazione per la liberalizzazione del commercio in generale. Può riconfigurare il panorama politico e creare nuove alleanze tra attori con interessi comuni. Può anche aiutare a superare gli ostacoli alla liberalizzazione, rendendo più facile la negoziazione di compromessi. Ad esempio, se un settore è riluttante a liberalizzare, può essere più disposto a farlo se anche altri settori sono aperti alla concorrenza. Tuttavia, bisogna anche tenere presente che questo processo può dare origine a conflitti tra gruppi di interesse che si sentono danneggiati da questi accordi e che possono mobilitarsi per opporvisi. La gestione di queste tensioni è quindi un fattore chiave per il successo delle strategie di collegamento.

Lo Stato può avere preferenze diverse in diversi ambiti. Ad esempio, potrebbe preferire non liberalizzare il settore agricolo per proteggere gli interessi degli agricoltori, ma potrebbe essere più disposto a liberalizzare il settore dei servizi se vede un vantaggio economico nel farlo. L'introduzione del meccanismo di "issue linkage", o la creazione di legami tra diverse aree di negoziazione, può modificare la strategia dello Stato. Anche se le preferenze dello Stato rimangono invariate, può essere disposto ad accettare dei costi (come l'impatto della liberalizzazione sul settore agricolo) se questo gli consente di ottenere dei vantaggi (come l'apertura del settore dei servizi alla concorrenza internazionale). Questo dimostra come le istituzioni, anche quelle informali, possano influenzare le strategie nazionali riconfigurando i paletti negoziali. Tuttavia, è importante notare che questo processo può anche dare origine a conflitti e tensioni, soprattutto se alcune parti interessate si sentono danneggiate dai cambiamenti. La gestione di questi conflitti è fondamentale per il successo delle strategie di issue linkage.

Il neoistituzionalismo riconosce l'importanza dei conflitti di interesse in politica e in economia, ma si concentra sul modo in cui le istituzioni strutturano questi conflitti e ne determinano gli esiti. Le istituzioni, per loro natura, creano regole del gioco che possono favorire alcuni attori a scapito di altri. Ciò significa che, sebbene gli interessi e le risorse possano influenzare le dinamiche politiche ed economiche, è la struttura istituzionale a determinare in ultima analisi chi ha il potere e chi controlla le risorse. Le istituzioni possono rafforzare le disuguaglianze di potere esistenti o contribuire a mitigarle. La prospettiva istituzionalista rappresenta quindi un importante contributo alla comprensione della politica e dell'economia, in quanto evidenzia il ruolo centrale delle istituzioni nel determinare le relazioni di potere e i risultati politici ed economici. Questo approccio aggiunge un'ulteriore dimensione all'analisi dei conflitti di interesse, mostrando come le strutture istituzionali possano influenzare le strategie degli attori e i risultati delle loro azioni.

Institutionnalisme-historique

L'institutionnalisme historique est une approche des sciences sociales qui met l'accent sur l'importance du rôle des institutions sur le comportement des individus et des sociétés. Cette approche est particulièrement utilisée en science politique et en sociologie. L'institutionnalisme historique met l'accent sur la manière dont les institutions, qui sont souvent établies en réponse à des crises ou à des conflits, peuvent avoir des conséquences durables qui façonnent le comportement futur des individus et des sociétés. Cette approche reconnaît que les institutions sont en constante évolution et que leur forme et leur fonction peuvent changer avec le temps.

L'un des concepts clés de l'institutionnalisme historique est l'idée de la "dépendance de sentier" (path dependence). Ce concept suggère que les décisions prises dans le passé peuvent avoir des effets durables et influencer les choix futurs. En d'autres termes, une fois qu'une institution est en place, elle est susceptible de perdurer, même si les circonstances ont changé. Un autre concept important est celui de "points critiques" ou "moments critiques" (critical junctures). Ce sont des moments où des décisions significatives sont prises qui peuvent avoir des conséquences durables sur le développement d'une institution ou d'une société.

L'institutionnalisme historique offre donc une manière d'analyser et de comprendre comment les institutions façonnent les sociétés, en mettant l'accent sur l'importance du contexte historique et en reconnaissant que les institutions sont souvent le produit de processus historiques complexes et de conflits sociaux.

Unanticipated - unintended consequences

Le néo-institutionnalisme fait référence à une réapparition et à une nouvelle forme d'attention portée aux institutions dans les sciences sociales à partir des années 1980, après une période où le fonctionnalisme et le comportementalisme ont dominé. Cependant, le concept de "conséquences inattendues" ou "non anticipées" a une portée plus large et s'inscrit dans de nombreuses approches théoriques, y compris l'institutionnalisme. Le concept de conséquences inattendues, formulé à l'origine par le sociologue Robert K. Merton, fait référence à des résultats qui ne sont pas ceux initialement prévus par une action ou une décision. Ces conséquences peuvent être positives, négatives ou simplement imprévues. Par exemple, une politique gouvernementale peut avoir des conséquences sociales ou économiques non anticipées qui n'étaient pas prévues lors de sa conception.

Dans le contexte de l'institutionnalisme historique, les conséquences inattendues peuvent être liées à la manière dont les institutions sont construites et évoluent. Par exemple, une institution créée pour résoudre un certain problème peut avoir des effets secondaires non anticipés qui influencent d'autres aspects de la société. L'accent mis sur les conséquences inattendues souligne la complexité des systèmes sociaux et politiques, et la manière dont les décisions prises dans un domaine peuvent avoir des répercussions dans d'autres domaines de manière parfois surprenante. Cela reflète également l'idée que les institutions sont en constante évolution et que leurs effets peuvent changer avec le temps.

Le néo-institutionnalisme a apporté une nouvelle perspective sur la manière dont les institutions sont étudiées :

  • L'importance des institutions : Le néo-institutionnalisme considère que les institutions ont un rôle crucial dans la structuration de la vie sociale, politique et économique. Elles ne sont pas simplement des arènes dans lesquelles les acteurs sociaux et politiques poursuivent leurs intérêts, mais des structures qui façonnent et influencent ces intérêts.
  • L'autonomie des institutions : Les néo-institutionnalistes soutiennent que les institutions ont une certaine autonomie par rapport aux forces sociales, économiques et politiques. Autrement dit, elles peuvent influencer les comportements et les résultats indépendamment des intérêts des acteurs qui les composent.
  • Les institutions formelles et informelles : Le néo-institutionnalisme a élargi le champ de la recherche en incluant non seulement les institutions formelles (comme les gouvernements, les lois et les organisations officielles) mais aussi les institutions informelles (comme les normes sociales, les coutumes et les pratiques non écrites). Cela reflète la reconnaissance que les comportements sont influencés par une gamme plus large de structures que celles officiellement codifiées.
  • Le rôle du temps et de l'histoire : Certains néo-institutionnalistes, notamment ceux de l'institutionnalisme historique, mettent l'accent sur le rôle du temps et de l'histoire dans la formation des institutions. Ils soutiennent que les décisions prises à un moment donné peuvent avoir des effets durables et peuvent façonner la trajectoire future d'une institution, un phénomène souvent appelé "dépendance de sentier".

Ces caractéristiques distinguent le néo-institutionnalisme des approches institutionnalistes précédentes et en font une approche clé pour comprendre la gouvernance, la politique et le comportement social dans le monde contemporain.

l'institutionnalisme, y compris le néo-institutionnalisme, se concentre davantage sur le rôle des institutions en tant que structures qui déterminent le comportement des acteurs et façonnent les résultats sociaux et politiques. C'est une approche qui se distingue clairement du behavioralisme à plusieurs égards :

  • Rôle des institutions : Contrairement au behavioralisme, qui se concentre sur les comportements individuels et leur influence sur les systèmes sociaux et politiques, l'institutionnalisme met l'accent sur le rôle des institutions. Les institutions sont considérées comme ayant une influence sur les comportements des individus et des groupes, ainsi que sur les résultats politiques et sociaux.
  • Structure et agence : Alors que le behavioralisme tend à se concentrer sur l'agence - les actions et décisions des individus - l'institutionnalisme considère que la structure des institutions est primordiale. Les institutions sont vues comme définissant les règles du jeu et limitant les options disponibles pour les acteurs.
  • Stabilité versus changement : Le behavioralisme se concentre souvent sur le changement, en cherchant à expliquer comment et pourquoi les comportements individuels changent. L'institutionnalisme, en revanche, met souvent l'accent sur la stabilité, en montrant comment les institutions persistent au fil du temps, même en l'absence de soutien populaire ou de performance économique.
  • Facteurs individuels versus contextuels : Alors que le behavioralisme tend à se concentrer sur les facteurs individuels tels que les attitudes, les croyances et les préférences, l'institutionnalisme se concentre davantage sur les facteurs contextuels, en particulier la façon dont les institutions structurent et influencent le comportement.

Ainsi, alors que le behavioralisme et l'institutionnalisme sont deux approches importantes pour comprendre la politique et la société, elles mettent l'accent sur différents aspects de ces systèmes.

Le fonctionnalisme soutient que les institutions existent pour accomplir certaines fonctions ou pour résoudre certains problèmes dans une société. Cette perspective voit les institutions comme des solutions rationnelles et efficaces à des problèmes auxquels la société est confrontée. L'institutionnalisme, en revanche, ne prend pas cette approche. Il ne voit pas les institutions uniquement en termes de leurs fonctions ou de leur efficacité. Il reconnaît que les institutions ont des effets profonds sur la société qui vont bien au-delà de leurs fonctions prévues ou de leur efficacité à résoudre des problèmes spécifiques. Il met l'accent sur la manière dont les institutions façonnent le comportement des individus et des groupes, comment elles structurent les interactions sociales et politiques, et comment elles peuvent produire des résultats qui ne sont ni prévus ni nécessairement souhaités. En outre, contrairement au fonctionnalisme, l'institutionnalisme historique reconnaît que les institutions peuvent souvent persister même lorsqu'elles ne sont plus efficaces ou ne répondent plus aux problèmes actuels. C'est ce qu'on appelle la "path dependency" ou la dépendance au sentier - l'idée que les décisions ou les événements passés ont un impact durable et façonnent les trajectoires futures. En d'autres termes, une fois qu'une institution est mise en place, il peut être très difficile de la changer ou de la supprimer, même si elle ne remplit plus sa fonction originelle efficacement.

La perspective fonctionnaliste avance l'idée que les institutions sont délibérément créées et maintenues parce qu'elles ont des effets bénéfiques. Par exemple, un système juridique pourrait être mis en place parce qu'il aide à résoudre les conflits de manière ordonnée, ou un système d'éducation pourrait être mis en place parce qu'il favorise le développement des compétences et des connaissances nécessaires dans une société. Les acteurs rationnels, cherchant à résoudre ces problèmes ou à atteindre ces objectifs, créeraient donc ces institutions parce qu'ils reconnaissent les bénéfices fonctionnels qu'elles apportent. L'institutionnalisme historique, cependant, met l'accent sur le fait que les institutions ne sont pas toujours créées de manière aussi rationnelle ou prévoyante. Il peut y avoir des facteurs historiques, des relations de pouvoir, des accidents ou des événements imprévus qui jouent un rôle majeur dans la création et l'évolution des institutions. Les institutions peuvent également avoir des effets qui n'étaient pas prévus ou intentionnels, et ces effets peuvent à leur tour influencer la façon dont les institutions se développent et changent au fil du temps.

L'hypothèse générale dans de nombreux modèles économiques et politiques est que lorsque les institutions ne reflètent plus adéquatement les intérêts des acteurs, elles sont modifiées pour revenir à un équilibre. C'est l'idée du "choix rationnel" ou de l' "équilibre institutionnel". Cependant, l'institutionnalisme historique remet en question cette hypothèse. Il souligne que le changement institutionnel peut être difficile et coûteux, et qu'il y a souvent une forte résistance au changement. En outre, les acteurs peuvent ne pas avoir une compréhension parfaite de leurs propres intérêts ou de la manière dont les institutions affectent ces intérêts, ce qui peut également entraver le changement institutionnel. De plus, même si les institutions changent, elles ne sont pas nécessairement modifiées de manière à refléter parfaitement les intérêts des acteurs. Au contraire, le changement institutionnel peut être le résultat de compromis, de conflits de pouvoir, de processus historiques complexes, etc. Par conséquent, les institutions peuvent continuer à avoir des formes et des fonctions qui ne sont pas optimales du point de vue de l'efficacité ou de l'utilité. Enfin, l'institutionnalisme historique souligne que les institutions peuvent avoir des effets importants sur les intérêts et les comportements des acteurs. Par exemple, elles peuvent influencer la manière dont les acteurs perçoivent leurs intérêts, la manière dont ils interagissent les uns avec les autres, les stratégies qu'ils adoptent, etc. Ainsi, les institutions et les acteurs sont en interaction constante, chacun influençant l'autre de manière dynamique et souvent imprévisible.

L'idée de l'institutionnalisme historique est que les institutions ont une "inertie" propre et sont souvent difficiles à changer. Même si elles ne sont plus parfaitement alignées avec les intérêts des acteurs, elles peuvent persister en raison de divers facteurs, tels que les coûts liés au changement, la résistance des groupes qui bénéficient du statu quo, ou simplement la force de l'habitude et de la tradition. De plus, l'institutionnalisme historique souligne que les institutions ne sont pas nécessairement le résultat d'un processus rationnel et délibéré visant à trouver la meilleure solution à un problème donné. Elles peuvent être le résultat de processus historiques complexes, d'interactions entre différents acteurs et intérêts, de compromis, de luttes de pouvoir, d'accidents, etc. Les institutions peuvent donc avoir des formes et des fonctions qui ne sont pas nécessairement optimales ou même logiques du point de vue de l'efficacité ou de l'utilité. Par exemple, un système politique ou économique peut comporter des éléments qui semblent irrationnels ou inefficaces, mais qui sont le résultat de compromis historiques entre différents groupes sociaux ou de la persistance de traditions historiques. Les institutions peuvent également avoir des effets inattendus ou non intentionnels qui ont un impact sur leur fonctionnement et leur évolution.

L'institutionnalisme historique prend en compte le facteur temps dans l'analyse des institutions. Il reconnaît que les institutions ne sont pas statiques, mais évoluent au fil du temps, et que les processus de changement institutionnel peuvent être longs et complexes. Cette perspective à long terme permet de prendre en compte les conséquences non anticipées ou non intentionnelles de la mise en place d'une institution. Par exemple, lorsque les acteurs mettent en place une institution, ils peuvent ne pas anticiper pleinement comment elle affectera leur comportement ou leurs intérêts à l'avenir. Ils peuvent aussi ne pas anticiper comment l'institution interagira avec d'autres institutions ou facteurs sociaux, économiques ou politiques. De plus, une fois qu'une institution est en place, elle peut avoir une "inertie institutionnelle", ce qui signifie qu'elle peut être difficile à changer, même si les acteurs réalisent qu'elle a des conséquences non souhaitées. Par conséquent, l'institutionnalisme historique souligne l'importance de prendre en compte les conséquences à long terme, non anticipées et non intentionnelles des institutions. Cela signifie également qu'il peut être nécessaire de revoir et de réviser les institutions au fil du temps, en fonction de l'évolution des intérêts des acteurs et des conditions sociales, économiques et politiques.

Bo Rothstein dans son travail de 1992 met l'accent sur l'influence des institutions du marché du travail sur la force de la classe ouvrière, en particulier en ce qui concerne le taux de syndicalisation.[5] Le système de Ghent, nommé d'après la ville belge où il a été instauré pour la première fois, est une caractéristique de certains systèmes d'assurance-chômage. Dans le système de Ghent, les syndicats jouent un rôle central dans l'administration des prestations d'assurance-chômage. En d'autres termes, ce sont les syndicats qui gèrent les prestations pour leurs membres, plutôt que l'État ou une agence gouvernementale. Les systèmes de Ghent existent dans plusieurs pays, dont la Suède, la Finlande et la Belgique. Selon Rothstein, le système de Ghent favorise une plus grande force de la classe ouvrière car il incite à l'adhésion syndicale. Si les prestations d'assurance-chômage sont gérées par les syndicats, les travailleurs ont une incitation supplémentaire à adhérer à un syndicat. Cela peut conduire à des taux de syndicalisation plus élevés et, par conséquent, à une plus grande force collective pour la classe ouvrière. C'est un bon exemple de la façon dont les institutions - dans ce cas, le système d'assurance-chômage - peuvent influencer le comportement et les résultats pour des groupes d'acteurs spécifiques dans la société.

Il semble logique de supposer que les gouvernements de gauche, généralement favorables aux droits des travailleurs, seraient plus enclins à mettre en place un système de Ghent. Cependant, il est important de noter que l'implémentation d'un système de Ghent peut dépendre de divers facteurs, notamment le contexte historique, politique et social, ainsi que le système juridique et économique existant. En outre, l'adoption d'un système de Ghent peut ne pas être aussi simple qu'il y paraît. Tout d'abord, cela nécessite que les syndicats aient la capacité organisationnelle et les ressources financières pour gérer efficacement le système d'assurance-chômage. Ensuite, cela nécessite que le gouvernement soit prêt à céder cette responsabilité aux syndicats. Enfin, il convient de souligner que l'introduction d'un système de Ghent peut avoir des conséquences non intentionnelles. Par exemple, cela pourrait potentiellement polariser le marché du travail entre les travailleurs syndiqués et non syndiqués, ou cela pourrait donner aux syndicats un pouvoir disproportionné. En bref, si l'introduction d'un système de Ghent peut théoriquement renforcer le mouvement ouvrier, sa mise en œuvre pratique peut être plus complexe et dépendre de nombreux facteurs contextuels.

Ce qui ressort de l'observation de Bo Rothstein est que la réalité politique et historique est souvent plus complexe que ce que les modèles théoriques peuvent suggérer. Les motivations des gouvernements pour adopter certaines politiques peuvent dépendre de nombreux facteurs, y compris des objectifs stratégiques à long terme, des pressions politiques internes et externes, et des circonstances historiques spécifiques. Dans le cas de la France, l'introduction de l'assurance chômage par un gouvernement libéral pourrait s'expliquer par une volonté de contrôler le mouvement ouvrier, plutôt que de le renforcer. Les gouvernements libéraux peuvent avoir perçu le système de Ghent comme un moyen de canaliser l'activité syndicale dans un cadre plus formel et contrôlé. Il pourrait également avoir été considéré comme un moyen de pacifier le mouvement ouvrier en offrant certains avantages, tout en conservant le contrôle général sur la politique économique. Les syndicats français, avec leur tradition d'indépendance vis-à-vis de l'État, ont peut-être perçu cette manœuvre comme une tentative de cooptation et ont donc résisté. Par conséquent, l'échec de l'introduction du système de Ghent en France peut être vu comme une démonstration de la manière dont les conséquences non anticipées et l'interaction complexe des intérêts politiques peuvent influencer les résultats politiques.

Sur la durée cela va défavoriser le pouvoir de la classe ouvrière en France, car en France le taux de syndicalisation et l’un des plus faibles dans le secteur privé de l’ordre de moins de 10% de travailleurs syndiqués. Le mouvement de la création institutionnelle en 1905 en France par exemple, peut avoir des raisons de court terme qui ont amené ces décisions, mais ce n’est pas un acte intentionnel qui a pris en compte l’évolution dans la durée ainsi que les institutions favorables aux travailleurs dans le long terme. Les acteurs ne sont pas toujours au clair sur ce qui est avantageux pour eux. Les décisions politiques sont souvent prises en réponse à des considérations de court terme et ne tiennent pas toujours compte des conséquences à long terme. Cela peut être dû à une multitude de facteurs, y compris des pressions politiques immédiates, des calculs stratégiques erronés, ou tout simplement une incompréhension des implications à long terme d'une politique donnée.

Dans le cas de la France et du système de Ghent, il semble que les décisions prises par les gouvernements libéraux et la réaction des syndicats aient eu des conséquences non anticipées qui ont finalement affaibli le pouvoir de la classe ouvrière. C'est un exemple parfait de la manière dont les conséquences non anticipées et les erreurs de jugement peuvent avoir un impact majeur sur le développement politique et économique d'un pays. Cependant, il est important de noter que, même si les acteurs ne sont pas toujours au clair sur ce qui est avantageux pour eux à long terme, cela ne signifie pas nécessairement qu'ils agissent de manière irrationnelle. Au contraire, ils font souvent de leur mieux pour naviguer dans un environnement complexe et incertain, en s'appuyant sur les informations et les ressources dont ils disposent à un moment donné. Cela peut parfois conduire à des erreurs, mais c'est une partie inévitable du processus politique.

L'approche institutionnaliste historique met l'accent sur le fait que les institutions politiques et économiques ont des effets durables et parfois imprévus qui peuvent ne pas être immédiatement apparents lors de leur création. Il s'agit là d'une critique majeure des approches fonctionnalistes, qui considèrent généralement que les institutions sont créées pour résoudre des problèmes spécifiques et qu'elles évoluent ou disparaissent lorsque ces problèmes changent ou sont résolus. En revanche, l'institutionnalisme historique soutient que les institutions ont tendance à persister dans le temps, même lorsqu'elles ne répondent plus efficacement aux problèmes pour lesquels elles ont été initialement créées, en raison de la dynamique du pouvoir, des coûts de transaction et d'autres facteurs. De plus, cette perspective souligne également que les institutions ne sont pas toujours créées de manière rationnelle ou prévoyante. Au contraire, elles peuvent être le produit de décisions politiques impulsives, de compromis complexes ou même de pure coïncidence. Ces circonstances peuvent conduire à des résultats institutionnels qui sont très différents de ce que les acteurs initiaux auraient prévu ou souhaité, soulignant ainsi l'importance du contexte historique et des contingences dans la formation des institutions.

Path dependence

L'idée de "path dependence" est un concept central dans l'institutionnalisme historique. Ce terme fait référence à l'idée que les décisions passées et les institutions existantes peuvent orienter et limiter les choix futurs. C'est parce que, une fois qu'une institution ou une politique a été mise en place, elle crée souvent des attentes, des normes et des investissements qui rendent le changement coûteux et difficile. Dans le contexte des institutions politiques et économiques, cela signifie que même si une institution n'est plus optimale ou si elle ne sert plus les intérêts qu'elle était censée servir à l'origine, elle peut perdurer simplement parce qu'il est difficile de changer le statu quo. Les acteurs politiques, économiques et sociaux peuvent s'adapter à ces institutions et construire leurs stratégies et leurs attentes autour d'elles, rendant tout changement potentiellement perturbateur et coûteux.

L'exemple de la sécurité sociale aux États-Unis illustre bien le concept de "path dependence" en science politique.

Aux États-Unis, le système de sécurité sociale a été mis en place dans les années 1930 en réponse à la Grande Dépression. Il a été conçu pour fournir un filet de sécurité pour les travailleurs âgés, en leur fournissant un revenu de retraite de base. Cependant, le système a été conçu de telle sorte qu'il dépendait largement des cotisations des travailleurs actuels pour financer les prestations des retraités actuels. Au fil du temps, la démographie des États-Unis a changé, avec une proportion croissante de personnes âgées par rapport aux travailleurs plus jeunes. Cela a conduit à des pressions financières croissantes sur le système de sécurité sociale. Cependant, malgré les défis auxquels le système est confronté, il est extrêmement difficile de le réformer ou de le changer de manière significative. Cela est dû en partie à la dépendance des bénéficiaires actuels et futurs à l'égard de la sécurité sociale, mais aussi à la complexité du système lui-même. Les tentatives de réforme ont souvent rencontré une opposition politique et publique considérable. Ainsi, bien que le système de sécurité sociale des États-Unis puisse ne plus être le plus efficace ou le plus équitable compte tenu des réalités démographiques et économiques actuelles, il persiste en grande partie à cause de la "path dependence". Les décisions passées ont créé une institution qui est maintenant difficile à changer, malgré les problèmes évidents qu'elle présente.

William Sewell

Dans son article "Three Temporalities: Toward an Eventful Sociology", l'auteur William H. Sewell Jr. discute l'idée de la dépendance au chemin ("path dependence").[6] Cette notion suggère que les décisions, événements ou résultats passés ont un impact significatif sur les décisions, événements ou résultats futurs.

Selon Sewell, cette dépendance au chemin n'est pas simplement une question d'événements passés qui limitent les options futures. Il met en évidence l'idée que ces dépendances historiques peuvent également ouvrir de nouvelles possibilités et chemins d'action qui n'étaient pas envisagés auparavant. De plus, ces dépendances au chemin ne sont pas simplement linéaires ou déterministes. Elles sont plutôt multidimensionnelles et complexes, avec de multiples chemins possibles qui peuvent être suivis à tout moment donné.

L'idée clé de la dépendance au chemin est que les structures et les événements historiques importent. Ils façonnent les trajectoires futures de façon significative. Les décisions prises dans le passé continuent d'affecter les options disponibles dans le présent, et ces décisions passées peuvent également avoir un impact sur l'avenir de façon inattendue. C'est pourquoi il est important de prendre en compte les processus historiques lors de l'étude des phénomènes sociaux.

James Mahoney

Dans l'article "Path Dependence in Historical Sociology" publié en 2000, James Mahoney définit la dépendance de chemin (ou "path dependence") comme caractérisant des séquences historiques spécifiques dans lesquelles des événements contingents mettent en mouvement des modèles institutionnels ou des chaînes d'événements qui ont des propriétés déterministes : « Path-dependence characterizes specifically those historical sequences in which contingent events set in motion institutional patterns or event chains that have deterministic properties ».[7]

Selon Mahoney, ces événements contingents, aussi appelés événements critiques ou charnières, peuvent avoir des effets de grande ampleur et durables. Ces événements déclenchent une séquence de réactions en chaîne, entrainant la mise en place de nouvelles institutions ou de nouveaux modèles de comportement qui, une fois établis, sont difficilement modifiables.

Le concept de "path dependence" suggère donc qu'il est souvent difficile de dévier d'une trajectoire une fois qu'elle est établie, car les coûts d'une telle déviation peuvent être prohibitifs. De plus, même lorsque les circonstances changent, les institutions et les comportements créés par ces événements passés peuvent rester en place. Par conséquent, l'histoire et la séquence spécifique d'événements qui se sont produits peuvent avoir un impact profond et durable sur le cours futur des événements.

Le concept de dépendance de chemin (path dependence) dans la sociologie historique comprend cette idée d'un moment charnière, un événement initial, parfois appelé "point de basculement" ou "point critique", qui déclenche une série d'événements ultérieurs. Ce moment charnière peut sembler mineur ou non significatif à l'époque, mais il a le potentiel de déclencher une cascade d'événements qui se renforcent mutuellement. Une fois ce processus déclenché, il peut devenir auto-renforçant et difficile à inverser, même si les conditions originales qui ont conduit à l'événement initial ont changé. C'est ce qui est souvent appelé "verrouillage" (lock-in) dans la théorie de la dépendance de chemin. C'est un mécanisme par lequel une certaine structure, une fois établie, reste en place et influence le cours futur des événements, même si cette structure n'est plus optimale ou efficace. Le concept de dépendance de chemin met donc l'accent sur l'importance du temps et de la séquence des événements dans la détermination des trajectoires institutionnelles et sociales.

Paul Pierson & Theda Skocpol

L'expression "dynamics of self-reinforcing or positive feedback processes in a political system", que l'on pourrait traduire par "dynamiques de processus d'auto-renforcement ou de rétroaction positive dans un système politique", est utilisée par Paul Pierson et Theda Skocpol dans leur article "Historical Institutionalism in Contemporary Political Science" publié en 2002.[8]

Dans ce contexte, un processus d'auto-renforcement fait référence à une situation où une fois qu'une institution ou une politique est mise en place, elle tend à se renforcer elle-même par ses effets et à devenir de plus en plus résistante aux changements. Cela peut se produire pour diverses raisons, telles que l'accumulation de ressources, l'apprentissage et l'adaptation des acteurs, ou la création de nouvelles attentes et normes comportementales.

De manière similaire, une rétroaction positive est un processus dans lequel les effets d'une action ou d'une décision augmentent l'ampleur ou la probabilité de futurs événements similaires. Dans un système politique, par exemple, une politique qui favorise un certain groupe peut renforcer le pouvoir de ce groupe et augmenter la probabilité qu'il soutienne des politiques similaires à l'avenir.

Ces concepts sont centraux dans l'approche du néo-institutionnalisme historique de la science politique, qui met l'accent sur le rôle des institutions et des processus historiques dans le façonnement des résultats politiques.

Lock-in effect

Le "Lock-in effect", ou effet de verrouillage en français, est un concept qui découle de l'approche de dépendance de sentier ("Path Dependence") en sciences sociales. Il fait référence à une situation dans laquelle, une fois qu'un certain chemin ou une certaine trajectoire a été empruntée, il devient de plus en plus difficile de revenir en arrière ou de choisir une alternative. Cela est dû aux coûts croissants associés au changement de trajectoire ou à l'abandon de la voie actuelle, comme le coût de l'abandon des investissements précédents, le coût de la formation à de nouvelles pratiques ou technologies, ou le coût de la résistance des acteurs bénéficiant du statu quo. Par exemple, dans le domaine technologique, le concept de lock-in est souvent utilisé pour expliquer pourquoi une technologie particulière devient dominante, même si d'autres technologies peuvent être techniquement supérieures. Une fois qu'une technologie a gagné une certaine part de marché, elle peut bénéficier d'un effet de réseau qui renforce sa position et rend difficile le passage à une technologie concurrente.

Dans le contexte politique ou institutionnel, le lock-in peut faire référence à la façon dont des décisions ou des politiques précédentes rendent difficile le changement d'un certain statu quo, même si ce statu quo est considéré comme sous-optimal. Cela peut être dû à l'accumulation de ressources et de pouvoir par les bénéficiaires de la situation actuelle, à l'émergence de normes et de comportements qui renforcent le statu quo, ou à la résistance des acteurs qui craignent de perdre en cas de changement.

Rebrousser chemin de ce choix, de ce path choisi est aussi très difficile. Cette idée est centrale au concept de dépendance de trajectoire (path dependence) en sciences sociales. Une fois qu'une certaine voie est choisie dans un système social, politique ou économique, il devient de plus en plus difficile de la modifier ou de la changer. Les individus et les organisations s'adaptent à la trajectoire choisie, investissant du temps, de l'argent et des ressources pour s'y conformer. Ils développent des habitudes, des compétences et des attentes qui sont alignées avec cette trajectoire. Ce processus renforce la trajectoire actuelle et rend son changement de plus en plus coûteux et difficile. Les individus et les organisations sont de plus en plus réticents à abandonner la trajectoire actuelle parce qu'ils ont investi tant de ressources pour s'y conformer et parce qu'ils anticipent des coûts élevés en cas de changement. C'est ce qu'on appelle l'effet de verrouillage ou "lock-in effect". De plus, les institutions elles-mêmes peuvent renforcer la trajectoire choisie en mettant en place des règles et des réglementations qui encouragent la conformité et découragent le changement. Cela crée un cercle vicieux qui renforce encore plus la trajectoire actuelle et rend son changement encore plus difficile. C'est pourquoi, dans de nombreux cas, les choix initiaux - même s'ils étaient contingents ou basés sur des informations imparfaites - peuvent avoir des conséquences à long terme et difficilement réversibles pour la trajectoire d'une société, d'une économie ou d'un système politique.

Stickiness

Dans le contexte institutionnaliste historique, le terme "stickiness" se réfère à la manière dont les institutions ont tendance à résister aux changements, même en présence de nouvelles conditions ou de nouveaux défis. Les institutions peuvent être "collantes" ou "persistantes" en ce sens qu'elles ont tendance à perdurer dans le temps, et les structures et pratiques qu'elles mettent en place peuvent avoir un impact durable sur la société et continuer à influencer les développements futurs. Cela ne signifie pas nécessairement que les institutions sont immuables ou incapables d'évoluer. Au contraire, les institutions peuvent et changent souvent avec le temps. Cependant, ce processus de changement peut être lent, complexe et non linéaire, et les institutions peuvent souvent conserver des éléments de leur forme et de leur fonction passées, même lorsqu'elles s'adaptent à de nouvelles conditions. C'est ce qu'on entend par le terme "stickiness".

C'est là une des idées centrales de l'institutionnalisme historique. Les institutions ont une inertie propre qui leur permet de résister au changement, même face à des changements dans les préférences des acteurs ou dans l'équilibre des pouvoirs entre eux. Cela peut se produire pour plusieurs raisons :

  • Coûts de transition : Modifier une institution existante ou en créer une nouvelle peut entraîner des coûts importants, à la fois en termes de ressources matérielles et de temps. Ces coûts peuvent dissuader les acteurs de chercher à changer l'institution, même s'ils le souhaiteraient autrement.
  • Habitudes et attentes : Les acteurs se sont souvent habitués à une institution existante et ont élaboré leurs stratégies en fonction de celle-ci. Le changement peut perturber ces stratégies et créer de l'incertitude, ce qui peut aussi dissuader les acteurs de chercher à changer l'institution.
  • Effets de verrouillage et de path dependency : Une fois qu'une institution est en place, elle peut créer des dynamiques qui rendent son existence plus probable dans le futur. Par exemple, une institution peut créer des intérêts matériels qui encouragent certains acteurs à la défendre, ou elle peut façonner les croyances et les valeurs de telle sorte que les gens la considèrent comme légitime ou naturelle.

C'est pour ces raisons que les institutions peuvent résister au changement, même face à des changements dans les intérêts des acteurs ou dans l'équilibre des pouvoirs.

Le concept de "path dependence" dans l'institutionnalisme historique soutient l'idée que même si les conditions qui ont initialement conduit à l'établissement d'une institution changent, l'institution elle-même peut persister.

Le concept de "path dependence" est crucial dans l'institutionnalisme historique pour expliquer pourquoi les sociétés peuvent suivre des trajectoires historiques stables sur de longues périodes, même en l'absence des conditions originales qui ont conduit à l'établissement de ces trajectoires. Il y a plusieurs raisons pour lesquelles une société peut avoir du mal à changer de trajectoire :

  1. Effets de seuil : Une fois qu'une certaine institution ou un certain ensemble de pratiques atteint un certain niveau de prévalence, elle peut devenir "auto-renforçante" ou "auto-stabilisante". Par exemple, une fois qu'une certaine technologie ou une certaine norme sociale devient largement adoptée, elle peut devenir difficile à changer simplement parce que tant de personnes l'utilisent et en dépendent.
  2. Hystérésis : Il s'agit du phénomène par lequel l'histoire d'un système a une influence sur son état présent, même si les conditions originales ont changé. Par exemple, les anciens régimes politiques ou économiques peuvent continuer à influencer la culture politique ou économique longtemps après leur disparition.
  3. Rendements croissants : Il s'agit du phénomène par lequel plus une institution ou une pratique est utilisée, plus elle devient avantageuse à utiliser. Cela peut créer une "boucle de rétroaction positive" qui renforce et stabilise l'institution ou la pratique.

L'institutionnalisme historique, avec son concept de "path dependence", met en évidence l'inertie inhérente aux institutions politiques et sociales. Les choix faits dans le passé ont une influence déterminante sur les trajectoires futures d'une société. Les institutions existantes créent un cadre structurant pour l'action, qui oriente les comportements individuels et collectifs. Ces structures ont tendance à se perpétuer au fil du temps, même en présence de nouveaux défis ou opportunités. C'est en partie parce que les institutions sont souvent construites pour être durables et résilientes, et en partie parce qu'elles sont intégrées à des systèmes plus larges de normes, de valeurs et de pratiques qui se renforcent mutuellement. De plus, une fois qu'une certaine voie institutionnelle a été empruntée, il peut être très coûteux, difficile ou politiquement inacceptable de changer de cap. Ce "coût de sortie" peut inclure non seulement les coûts financiers, mais aussi les coûts sociaux, tels que la perturbation de relations établies, la perte de légitimité, ou la résistance de ceux qui bénéficient du statu quo. Cela signifie que les sociétés peuvent rencontrer des difficultés considérables pour changer radicalement de trajectoire. C'est une réalité que les politiques publiques et les efforts de réforme doivent prendre en compte.

Un exemple clair de la manière dont les institutions structurent les résultats socioéconomiques est entre la Suède et les États-Unis qui ont des traditions institutionnelles très différentes en ce qui concerne le marché du travail. En Suède, l'institutionnalisation du marché du travail est fortement influencée par le modèle nordique, aussi appelé modèle social-démocrate. Ce modèle se caractérise par un niveau élevé de protection sociale, une forte participation des syndicats, une régulation extensive du marché du travail et une redistribution importante par le biais du système fiscal et des prestations sociales. Ces institutions contribuent à limiter les inégalités et à fournir une certaine sécurité économique aux travailleurs. Aux États-Unis, en revanche, le marché du travail est plus libéral, avec moins de réglementation et un niveau de protection sociale plus faible. Les syndicats ont moins de poids et la redistribution par le biais du système fiscal et des prestations sociales est moins importante. En conséquence, les inégalités sont plus élevées et le risque économique est davantage porté par les individus. Ces différences institutionnelles sont profondément enracinées dans l'histoire et la culture de chaque pays, et elles illustrent bien l'idée de "path dependence" : les choix passés en matière de politique économique et sociale ont créé des trajectoires distinctes qui continuent d'influencer les résultats actuels.

Les institutions ne sont pas simplement transplantables d'un pays à l'autre, car elles sont enracinées dans des contextes culturels, sociaux, économiques et historiques spécifiques. Chaque pays a sa propre "path dependence", qui est le résultat de ses décisions et expériences passées. Ces expériences façonnent les attentes, les normes et les valeurs qui sous-tendent ses institutions.

Les États-Unis et la Suède ont des valeurs et des normes sociales très différentes, ainsi que des histoires politiques et économiques différentes, qui ont conduit à l'adoption de modèles institutionnels très différents. Les citoyens de chaque pays ont des attentes différentes en matière de rôle de l'État, de solidarité sociale, de régulation du marché du travail, etc. Ces attentes sont enracinées dans leur histoire et leur culture, et elles influencent les politiques qui sont politiquement viables et socialement acceptables.

Tenter de transplanter des institutions d'un contexte à l'autre sans tenir compte de ces différences pourrait entraîner des résultats inattendus ou indésirables. Par exemple, la mise en place d'une protection sociale extensive à la suédoise aux États-Unis pourrait se heurter à des résistances politiques et sociales, compte tenu de l'accent traditionnellement mis sur l'autonomie individuelle, la responsabilité personnelle et le libre marché. Pour réduire les inégalités, il est nécessaire de tenir compte des spécificités de chaque pays et de chercher à adapter et à améliorer les institutions existantes de manière à refléter ces spécificités. Cela pourrait impliquer, par exemple, de renforcer la protection des travailleurs, de promouvoir l'éducation et la formation tout au long de la vie, ou de réformer le système fiscal pour le rendre plus progressif. Cependant, il est crucial de comprendre que les changements institutionnels sont souvent un processus lent et complexe, nécessitant un consensus social et politique.

Les moments de création institutionnelle sont souvent des points de basculement critiques dans l'histoire d'un pays ou d'une organisation. Ces moments constituent des choix initiaux qui, une fois effectués, peuvent avoir des effets durables et profonds, orientant le développement futur le long d'un chemin spécifique. Les institutions établies lors de ces moments cruciaux peuvent créer ce que les chercheurs appellent une "dépendance au sentier" - un phénomène par lequel les choix initiaux influencent fortement les options et les possibilités disponibles à l'avenir. Cette dépendance au sentier peut rendre très difficile le changement de cap ou l'adoption de nouvelles institutions ou politiques, même lorsque les circonstances ont changé. C'est pourquoi il est crucial de comprendre ces moments de création institutionnelle et la manière dont ils façonnent les trajectoires futures. Cela peut aider à expliquer pourquoi certains pays ou organisations prennent une direction particulière, pourquoi il est si difficile de changer de direction, et comment les institutions peuvent être conçues ou réformées pour mieux répondre aux défis contemporains.

Critical juncture

Les "critical junctures" (ou moments charnières) dans la théorie institutionnaliste sont ces moments de décision clés où des choix significatifs sont effectués qui déterminent la direction d'une trajectoire institutionnelle. Ces choix initiaux peuvent avoir des effets durables et puissants sur le développement institutionnel. En d'autres termes, une "critical juncture" est une période de changement significatif où les décisions prises ont des conséquences lourdes et durables pour le cours des événements. Ce sont des moments de grande fluidité où des changements institutionnels peuvent être mis en œuvre qui divergent de ce qui existait auparavant. Ces "critical junctures" peuvent être déclenchées par divers facteurs, tels que des crises économiques, des guerres, des révolutions, des changements politiques significatifs ou d'autres événements majeurs. Les décisions prises pendant ces périodes ont souvent un impact sur le long terme, façonnant la direction de la politique, de l'économie et de la société pour les années, voire les décennies à venir.

Les "critical junctures" ou points de basculement sont souvent déclenchés par des crises majeures ou des événements importants qui perturbent l'ordre existant et créent des opportunités pour des changements institutionnels significatifs. Ces crises peuvent inclure des événements comme les guerres, les révolutions, les crises économiques ou politiques, les catastrophes naturelles, etc. Durant ces moments, les structures institutionnelles existantes peuvent être remises en question, modifiées ou même démantelées. En même temps, de nouvelles institutions peuvent être créées pour répondre aux défis posés par la crise. De cette manière, les "critical junctures" peuvent marquer le début de nouvelles trajectoires de développement institutionnel. Il est également important de noter que même si ces moments de crise sont souvent associés à des changements significatifs, l'orientation spécifique de ces changements est souvent déterminée par un certain nombre de facteurs, y compris les intérêts et les valeurs des acteurs clés, la nature de la crise elle-même, et les conditions socio-économiques et politiques existantes.

La crise financière de 2008 a amené beaucoup de chercheurs et de politologues à se demander si elle marquerait une "critical juncture", ou point de basculement, dans l'économie mondiale. Cette crise a révélé de nombreuses failles dans le système financier mondial et a mis en évidence la nécessité de régulations plus rigoureuses et d'une meilleure supervision des marchés financiers. Dans certains cas, on a assisté à des changements significatifs. Par exemple, aux États-Unis, la crise financière a conduit à l'adoption de la loi Dodd-Frank en 2010, qui a apporté d'importantes réformes réglementaires dans le secteur financier. Au niveau international, la crise a également conduit à un renforcement du rôle du G20 comme forum de coopération économique internationale. Cela a inclus des efforts pour améliorer la réglementation financière mondiale et promouvoir une croissance économique plus stable et durable. Cependant, de nombreux chercheurs et commentateurs ont noté que, malgré ces changements, de nombreux aspects fondamentaux du système financier mondial sont restés largement inchangés. Cela peut être dû à la résistance des acteurs économiques et politiques existants, à la complexité du système financier mondial et à l'absence de consensus sur les solutions alternatives. Par conséquent, bien que la crise financière de 2008 ait conduit à certains changements, il reste à voir si elle marque une véritable "critical juncture" dans l'évolution de l'économie mondiale.

Les événements majeurs comme les guerres, les révolutions ou les changements politiques massifs peuvent créer des "critical junctures" ou des moments de basculement qui transforment radicalement les trajectoires historiques et institutionnelles des pays. Par exemple, après la Seconde Guerre mondiale, l'Allemagne a connu un réaménagement majeur de son système politique et économique, passant d'un régime totalitaire à une démocratie libérale avec une économie de marché. Cela a eu des effets durables sur le développement de l'Allemagne dans les décennies qui ont suivi. De même, le Printemps arabe, qui a débuté en 2010, a entraîné des changements politiques significatifs dans de nombreux pays du Moyen-Orient et de l'Afrique du Nord. Dans certains pays, comme la Tunisie, cela a conduit à une transition vers une démocratie plus ouverte, tandis que dans d'autres, comme la Syrie ou la Libye, cela a entraîné un conflit et une instabilité prolongés. Ces "critical junctures" sont souvent des périodes de changement intense et d'incertitude, mais elles peuvent aussi offrir des opportunités pour la réforme institutionnelle et le changement social. Cependant, comme le souligne l'approche institutionnaliste historique, les résultats de ces moments formateurs sont fortement influencés par les institutions existantes et les trajectoires historiques, et ils peuvent souvent avoir des conséquences imprévues et durables.

L'institutionnalisme historique conteste les approches qui cherchent à expliquer les phénomènes sociaux et politiques en se fondant sur des relations constantes entre variables indépendantes et dépendantes, souvent mesurées à l'aide de l'analyse de régression. Dans ce type d'approches, on suppose généralement que la relation entre deux variables (par exemple, le niveau d'éducation et le revenu, ou le niveau de démocratie et le développement économique) est constante à travers différents contextes et périodes de temps. Cependant, les institutionnalistes historiques soutiennent que ces approches négligent souvent l'importance du contexte historique et institutionnel dans lequel ces relations se produisent. Ils soutiennent que les relations entre variables peuvent être fortement influencées par des facteurs contextuels, tels que les institutions existantes, les normes culturelles et les trajectoires historiques. Par exemple, le lien entre l'éducation et le revenu peut varier considérablement en fonction du système éducatif, du marché du travail et des politiques sociales d'un pays. De même, le lien entre la démocratie et le développement économique peut être influencé par de nombreux facteurs historiques et institutionnels, tels que l'héritage colonial, le régime politique, les ressources naturelles et les conflits internes. En mettant l'accent sur le rôle du contexte historique et institutionnel, l'institutionnalisme historique cherche à fournir une analyse plus nuancée et plus riche des phénomènes sociaux et politiques.

Les institutionnalistes historiques soutiennent que le contexte institutionnel d'un pays - ses règles, réglementations, normes et structures - peut fortement influencer son parcours historique et ses résultats socio-politiques. Les institutions peuvent définir des incitations, des contraintes et des opportunités pour les acteurs, influençant ainsi leurs comportements et leurs choix. C'est pourquoi les institutionnalistes historiques sont souvent sceptiques quant aux tentatives de généraliser les relations causales entre variables à travers différents contextes institutionnels. Ils soutiennent que ce qui fonctionne dans un contexte institutionnel peut ne pas fonctionner dans un autre. En conséquence, ils préconisent une approche plus contextuelle et historiquement sensibilisée, qui prend en compte les spécificités institutionnelles de chaque pays ou groupe de pays. Cela peut impliquer des études de cas approfondies, des comparaisons historiques et des analyses de la façon dont les institutions et les trajectoires historiques peuvent influencer les résultats sociaux et politiques. Dans cette perspective, l'analyse de la path dependence, des moments charnières (critical junctures), de l'effet de verrouillage (lock-in effect) et de la stickiness des institutions sont des concepts clés pour comprendre les dynamiques de changement et de continuité dans la vie politique et sociale.

Dans un pays avec des institutions du marché du travail fortes et protectrices des travailleurs (comme certains pays d'Europe occidentale), les employeurs pourraient avoir plus de difficultés à augmenter le temps de travail en réponse à la pression de la concurrence internationale. Les syndicats, les conventions collectives et les réglementations du travail pourraient limiter leur capacité à le faire. En revanche, dans un pays avec des institutions du marché du travail plus flexibles et moins protectrices des travailleurs (comme les États-Unis), les employeurs pourraient avoir plus de latitude pour augmenter le temps de travail en réponse à la même pression de la concurrence internationale. Dans ces deux cas, les institutions du marché du travail influencent la façon dont les acteurs économiques locaux répondent à la mondialisation. Ce n'est pas simplement une question de coûts économiques et de compétitivité, mais aussi de normes, de réglementations et de structures institutionnelles.

Les syndicats, en tant qu'institutions, peuvent jouer un rôle clé dans la détermination de l'impact de la mondialisation sur les conditions de travail. Dans les pays où les syndicats sont forts et ont une grande influence, ils peuvent être en mesure de résister à l'augmentation de la pression pour des heures de travail plus longues, même face à une concurrence internationale accrue. Ils peuvent négocier de meilleures conditions pour les travailleurs, y compris des limites sur le temps de travail. À l'inverse, dans les pays où les syndicats sont faibles ou ont une influence limitée, ils peuvent être moins en mesure de résister à ces pressions. Par conséquent, les travailleurs dans ces pays peuvent être plus susceptibles de voir une augmentation de leurs heures de travail à mesure que la mondialisation économique s'intensifie. Cela démontre l'importance de l'institutionnalisme historique, qui se concentre sur l'analyse des institutions comme les syndicats, et comment elles influencent les réponses à des défis tels que la mondialisation économique.

Les relations économiques, telles que celle entre les investissements directs étrangers (IDE) et le temps de travail, ne sont pas uniformes à travers le temps et l'espace. Elles sont fortement influencées par le contexte institutionnel spécifique d'un pays à un moment donné. Par exemple, un pays avec un système de relations de travail fortement régulé et des syndicats puissants pourrait être en mesure de résister à une augmentation des heures de travail en dépit d'une augmentation des IDE. Dans ce contexte, les institutions agissent comme un modérateur dans la relation entre les IDE et le temps de travail. D'un autre côté, dans un pays avec des syndicats faibles et un marché du travail moins régulé, une augmentation des IDE pourrait entraîner une augmentation du temps de travail. Les institutions (ou leur absence) dans ce contexte pourraient ne pas offrir le même niveau de protection aux travailleurs. C'est une illustration parfaite de la manière dont le contexte institutionnel spécifique d'un pays peut influencer les résultats économiques et sociaux.

Critique du principe explicatif de constant causes

La critique de l'approche de "causes constantes" par les institutionnalistes historiques est liée à la prise en compte du contexte. La pensée institutionnaliste historique fait valoir que les explications générales qui s'appliquent uniformément à tous les contextes peuvent manquer des nuances importantes. Pour l'institutionnalisme historique, le contexte compte beaucoup. Les institutions sont considérées comme façonnées par l'histoire, et à leur tour, elles façonnent les comportements individuels et collectifs et les trajectoires de développement au sein d'un pays ou d'une région. Par conséquent, le contexte dans lequel une institution évolue est fondamental pour comprendre son rôle et son impact. Par exemple, dans le domaine de la politique publique, une politique qui fonctionne bien dans un pays peut ne pas fonctionner de la même manière dans un autre pays, simplement à cause des différences dans le contexte institutionnel. Cela ne signifie pas que la recherche de "causes constantes" n'a pas de valeur. Au contraire, cette recherche peut nous aider à identifier des tendances générales et à développer des théories. Mais les institutionnalistes historiques nous rappellent que nous devons également être attentifs au contexte spécifique et à la manière dont celui-ci peut influencer les résultats.

Pour Coser, la science social, "on the basis of the substantive enlightenment… it is able to supply about the social structures in which we are enmeshed and which largely condition the course of our lives”.[9] Closer souligne ici l'importance de la sociologie et des sciences sociales plus généralement en tant qu'outils pour nous aider à comprendre les structures sociales qui façonnent notre vie. En d'autres termes, la valeur des sciences sociales réside dans leur capacité à éclairer les systèmes et structures dans lesquels nous vivons et qui influencent grandement notre vie quotidienne.

Selon cette perspective, les sciences sociales devraient nous aider à comprendre les institutions, les relations, les dynamiques de pouvoir, les idéologies, les normes sociales, et d'autres éléments clés de nos sociétés qui influencent notre comportement, nos opportunités et nos expériences de vie. La sociologie, par exemple, peut nous aider à comprendre pourquoi certaines personnes ou certains groupes ont plus de pouvoir que d'autres, comment les structures sociales contribuent à la reproduction de l'inégalité, ou comment les normes sociales influencent nos comportements. En fin de compte, Coser suggère que la mesure de la réussite des sciences sociales devrait être l'éclairage substantiel qu'elles apportent à notre compréhension du monde social. Cela implique une attention constante à l'analyse de nos structures sociales et à la manière dont elles façonnent nos vies.

L'institutionnalisme historique, qui s'intéresse à la manière dont les institutions et leurs histoires façonnent les trajectoires politiques et économiques, utilise des concepts comme l'"institutional layering" (superposition institutionnelle) et l'"institutional conversion" (conversion institutionnelle) pour expliquer comment les institutions changent et se transforment au fil du temps.

  • Institutional Layering: Ce terme est utilisé pour décrire le processus par lequel de nouvelles institutions ou règles sont ajoutées aux institutions existantes sans nécessairement éliminer ou remplacer les anciennes. C'est un processus de changement institutionnel plus graduel et cumulatif. Par exemple, dans un système de santé, l'introduction d'un nouveau système d'assurance maladie publique ne supprime pas nécessairement les prestataires de soins de santé privés existants, mais vient s'ajouter à eux, créant ainsi une couche supplémentaire d'institutions.
  • Institutional Conversion: Ce concept fait référence à un processus de changement plus radical dans lequel une institution existante est transformée en une institution de nature très différente. Cela peut se produire lorsque les acteurs institutionnels réinterprètent ou réaffectent les ressources, les rôles ou les règles d'une institution pour répondre à de nouvelles exigences ou opportunités. Par exemple, une organisation non gouvernementale (ONG) initialement créée pour fournir une aide d'urgence pourrait être "convertie" en une institution axée sur le développement à long terme.

Ces deux concepts mettent en lumière les différentes façons dont les institutions peuvent évoluer et changer en réponse à de nouvelles exigences, opportunités ou défis. Ils reconnaissent que le changement institutionnel n'est pas toujours un processus de remplacement complet d'une institution par une autre, mais peut souvent être un processus plus graduel et complexe d'adaptation et de transformation.

L'Institutionnalisme Historique fait la distinction entre le changement institutionnel et le rôle des institutions comme variable indépendante dans l'explication des résultats politiques et sociaux. Dans cette approche, les institutions ne sont pas seulement des variables indépendantes qui influencent les comportements et les résultats, mais aussi des variables dépendantes qui sont elles-mêmes influencées par un certain nombre de facteurs sociaux, politiques et économiques. Cela signifie que l'Institutionnalisme Historique s'intéresse non seulement à la manière dont les institutions façonnent les comportements et les résultats, mais aussi à la manière dont les institutions elles-mêmes changent et évoluent au fil du temps.

Par exemple, on peut se demander comment une institution spécifique, comme un système de sécurité sociale, a évolué au fil du temps en réponse à des changements dans l'économie ou la société. Ce serait considérer l'institution comme une variable dépendante. D'un autre côté, on pourrait se demander comment ce même système de sécurité sociale a influencé les comportements des individus ou les résultats en matière de santé et de bien-être. Dans ce cas, l'institution serait considérée comme une variable indépendante.

Quant à l'institutional layering (superposition institutionnelle) et l'institutional conversion (conversion institutionnelle), ces concepts servent à expliquer les différentes façons dont les institutions peuvent évoluer et changer. L'institutional layering fait référence à l'ajout de nouvelles institutions ou règles aux institutions existantes, tandis que l'institutional conversion se réfère à la transformation d'une institution existante en quelque chose de radicalement différent. Ces deux concepts reconnaissent donc la possibilité et la réalité du changement institutionnel.

L'institutionnalisme historique reconnaît que les institutions ne sont pas statiques mais peuvent évoluer et changer au fil du temps, souvent de manière plus graduelle que radicale.

Dans l'institutional layering, de nouvelles initiatives ou procédures sont ajoutées à l'institution existante sans la remplacer complètement. Cela peut être vu comme une évolution plutôt qu'une révolution, où les changements se font graduellement et en parallèle avec les structures existantes. Dans l'institutional conversion, les institutions existantes sont réorientées vers de nouvelles fonctions ou objectifs. Les structures institutionnelles demeurent, mais leurs fonctions changent, parfois de manière significative. En ce qui concerne la théorie des groupes d'intérêts, elle est également pertinente pour l'institutionnalisme historique. Cette théorie met en évidence le rôle des conflits entre différents groupes sociaux et économiques dans la dynamique politique. Selon cette théorie, les groupes d'intérêts rivalisent pour obtenir des ressources limitées, et les institutions politiques sont souvent le lieu de ces luttes.

L'institutionnalisme historique, toutefois, ne se contente pas de considérer ces conflits, mais s'interroge également sur la manière dont ils sont structurés et façonnés par les institutions politiques existantes. De plus, il s'intéresse à la manière dont ces structures institutionnelles varient d'un pays à l'autre et dans le temps. Cela reflète son attention à la fois pour le rôle des institutions en tant que facteurs déterminants des comportements politiques et pour la manière dont elles sont elles-mêmes façonnées et transformées.

Appendici

  • Path Dependence in Historical Sociology - James Mahoney; Theory and Society , Vol. 29, No. 4 (Aug., 2000) , pp. 507-548 - Published by: Springer; Article Stable URL: http://www.jstor.org/stable/3108585
  • Rothstein, Bo. The Social Democratic State: The Swedish Model and the Beaureaucratic Problem of Social Reform. Pittsburgh, PA: U of Pittsburgh, 1995

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