« Per concludere il corso degli approcci critici alle relazioni internazionali » : différence entre les versions

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Secondo Robert Elias in ''What is Sociology'', pubblicato nel 1978, "molti nomi usati nelle scienze sociali - e nel nostro linguaggio quotidiano - si formano e si usano come se si riferissero a cose materiali, oggetti visibili e tangibili nel tempo e nello spazio, esistenti indipendentemente dalle persone". Uno stato è una costruzione sociale, un immaginario, una moltitudine di organismi, organizzazioni e persone che lo rappresentano. Il pericolo è pensare i concetti e dare loro una vita che cancella la molteplicità delle relazioni sociali.
Secondo Robert Elias in ''What is Sociology'', pubblicato nel 1978, "molti nomi usati nelle scienze sociali - e nel nostro linguaggio quotidiano - si formano e si usano come se si riferissero a cose materiali, oggetti visibili e tangibili nel tempo e nello spazio, esistenti indipendentemente dalle persone". Uno stato è una costruzione sociale, un immaginario, una moltitudine di organismi, organizzazioni e persone che lo rappresentano. Il pericolo è pensare i concetti e dare loro una vita che cancella la molteplicità delle relazioni sociali.


= Contre l'apparence de la nécessité =  
= Contro l'apparenza della necessità =  
On ne peut penser les théories comme étant neutres, mais cela ne veut dire qu’elles ont un rapport à l’objectivité qui nous entour et un pouvoir de compression et d’explication du monde qui nous entour. Ce n’est pas parce qu’on a une vision dominante qu’elle est la plus pertinente et ce n’est pas qu’elle explique mieux. Les approches en relations internationales sont souvent eurocentrées.  
Le teorie non possono essere considerate neutre, ma ciò non significa che abbiano a che fare con l'oggettività che ci circonda e con il potere di comprimere e spiegare il mondo che ci circonda. Non è perché abbiamo una visione dominante che è la più rilevante e non è che si spieghi meglio. Gli approcci alle relazioni internazionali sono spesso eurocentrici.  


Pour Cox dans ''Social Forces, States and World Orders: Beyond International Relations Theory'' publié en 1981, {{citation|theory is always for someone and for some purpose}}. C’est-à-dire qu’il faut placer les concepts dans une sociologie de la connaissance. Cox différencie le « problem-solving » qui prend le monde tel qu’il semble être en fournissant des approches explicatives, d’avec les « critical theory ». Ainsi, il est important de distinguer les « discours que l’on porte sur » et les « processus » sociaux, politiques, économiques effectifs.  
Per Cox in ''Social Forces, States and World Orders: Beyond International Relations Theory'', pubblicato nel 1981, "la teoria è sempre per qualcuno e per qualche scopo". In altre parole, i concetti devono essere inseriti in una sociologia della conoscenza. Cox differenzia il "problem-solving", che prende il mondo come sembra, fornendo approcci esplicativi, dalla "teoria critica". È importante quindi distinguere tra i "discorsi di cui ci si occupa" e i "processi" sociali, politici ed economici veri e propri.


= L'oppression et la domination =
= L'oppression et la domination =

Version du 6 juillet 2020 à 10:29


Perché un corso sugli approcci critici all'internazionale?

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Le "relazioni internazionali" non sono un argomento di studio ovvio, indiscutibile o addirittura scontato. È un approccio tra gli altri, il mondo internazionale è così complesso che è solo un tipo di problema. La domanda di qualsiasi ricercatore e che tipo di problema si pone. Spesso la domanda è più importante della risposta. È importante porre le domande giuste. Poter mettere in discussione il mondo è in una certa misura un atto molto più importante, ma ciò non significa che non abbia un peso. Dimenticare di mettere in discussione è forse la cosa peggiore che può accadere. Il discorso dottrinale è una risposta positiva. In una certa misura, la risposta può essere una negazione dell'interrogatorio. Meyer dimostra che nelle scienze sociali positive il pericolo è quello di adottare risposte che cancellano il mondo sociale. Una risposta che alla plausibilità può aver avuto la tendenza a cancellare altri interrogativi sulla guerra o sulla risposta stessa.

La cosa da capire è che la questione non è quella di scegliere un approccio, ma di mettere in discussione le cose e problematizzarle. Approcci critici non significa che ci siano critici e altri, ma dovrebbe permettere di infondere qualsiasi tipo di approccio, è una forma di umiltà intellettuale. Come dice Chris Brown in Understanding International Relations[9] pubblicate nel 2005, queste diverse domande fanno parte di un "gioco costante tra il 'mondo reale' e il mondo della conoscenza". Nelle relazioni internazionali, la visione dominante di questo gioco è la naturalizzazione che si sta naturalizzando nella misura in cui si sarà astorici e asociologici in relazione alle unità, ma anche in relazione ai processi che si cercherà di spiegare.

La critique

Il y a différents types de possibles. Il faut comprendre les phénomènes comme étant une résultante spécifique et de comprendre pourquoi est-on arrivé à cette résultante et comment on peut arriver à d’autres résultantes. Calhoun montre que la critique est reconnaître que l'état du monde actuel n'épuise pas tous les possibles en vue d'une action sociale.

Pour Calhoun dans Critical Social Theory[10] publié en 1995, il faut offrir une «« lecture des conditions historiques et culturelles (tant sociales que personnelles) dont dépend l'activité intellectuelle d'un [chercheur] ». Les conseillers en sécurité aux États-Unis furent souvent des universitaires. Il faut comprendre la production du monde social à travers des acteurs qui sont des professionnels. Il faut aussi procéder à « un ré-examen continu des catégories constitutives et des cadres conceptuels par lesquels un [chercheur] comprend, en incluant une construction historique de ces cadres ». Une approche critique cherche à comprendre les outils pour faire du sens et de voir leurs contingences afin de les replacer dans leur origine et dans leurs constructions. Les concepts sont aussi des outils de pouvoir permettant d’agir sur les autres. Il s’agit aussi de faire « une ‘confrontation’ avec les présuppositions théoriques cachées et non- soutenues déterminant la façon de comprendre le monde ». Il y a une conception du monde qui ne se dit pas, mais qui est au centre de certaines pratiques et de certains discours.

Contro la reificazione

La reificazione è l'idea di fare di una cosa una cosa. In La réification. Petit traité de théorie critique Pubblicato nel 2007, Honneth riporta l'affermazione di Lukács secondo cui la reificazione sta trasformando "un rapporto tra le persone assume il carattere di una cosa".

Dal punto di vista marxista, il feticismo è l'atto di entrare in relazione sociale con tutti coloro che hanno contribuito alla creazione, alla produzione e alla vendita dell'oggetto. È l'idea di entrare in un rapporto sociale e di parteciparvi, ma anche di accettare un modo di funzionare. Comprare qualcosa non è innocente. Nel Capitale di Karl Marx pubblicato nel 1867, per i produttori, sembra che "i rapporti delle loro opere private appaiano per quello che sono, cioè non rapporti sociali immediati delle persone nelle loro opere, ma piuttosto rapporti sociali tra le cose".

Un rapporto critico è qualcuno che si rende conto di quello che sta facendo. Scambiare è forse comprare un pensiero diverso in termini di "ciò che questo rappresenta". La produzione partecipa la persona come produttore. Bisogna chiedersi come reificare l'oggetto.

Secondo Robert Elias in What is Sociology, pubblicato nel 1978, "molti nomi usati nelle scienze sociali - e nel nostro linguaggio quotidiano - si formano e si usano come se si riferissero a cose materiali, oggetti visibili e tangibili nel tempo e nello spazio, esistenti indipendentemente dalle persone". Uno stato è una costruzione sociale, un immaginario, una moltitudine di organismi, organizzazioni e persone che lo rappresentano. Il pericolo è pensare i concetti e dare loro una vita che cancella la molteplicità delle relazioni sociali.

Contro l'apparenza della necessità

Le teorie non possono essere considerate neutre, ma ciò non significa che abbiano a che fare con l'oggettività che ci circonda e con il potere di comprimere e spiegare il mondo che ci circonda. Non è perché abbiamo una visione dominante che è la più rilevante e non è che si spieghi meglio. Gli approcci alle relazioni internazionali sono spesso eurocentrici.

Per Cox in Social Forces, States and World Orders: Beyond International Relations Theory, pubblicato nel 1981, "la teoria è sempre per qualcuno e per qualche scopo". In altre parole, i concetti devono essere inseriti in una sociologia della conoscenza. Cox differenzia il "problem-solving", che prende il mondo come sembra, fornendo approcci esplicativi, dalla "teoria critica". È importante quindi distinguere tra i "discorsi di cui ci si occupa" e i "processi" sociali, politici ed economici veri e propri.

L'oppression et la domination

L’oppression n’est pas la domination. Elle n’en est qu’une dimension possible, mais pas nécessaire. C’est empêcher les gens de d’exprimer. Dans Justice and the Politics of Difference publié en 1990, Young met en exergue que l’oppression consiste en des actions et/ou des « processus institutionnels systématiques empêchant certaines personnes d'apprendre et d'employer des aptitudes [relationnelles, e.g. estime de soi/rapport aux autres ; trad. de 'satisfying and expansive skills'] dans des environnements socialement reconnus, ou des processus sociaux institutionnalisés entravant la capacité des personnes d’engager et communiquer avec les autres ou d'exprimer leurs sentiments et perspectives sur la vie sociale dans des contextes où d'autres peuvent entendre ». Young décrit la domination comme consistant en des « conditions institutionnelles qui entravent ou préviennent les personnes de participer dans la détermination de leurs actions ou des conditions de leurs actions. Les personnes vivent dans des structures de domination si d'autres personnes ou groupes peuvent déterminer sans réciprocité les conditions de leurs actions, soit directement ou en vertu des conséquences structurelles de leurs actions. La démocratie sociale et politique pleine (thorough) est l'opposé de la domination ».

L’idée centrale de domination est qu’il n’y a pas de réciprocité, on dit pour l’autre ce qu’il doit être, on structure l’autre dans ce qu’il doit penser et ce qu’il doit devenir. Ce n’est pas parce qu’une personne veut qu’elle peut changer les choses.

La domination

Lorsqu’on parle de domination, il y a deux éléments fondamentaux. Dans Sur l’État de Pierre Bourdieu publié en 2012 l’État « est l'instance légitimatrice par excellence, qui ratifie, solennise, enregistre les actes ou les personnes, en faisant apparaître comme allant de soi les divisions ou les classifications qu'il institue. [...] L'État n'est pas un simple instrument de coercition, mais un instrument de production et de reproduction du consensus, chargé de régulations morales [...] cet organe de la discipline morale [qu'est l'État] n'est pas au service de n'importe qui, mais sert plutôt les dominants ». L’État est dans une grande mesure le reflet de ces rapports de domination.

Dans De la critique. Précis de sociologie de l'émancipation publié en 2009, Boltanski parle de la domination qui « n'est pas directement observable et échappe en outre, le plus souvent, à la conscience des acteurs. La domination doit être dévoilée. Elle ne parle pas d'elle-même et se dissimule dans des dispositifs dont les formes patentes de pouvoir ne constituent que la dimension la plus superficielle [...] Tout se passe donc comme si les acteurs subissaient la domination qui s'exercent sur eux non seulement à leur insu, mais parfois même en contribuant à son exercice ».

Une vision naïve du post-colonialisme est de penser que c’est simplement l’imposition d’une vision à un autre. Des études montrent comment le colonisé s’est accommodé d’une forme de pouvoir et de domination parce que des élites locales se sont alliées au colonisateur pour gérer un territoire. Nous sommes tous des acteurs de la domination.

Il pericolo della doxa

Bourdieu parla dei pericoli della doxa in Sur l’État pubblicato nel 2012. Per lui, "Anche i laici rischiano di fidarsi. Se la mia attività ha successo, devono trovare tutto molto naturale e a volte si chiedono perché pongo problemi così pateticamente che trovano molto semplici una volta che li ho formulati [...] Questo pericolo è un effetto, paradossalmente, di autoinganno. Detto questo: Denuncerò [il fatto] che questo va da sé, produco un altro effetto di cela-va-de-soi, un effetto di naturalezza che può essere accolto a sua volta come una sorta di doxa. ...] Questo sentimento di déjà vu e déjà connu, che non stigmatizzo, ma che rendo esplicito, è una protezione contro lo sforzo di pensiero che deve essere fatto in tutte le scienze, e soprattutto in sociologia, per essere all'altezza di ciò che abbiamo già pensato".

Fare approcci critici significa essere in un rapporto di distanza, di critica verso se stessi e di ascolto degli altri.

Annessi

  • Boltanski, L. (2009) De la critique. Précis de sociologie de l'émancipation. Paris: Gallimard.
  • Bourdieu, P. (2012) Sur l'État. Cours au Collège de France 1989-1992. Paris: Seuil.
  • Brown, C. with Kirsten Ainley (2005). Understanding International Relations. Houndmills: Palgrave Macmillan, 3rd ed. revised and updated.
  • Calhoun, C. (1995). Critical Social Theory. London: Blackwell Publishing.
  • Cox, R. W. (1981). Social Forces, States and World Orders: Beyond International Relations Theory. Millennium: Journal of International Studies, 10(2), 126–155.
  • Elias, N. (1978) What is Sociology? New York: Columbia University Press.
  • Honneth, A. (2007[2005]) La réification. Petit traité de théorie critique. Paris: Gallimard.
  • Marx, K. (1968[1867]) Le Capital. Livre 1. Paris: Gallimard.
  • Young, I. M. (1990) Justice and the Politics of Difference. Princeton: Princeton University Press.

Referenze