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Il processo di creazione di una politica pubblica è raramente lineare e viene spesso rappresentato come un ciclo. Questo ciclo comprende tipicamente le fasi di identificazione del problema, sviluppo della politica, processo decisionale, attuazione e valutazione. Tuttavia, è importante notare che queste fasi non sono necessariamente sequenziali e possono spesso sovrapporsi o ripetersi. Ad esempio, la valutazione di una politica può rivelare nuovi problemi o aspetti inaspettati del problema originale, portando a una riformulazione del problema e a una nuova serie di politiche per affrontarlo. È questo il caso della politica sulla pena di morte negli Stati Uniti, come dimostra lo studio di Baumgartner e colleghi. Mentre il dibattito iniziale sulla pena di morte si è concentrato sul suo ruolo di deterrente per il crimine, l'emergere di storie di alto profilo su persone innocenti nel braccio della morte ha portato a una riformulazione del problema. Invece di concentrarsi sulla deterrenza, il dibattito si è rivolto sempre più alla questione della giustizia e dell'infallibilità del sistema giudiziario. Questo illustra come la valutazione e il feedback possano portare a una riformulazione del problema e a un cambiamento nel contenuto delle politiche pubbliche, portando a quella che può essere vista come una "spirale" piuttosto che un ciclo lineare di politiche pubbliche. | Il processo di creazione di una politica pubblica è raramente lineare e viene spesso rappresentato come un ciclo. Questo ciclo comprende tipicamente le fasi di identificazione del problema, sviluppo della politica, processo decisionale, attuazione e valutazione. Tuttavia, è importante notare che queste fasi non sono necessariamente sequenziali e possono spesso sovrapporsi o ripetersi. Ad esempio, la valutazione di una politica può rivelare nuovi problemi o aspetti inaspettati del problema originale, portando a una riformulazione del problema e a una nuova serie di politiche per affrontarlo. È questo il caso della politica sulla pena di morte negli Stati Uniti, come dimostra lo studio di Baumgartner e colleghi. Mentre il dibattito iniziale sulla pena di morte si è concentrato sul suo ruolo di deterrente per il crimine, l'emergere di storie di alto profilo su persone innocenti nel braccio della morte ha portato a una riformulazione del problema. Invece di concentrarsi sulla deterrenza, il dibattito si è rivolto sempre più alla questione della giustizia e dell'infallibilità del sistema giudiziario. Questo illustra come la valutazione e il feedback possano portare a una riformulazione del problema e a un cambiamento nel contenuto delle politiche pubbliche, portando a quella che può essere vista come una "spirale" piuttosto che un ciclo lineare di politiche pubbliche. | ||
=== | === Impostazione dell'agenda e analisi empirica === | ||
La | La questione della pena di morte negli Stati Uniti rimane un argomento di dibattito pubblico e di politica in continua evoluzione. Sebbene molte giurisdizioni abbiano abolito la pena di morte o dichiarato una moratoria sul suo uso, altre continuano ad applicarla. Le storie di detenuti del braccio della morte che sono stati successivamente scagionati e rilasciati sollevano preoccupazioni sull'infallibilità del sistema giudiziario, e queste storie hanno messo in discussione la pena di morte come forma di giustizia. Ciò ha portato a una riformulazione della questione della pena di morte, spostando il discorso pubblico dalla deterrenza penale a questioni di giustizia e di errore giudiziario. Questo è un ottimo esempio di come le questioni di politica pubblica siano spesso reimpostate e ridefinite nel tempo, in risposta al cambiamento degli atteggiamenti sociali, delle prove e degli eventi attuali. | ||
[[Fichier:Varonne exemple Nbre de pays qui ont aboli la peine de mort.png|400px|vignette|centré| | [[Fichier:Varonne exemple Nbre de pays qui ont aboli la peine de mort.png|400px|vignette|centré|Numero di Paesi che hanno abolito la pena di morte.]] | ||
Questo grafico mostra il numero di Paesi che hanno gradualmente abolito la pena di morte, e possiamo notare che è proprio a partire dagli anni '60 che c'è stato un aumento quasi esponenziale del numero di Paesi che hanno rinunciato all'uso della violenza legittima dello Stato sotto forma di esecuzione. È interessante notare che negli ultimi decenni molti Paesi hanno abbandonato la pena di morte. Secondo Amnesty International, alla fine del 2020, 108 Paesi avevano completamente abolito la pena di morte per legge per tutti i reati, mentre 144 Paesi avevano abolito la pena di morte per legge o nella pratica. Tuttavia, la pena di morte rimane in vigore in alcuni Paesi, tra cui gli Stati Uniti, spesso citati come un'eccezione tra le democrazie occidentali. Tuttavia, anche negli Stati Uniti si registra una tendenza all'abolizione, almeno a livello statale. Diversi Stati hanno abolito la pena di morte o dichiarato una moratoria sul suo uso. È anche importante notare che l'opinione pubblica statunitense sulla pena di morte si è evoluta nel tempo. Sebbene la maggioranza degli americani sia ancora favorevole alla pena di morte per i condannati per omicidio, questo sostegno è diminuito negli ultimi decenni. I cambiamenti nell'opinione pubblica, insieme alle crescenti prove di errori e pregiudizi nell'applicazione della pena di morte, potrebbero portare a una riconsiderazione più approfondita della pena di morte negli Stati Uniti negli anni a venire. | |||
[[Fichier:Nombre d’exécutions aux États Unis.png|400px|vignette|centré| | [[Fichier:Nombre d’exécutions aux États Unis.png|400px|vignette|centré|Numero di esecuzioni negli Stati Uniti.]] | ||
La | La politica della pena di morte negli Stati Uniti ha attraversato diverse fasi. Negli anni '60 e '70, la pena di morte è diventata una questione molto controversa negli Stati Uniti. I dubbi sulla sua costituzionalità portarono a un arresto temporaneo delle esecuzioni. Nel 1972, nella causa Furman contro Georgia, la Corte Suprema degli Stati Uniti stabilì che il modo in cui veniva eseguita la pena di morte costituiva una punizione crudele e inusuale, in violazione dell'Ottavo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti. Di conseguenza, tutte le condanne a morte furono sospese. Tuttavia, nel 1976, la Corte Suprema ha ripristinato la pena di morte nella causa Gregg contro Georgia, affermando che non era incostituzionale di per sé, ma che la sua applicazione doveva essere modificata per eliminare l'arbitrarietà del processo decisionale. Di conseguenza, le esecuzioni sono riprese. Da allora, il numero di esecuzioni è aumentato, raggiungendo un picco negli anni '90 prima di iniziare a diminuire. Sempre più Stati americani hanno abolito la pena di morte o dichiarato una moratoria sul suo uso. Allo stesso tempo, il dibattito sull'equità e l'efficacia della pena di morte continua. | ||
Frank Baumgartner | Frank Baumgartner e i suoi colleghi hanno concentrato la loro analisi sul periodo che va dal 1960 al 2010 per esaminare il modo in cui la questione della pena di morte è stata discussa e affrontata negli Stati Uniti. Durante questo periodo, diversi Paesi del mondo hanno abbandonato la pena di morte, in netto contrasto con la situazione degli Stati Uniti, dove la pena capitale è rimasta una pratica legale. Questo periodo è stato segnato anche da importanti cambiamenti nel modo in cui la questione della pena di morte è stata formulata e discussa. I ricercatori hanno cercato di capire come la questione è stata inquadrata nel dibattito pubblico, come è cambiata la percezione della pena di morte nel tempo e come queste trasformazioni hanno influenzato le politiche e le pratiche della pena di morte. Analizzando i discorsi dei media, le decisioni legali e i dati sulle esecuzioni e sulle condanne a morte, hanno cercato di determinare come la problematizzazione della pena di morte abbia influenzato la sua evoluzione e il suo utilizzo negli Stati Uniti.[[Fichier:Exécutions selon les États US 1977 2007).png|400px|vignette|centré|Esecuzioni per stato americano: 1977-2007]] | ||
Il tasso di esecuzione della pena di morte negli Stati Uniti varia notevolmente da uno Stato all'altro, riflettendo le diverse politiche e i diversi atteggiamenti nei confronti di questa pratica. Ad esempio, tra il 1977 e il 2007, il Texas ha giustiziato 279 persone, un numero significativamente maggiore rispetto alla maggior parte degli altri Stati. Al contrario, Stati come l'Alaska e le Hawaii non hanno effettuato alcuna esecuzione nello stesso periodo. È importante notare che il numero di esecuzioni deve essere considerato in relazione al numero di condanne a morte. In altre parole, un numero elevato di esecuzioni in uno Stato può riflettere non solo una maggiore propensione all'uso della pena di morte, ma anche una maggiore propensione a eseguire condanne a morte. Queste variazioni tra gli Stati illustrano come le questioni di politica pubblica, comprese quelle relative alla pena capitale, possano essere influenzate da fattori locali e regionali, come l'atteggiamento dell'opinione pubblica, la legislazione statale e l'etica dei sistemi giudiziari locali. | |||
[[Fichier:Population dans le couloir de la mort et exécutions depuis 1976.png|400px|vignette|centré|Popolazione nel braccio della morte ed esecuzioni dal 1976.]] | |||
È importante sottolineare la grande disparità tra gli Stati americani in termini di esecuzione della pena di morte. Prendiamo il Texas e la California, due Stati con atteggiamenti molto diversi in materia. In Texas, dal 1977 al 2007, su 392 persone condannate a morte o nel braccio della morte, 379 sono state giustiziate, cioè circa il 96%. Ciò significa che una volta emessa una condanna a morte, questa viene eseguita quasi sistematicamente. In California, invece, sebbene un gran numero di persone sia condannato a morte o nel braccio della morte, le esecuzioni sono relativamente rare. Infatti, solo il 2% circa dei condannati a morte viene giustiziato. Ciò dimostra che, nonostante la presenza della pena di morte nell'ordinamento giuridico, la sua applicazione varia notevolmente da uno Stato all'altro. Ciò può essere dovuto a una serie di fattori, tra cui le differenze nella filosofia giuridica, l'atteggiamento dell'opinione pubblica e i processi politici e legali specifici di ogni Stato. | |||
Nel loro studio, Baumgartner e i suoi colleghi hanno esaminato l'impatto di una nuova prospettiva sulla pena di morte, che potrebbe essere definita "la scoperta dell'innocenza". Grazie a progressi come il test del DNA, è stato dimostrato che molte persone nel braccio della morte sono in realtà innocenti. Ciò solleva la scioccante possibilità che siano state giustiziate persone innocenti. Questa prova scientifica dell'innocenza di alcuni condannati a morte rappresenta un cambiamento significativo nel modo in cui il problema viene percepito. Questo cambiamento cognitivo potrebbe avere conseguenze di vasta portata sulle pratiche di esecuzione. In altre parole, la scoperta che alcuni condannati a morte sono innocenti ha portato a una rivalutazione del problema della pena di morte. Questa nuova prospettiva potrebbe portare a un minor numero di esecuzioni e a una più ampia riforma del sistema di giustizia penale. | |||
Baumgartner e i suoi colleghi hanno studiato come il concetto di innocenza, introdotto in parte dalle scuole di legge che cercavano di rivedere i processi dei detenuti del braccio della morte, abbia avuto un impatto significativo. Queste revisioni giudiziarie hanno spesso rivelato che alcuni detenuti del braccio della morte erano stati processati ingiustamente, senza prove sufficienti o addirittura nonostante l'evidenza empirica del contrario. Mettendo in luce questi problemi, hanno scoperto che il sistema è difettoso e ingiusto e che vengono giustiziati degli innocenti. Evidenziando e pubblicizzando questa nuova definizione del problema, sono riusciti a influenzare sia l'opinione pubblica sia il processo politico, che alla fine ha avuto un impatto sulle decisioni prese dalle giurie durante i processi. Questa trasformazione della percezione della pena di morte sottolinea il potere del problem-building di cambiare il modo in cui un problema viene affrontato e risolto. Cambiando il quadro di riferimento attraverso il quale viene vista la pena di morte, sono riusciti a influenzare non solo l'opinione pubblica, ma anche le decisioni legali prese nei tribunali. | |||
Nella loro ricerca, Baumgartner e i suoi colleghi hanno dimostrato che l'argomento della "scoperta dell'innocenza", cioè il rischio di giustiziare persone innocenti, non è solo il più potente ma anche il più recente nel dibattito sulla pena di morte. Inoltre, suggeriscono che è probabilmente l'argomento che ha avuto il maggiore impatto sulle decisioni effettive sulle esecuzioni. Ha portato a una nuova riflessione sull'applicazione della pena di morte e ha alimentato un intenso dibattito pubblico e politico. L'idea che ci possano essere errori nel sistema giudiziario, che portano all'esecuzione di persone innocenti, ha cambiato il modo in cui molte persone vedono la pena di morte. La forza di questa argomentazione sottolinea il potere delle cornici del problema di influenzare gli atteggiamenti e le politiche pubbliche. Ridefinendo la questione della pena di morte in termini di rischi di ingiustizia, sono riusciti ad avere un impatto considerevole sul modo in cui la questione viene percepita e affrontata. | |||
=== Analyse de Contenu du Débat === | === Analyse de Contenu du Débat === |
Version du 3 juillet 2023 à 14:28
Lo sviluppo delle politiche pubbliche segue un processo strutturato in quattro fasi essenziali. Una politica pubblica comprende una serie di azioni e decisioni prese dalle autorità governative con l'obiettivo di rispondere a un problema specifico. La prima fase consiste nell'identificare il problema e inserirlo nell'agenda politica. Questa fase, nota come definizione dell'agenda, definisce il problema che richiede l'intervento del governo e ne giustifica la necessità. La seconda fase del processo consiste nel formulare una politica pubblica. Questa fase di formulazione fornisce una risposta alla domanda: qual è la soluzione prevista per rispondere a questo problema? L'obiettivo è identificare una soluzione che sia legittima e accettabile nell'attuale contesto politico. Ognuna di queste fasi svolge un ruolo cruciale nello sviluppo di una politica efficace, guidando il processo dall'identificazione iniziale del problema alla definizione di un piano d'azione concreto per risolverlo.
L'analisi dell'agenda cerca di capire come e perché certi problemi vengono costruiti e riconosciuti come degni dell'attenzione pubblica e dell'intervento dello Stato. È in questa fase che ha luogo il processo di "costruzione sociale" dei problemi pubblici. Ciò significa che i problemi pubblici non sono semplicemente fatti oggettivi che esistono di per sé, ma sono modellati e definiti da attori sociali e politici che interpretano e attribuiscono importanza a determinate situazioni o condizioni. Questa costruzione è un processo complesso, che spesso comporta dibattiti e lotte tra diversi attori con interessi e prospettive differenti. Fattori come il potere politico, i valori culturali, l'opinione pubblica e i media possono giocare un ruolo nella definizione di ciò che viene considerato un problema pubblico.
Tuttavia, è importante notare che spesso è difficile avviare nuove politiche pubbliche. La semplice definizione di un problema come questione pubblica non garantisce automaticamente che venga inserito nell'agenda politica. Ostacoli come la mancanza di risorse, la resistenza politica o la mancanza di interesse pubblico possono impedire a un problema di entrare nell'agenda. Di conseguenza, l'analisi della definizione dell'agenda richiede anche la comprensione dei processi e delle dinamiche politiche che influenzano quali questioni vengono riconosciute e rese prioritarie e quali vengono ignorate o marginalizzate.
La costruzione dei problemi pubblici e la loro collocazione nell'agenda politica
Definizione e riconoscimento di un problema pubblico
Il concetto di agenda politica
L'agenda politica rappresenta le questioni che le autorità politiche e amministrative considerano prioritarie e sulle quali intendono intervenire. Questi temi possono includere vari problemi sociali, economici o ambientali che richiedono una risposta politica. L'agenda dei media, invece, è costituita dalle storie e dalle questioni che vengono presentate come importanti dai media, sia nei giornali, che nei notiziari televisivi, radiofonici o nei siti web di informazione. Questi argomenti sono quelli che i media ritengono meritevoli di attenzione da parte del pubblico e possono o meno sovrapporsi all'agenda politica.
Queste due agende possono interagire e influenzarsi a vicenda. Ad esempio, i media possono dare risalto a una particolare questione, spingendo i politici a prestarle attenzione e a inserirla nella loro agenda. Al contrario, le decisioni politiche possono influenzare l'agenda dei media, soprattutto quando riguardano questioni di interesse pubblico. Tuttavia, ci possono anche essere divergenze tra queste due agende, a seconda delle priorità, dei valori e dei vincoli di ciascun settore.
L'agenda politica, in particolare quella del Parlamento, si riflette nei temi e nelle questioni affrontate dai parlamentari. Questi possono coprire un'ampia gamma di questioni sociali, economiche, ambientali e di sicurezza. Mozioni, iniziative parlamentari, postulati, interrogazioni e interpellanze sono tutti strumenti a disposizione dei parlamentari per evidenziare determinate questioni. Esse riflettono le preoccupazioni dei rappresentanti eletti e, per estensione, dei loro elettori. L'analisi dell'agenda parlamentare può rivelare quali siano le priorità delle autorità politiche in un determinato momento, quali questioni siano ritenute abbastanza importanti da richiedere un intervento politico e come queste priorità possano cambiare nel tempo. Va sottolineato, tuttavia, che l'agenda politica non si limita a ciò che viene discusso in Parlamento. Anche altri attori, come il governo, i partiti politici, i gruppi di pressione o i singoli cittadini, possono influenzare questa agenda, attraverso le loro azioni e iniziative.
Nel sistema svizzero, l'agenda del governo, cioè quella del Consiglio federale, rimane meno trasparente a causa della segretezza delle deliberazioni. Si tratta di una regola che garantisce la riservatezza delle discussioni all'interno del Consiglio federale. Lo scopo di questa regola è quello di preservare la collegialità del governo, consentendo ai suoi membri di discutere liberamente e di prendere decisioni in modo collegiale. Tuttavia, anche se i dettagli delle discussioni del Consiglio federale non sono accessibili al pubblico, il governo comunica le sue decisioni attraverso comunicati stampa. Questi comunicati stampa possono dare un'indicazione delle priorità del governo, anche se riflettono solo le decisioni finali e non i dibattiti che hanno portato a tali decisioni. L'agenda del Consiglio federale può essere influenzata da altri fattori, come le iniziative parlamentari, le votazioni popolari, le richieste dei Cantoni o gli sviluppi internazionali. L'analisi di questi fattori può quindi fornire un'indicazione dell'agenda politica del governo, anche se il processo decisionale interno rimane riservato.
Il termine "agenda" in questo contesto si riferisce all'insieme di argomenti ritenuti importanti e degni di attenzione da parte di un gruppo specifico. Questi argomenti sono solitamente questioni o problemi pubblici che richiedono un'azione o un intervento. Quando parliamo di agenda dei media, ci riferiamo ai temi che i media decidono di trattare e mettere in evidenza. Questa agenda può essere influenzata da vari fattori, come l'attualità, l'interesse pubblico, i valori giornalistici e talvolta anche gli interessi commerciali delle aziende mediatiche. Allo stesso modo, l'agenda dei partiti politici è determinata dai temi su cui scelgono di concentrarsi, spesso nell'ambito delle loro campagne elettorali. Questa agenda può riflettere i valori e le priorità del partito, le preoccupazioni dei suoi elettori e le strategie elettorali. In ogni caso, l'agenda è un modo per gli attori di definire ciò che è importante e di focalizzare l'attenzione su questi temi. Svolge quindi un ruolo cruciale nel plasmare il dibattito pubblico e nell'orientare le politiche pubbliche.
Il processo di programmazione
Il numero di questioni e domande che possono essere affrontate in qualsiasi momento, sia nei media che in Parlamento o all'interno del governo, è necessariamente limitato. Questa limitazione è dovuta a vincoli di tempo, risorse e capacità di attenzione. Di fronte a questi vincoli, gli attori devono fare delle scelte su quali questioni evidenziare e quali ignorare. Queste scelte possono essere influenzate da una serie di fattori, come l'urgenza percepita di una questione, la sua importanza per l'opinione pubblica, la sua rilevanza per le priorità politiche esistenti o la sua capacità di generare sostegno o interesse. Ciò significa che il lancio di una nuova politica pubblica può essere un processo difficile e competitivo. Attirare l'attenzione su una questione e metterla all'ordine del giorno può richiedere strategie di comunicazione efficaci, mobilitare il sostegno o convincere gli attori chiave dell'importanza della questione.
I media, come i partiti politici, hanno una soglia di attenzione limitata e sono costretti a selezionare con cura gli argomenti da trattare. Nel caso di un giornale, lo spazio è limitato. I direttori devono decidere quali storie meritano di stare in prima pagina, che è il posto più visibile e influente. Queste decisioni vengono prese in base alla linea editoriale del giornale, all'attualità, al presunto interesse pubblico e ad altri fattori. Allo stesso modo, quando i partiti politici lanciano una campagna elettorale, devono definire le loro priorità e scegliere su quali temi concentrarsi. Queste scelte sono generalmente fatte sulla base dei valori e degli obiettivi del partito, delle preoccupazioni del suo elettorato e della strategia elettorale. Ciò sottolinea la natura selettiva dell'agenda setting, ovvero il processo attraverso il quale alcune questioni vengono scelte come importanti e altre vengono ignorate. Questo processo può avere un impatto significativo sull'opinione pubblica, sulla politica e sulla società in generale, in quanto modella ciò di cui si parla e a cui si presta attenzione.
Nell'ambito di una campagna elettorale o anche della loro normale comunicazione, i partiti politici tendono a concentrarsi su un numero limitato di temi chiave. Questa concentrazione consente ai partiti di creare un'immagine di marca chiara e riconoscibile, di mobilitare la propria base elettorale e di distinguersi dagli altri partiti. I temi scelti riflettono generalmente i valori fondamentali del partito, le preoccupazioni dei suoi elettori e le questioni su cui ritiene di poter fare la differenza. Possono anche essere influenzati dall'attualità e dal clima politico generale. Il governo funziona in modo simile. Sebbene abbia un mandato più ampio, deve anche definire le proprie priorità e concentrarsi su alcune aree politiche chiave. Queste priorità sono solitamente definite nel programma di governo e sono guidate dagli impegni elettorali, dalle richieste della società e dai vincoli pratici.
L'agenda dei decisori politici, come il Consiglio federale in Svizzera, è limitata a causa dei vincoli di tempo e di risorse. Questi decisori sono spesso chiamati a prendere decisioni su questioni complesse e varie, ma possono affrontare solo un numero limitato di problemi durante le loro riunioni regolari. Ciò significa che devono dare priorità ad alcune questioni e lasciarne da parte altre, almeno temporaneamente. Questo crea una competizione tra i diversi argomenti. Se un argomento viene aggiunto all'ordine del giorno, un altro può essere lasciato da parte. Si tratta di un processo dinamico e spesso complesso, che può essere influenzato da molti fattori, come l'urgenza delle questioni, la loro rilevanza per l'opinione pubblica, le priorità politiche esistenti e le pressioni esterne. Lo stesso vale per le agende dei media e delle commissioni parlamentari. Tutte queste agende sono limitate e non possono essere ampliate all'infinito per accogliere un numero illimitato di argomenti. Ciò rende l'accesso all'agenda difficile e spesso competitivo, poiché i diversi attori cercano di promuovere le proprie priorità e questioni. Ciò sottolinea l'importanza di entrare nell'agenda del processo politico. Ottenere un posto in agenda è spesso un passo cruciale per ottenere un'azione politica su una determinata questione. Ciò richiede spesso sforzi di advocacy, comunicazione e mobilitazione per attirare l'attenzione su una questione e convincere i decisori della sua rilevanza.
Mettere una questione all'ordine del giorno è un processo strategico che di solito implica un lavoro per rendere la questione sufficientemente interessante, rilevante o urgente da attirare l'attenzione degli attori chiave, compresi i responsabili politici, i media e il pubblico. Questo processo può comportare diverse fasi. Ad esempio, può iniziare con l'identificazione e la definizione del problema in modo da renderlo comprensibile e rilevante per un pubblico più ampio. Ciò può comportare la raccolta di prove, l'inquadramento del problema in un certo modo e lo sviluppo di messaggi chiari e convincenti. Successivamente, gli stakeholder possono lavorare per attirare l'attenzione sul problema. Ciò può avvenire attraverso varie strategie di comunicazione e di advocacy, come l'azione di lobbying sui decisori politici, la mobilitazione del pubblico, la sensibilizzazione dei media, la partecipazione a dibattiti pubblici e così via. Infine, una volta che la questione è stata posta all'ordine del giorno, gli stakeholder devono generalmente lavorare per mantenere l'attenzione su di essa e influenzare il modo in cui viene affrontata e risolta. Ciò può comportare la partecipazione allo sviluppo delle politiche, l'esercizio di pressioni per soluzioni specifiche, il monitoraggio dell'attuazione e l'esercizio di pressioni per apportare modifiche, se necessario.
Codifica sistematica delle agende politiche
L'agenda rappresenta l'insieme delle questioni pubbliche percepite come prioritarie dai politici, dai media e, per estensione, dal pubblico. La prima pagina di un giornale è spesso una rappresentazione accurata di ciò che è considerato importante o urgente in un dato momento. Le decisioni su ciò che appare in prima pagina si basano generalmente su una serie di fattori, tra cui l'attualità, l'interesse pubblico e la linea editoriale del giornale. La codifica sistematica di queste agende - mediatiche, politiche, governative, parlamentari o di bilancio - permette di seguire l'evoluzione dell'attenzione pubblica e delle priorità politiche nel tempo. Ciò può aiutare a identificare tendenze, influenze e dinamiche all'interno del panorama politico e mediatico. Questo metodo di codifica e analisi delle agende è una tecnica comune nelle scienze sociali, in particolare nelle scienze politiche e della comunicazione. Ci permette di analizzare non solo ciò di cui parliamo, ma anche il modo in cui ne parliamo, evidenziando i quadri e le narrazioni utilizzati per definire e comprendere le questioni pubbliche. In breve, l'analisi dell'agenda è uno strumento prezioso per comprendere il processo politico e il modo in cui le questioni pubbliche vengono definite e affrontate.
Utilizzando una griglia di codifica con 200 diverse categorie di politiche pubbliche, possiamo ottenere una visione molto precisa delle priorità e delle preoccupazioni specifiche affrontate nelle diverse agende. Questa griglia comprende un'ampia gamma di aree, come l'economia, l'ambiente, la politica monetaria, l'istruzione, la salute, gli alloggi, la sicurezza, i diritti umani e così via. Ognuna di queste categorie potrebbe essere suddivisa in questioni o argomenti più specifici. Applicando questa griglia di codifica alle diverse agende, siano esse dei media, dei partiti politici, dei governi, dei parlamenti o anche dei bilanci, si possono ottenere dati quantitativi precisi sull'attenzione relativa data a ogni area. In questo modo è possibile confrontare le priorità tra i diversi attori, seguire i cambiamenti nel tempo e identificare le tendenze o gli schemi dell'attenzione pubblica e politica. Un'analisi di questo tipo aiuta a comprendere i processi di definizione dell'agenda, mostrando quali questioni riescono ad attirare l'attenzione e quali vengono ignorate. Ciò fornisce informazioni preziose sul funzionamento del processo politico e sui fattori che influenzano le decisioni politiche.
L'analisi dei dati pluriennali offre una preziosa visione delle tendenze a lungo termine e dei cambiamenti nelle priorità politiche e mediatiche. Può rivelare quali questioni sono state percepite come più urgenti o importanti nel corso del tempo. Codificando oltre 22.000 interventi parlamentari in Svizzera, abbiamo ottenuto una visione dettagliata delle questioni sollevate e dei problemi a cui i legislatori hanno dato priorità. Interrogazioni, interpellanze, postulati e iniziative parlamentari rivelano le preoccupazioni dei parlamentari, le loro risposte ai problemi pubblici e il loro impegno ad agire su questioni specifiche. L'analisi mostra come l'attenzione politica sia divisa tra le diverse aree, come le priorità siano cambiate nel tempo e quali questioni siano riuscite a rimanere in agenda o siano state messe in ombra da altre preoccupazioni. Queste informazioni sono preziose per comprendere non solo le attuali priorità politiche, ma anche le dinamiche politiche e i fattori che influenzano le decisioni politiche. Inoltre, aiutano a informare le discussioni sull'efficacia delle politiche pubbliche e a valutare se gli sforzi politici sono allineati con le questioni e le preoccupazioni più urgenti.
L'analisi dei comunicati stampa del governo e degli accordi di coalizione può fornire informazioni preziose sulle priorità e gli impegni del governo. Questo è un altro aspetto dell'analisi dell'agenda che può arricchire la nostra comprensione del panorama politico. I comunicati stampa del governo spesso riflettono le priorità immediate del governo e il modo in cui comunica le proprie azioni e politiche. Analizzando questi comunicati stampa per un certo numero di anni, possiamo seguire i cambiamenti nell'agenda del governo e osservare come le diverse questioni e aree di politica pubblica siano state prioritarie in tempi diversi. D'altra parte, gli accordi di coalizione che vengono negoziati all'inizio della legislatura possono fornire una visione degli obiettivi e delle priorità a lungo termine del governo. Questi accordi sono spesso il risultato di complesse negoziazioni tra i diversi partiti e riflettono i compromessi e gli impegni che guideranno l'azione del governo nei prossimi anni. Questi due tipi di documenti - comunicati stampa e accordi di coalizione - possono essere codificati utilizzando la stessa griglia di codifica utilizzata per i media e il parlamento. Ciò consentirebbe un confronto diretto tra le priorità e l'attenzione prestata alle diverse aree dalle varie istituzioni.
In un sistema parlamentare di tipo Westminster, come quello del Regno Unito, il "discorso dal trono" (o "discorso della regina") è un elemento chiave da analizzare. Tradizionalmente, si tratta di un discorso pronunciato dal monarca (o da un suo rappresentante) all'apertura di ogni nuova sessione parlamentare. Pur essendo pronunciato dal monarca, è redatto dal governo del giorno e definisce le principali politiche e gli atti legislativi che il governo intende attuare durante la sessione parlamentare successiva. L'analisi di questo discorso può fornire indicazioni preziose sulle intenzioni e le priorità del governo. Poiché contiene un elenco delle principali misure legislative che il governo intende introdurre, il Discorso dal Trono può essere visto come una "road map" per la sessione parlamentare. Nell'ambito di un'analisi dell'agenda, possiamo codificare questo discorso per identificare le principali aree di politica pubblica che vengono evidenziate e vedere come queste si confrontano con l'attenzione data alle stesse aree dai media, dal parlamento e da altre fonti che possono essere analizzate. È anche possibile seguire l'evoluzione di queste priorità nel tempo analizzando i Discorsi dal Trono degli anni successivi.
L'analisi del bilancio è un altro metodo molto efficace per comprendere le priorità di un governo. Il bilancio è una chiara dichiarazione delle intenzioni politiche perché mostra dove il governo sceglie di allocare le proprie risorse. Analizzando le voci di bilancio, possiamo vedere quali sono le aree di politica pubblica a cui il governo dà priorità in termini di spesa. Utilizzando la griglia di codifica di 200 categorie di politiche pubbliche, possiamo assegnare ogni voce di bilancio a una categoria specifica. In questo modo è possibile vedere quanto denaro viene stanziato per ogni area, confrontare gli stanziamenti tra le diverse categorie e seguire le variazioni di spesa nel tempo. Può anche essere utile per valutare se la spesa di bilancio corrisponde alle priorità dichiarate in altre fonti, come i discorsi dal trono, gli accordi di coalizione o i comunicati stampa del governo. Ad esempio, se un governo dichiara che l'istruzione è una priorità, ma la spesa per l'istruzione rappresenta solo una piccola parte del bilancio, ciò potrebbe indicare un divario tra retorica e azione.
La grande domanda che sorge una volta che tutte queste agende sono state codificate per un lungo periodo di tempo in diversi Paesi è come spiegare perché certi temi sono prioritari in un'agenda e in un'altra. Questa è un'area di ricerca chiave nella scienza politica e negli studi sui media. Se i media e gli attori politici si concentrano sugli stessi temi, può essere difficile determinare chi influenza chi. I media possono dare risalto a certe questioni perché sono importanti per l'opinione pubblica o perché sono discusse dagli attori politici. Allo stesso modo, gli attori politici possono concentrarsi su determinate questioni perché sono evidenziate dai media o perché ritengono che siano importanti per i loro elettori. Per rispondere a questa domanda, è necessario condurre un'analisi dettagliata del rapporto tra media e attori politici, tenendo conto di molti fattori, come il contesto politico e sociale, le preferenze degli elettori, l'influenza dei gruppi di pressione e molti altri. In termini di democrazia, è importante che i media e gli attori politici non si concentrino esclusivamente sugli stessi temi, per garantire una pluralità di voci e prospettive. Se i media e gli attori politici si concentrano entrambi sugli stessi temi, ciò può limitare il dibattito pubblico e impedire la discussione di questioni importanti. Inoltre, se gli attori politici si concentrano principalmente sulle questioni che sono popolari nei media, questo può portare a una forma di populismo mediatico, in cui le politiche pubbliche sono dettate dalle preferenze dei media piuttosto che dalle esigenze della società. Può anche ridurre la capacità degli attori politici di affrontare questioni complesse o controverse che potrebbero non essere popolari sui media.
La questione di chi controlla l'agenda è centrale per comprendere le dinamiche di potere in una società e ha quindi profonde implicazioni per la democrazia. Stabilendo l'agenda - cioè decidendo quali questioni sono degne di attenzione e come vengono inquadrate - un attore può esercitare un grande potere. Questa capacità di definire l'agenda può influenzare le politiche pubbliche, l'opinione pubblica e persino l'esito delle elezioni. Inoltre, la questione di chi ha il potere di stabilire l'agenda può rivelare chi ha potere in una società più ampia e può sollevare importanti questioni di rappresentanza, equità e democrazia. Ad esempio, se l'agenda è controllata prevalentemente da un'élite politica o mediatica, ciò può significare che alcune voci sono emarginate o ignorate, il che può minare la partecipazione democratica e l'uguaglianza. D'altro canto, se l'agenda è stabilita in modo più democratico, ad esempio da una combinazione di attori politici, media e cittadini comuni, ciò può favorire un dibattito più ampio ed equilibrato. In breve, analizzare chi controlla l'agenda è un compito complesso che richiede uno studio approfondito delle dinamiche di potere, delle strutture sociali e politiche e del ruolo dei media.
Analisi e comprensione dei problemi pubblici
Le agende possono essere analizzate quantitativamente, misurando l'importanza relativa che un'agenda attribuisce a una specifica politica pubblica. Questo approccio può rivelare tendenze e schemi nel modo in cui le questioni vengono considerate prioritarie e può aiutare a capire come le priorità politiche cambino nel tempo. Tuttavia, un approccio quantitativo di questo tipo non è in grado di spiegare perché alcuni temi entrano nell'agenda e altri no. Per comprendere queste dinamiche, è necessaria un'analisi qualitativa. Si tratta di esaminare come gli attori che cercano di inserire una questione nell'agenda la costruiscono e la presentano in modo da attirare l'attenzione dei responsabili politici. Questa costruzione del problema può comportare una serie di strategie, come inquadrare la questione in modo da renderla rilevante per le attuali priorità politiche, mobilitare alleati per sostenere la causa o trovare modi per attirare l'attenzione dei media. Capire come vengono impiegate queste strategie e quanto successo hanno può offrire preziose indicazioni sui processi politici e su come vengono prese le decisioni.
Le questioni non sono intrinsecamente politiche o degne di attenzione di per sé. Diventano problemi politici grazie agli attori che li evidenziano, li definiscono e li presentano come richiedenti l'attenzione e l'intervento del governo o degli enti pubblici. Questa idea si inserisce nel quadro del costruttivismo moderato, che riconosce sia l'esistenza di eventi oggettivi nel mondo reale sia il ruolo attivo degli attori sociali nell'interpretare, definire e costruire questi eventi come problemi politici. Questo processo di costruzione è influenzato da molti fattori, come gli interessi degli attori, i valori culturali, le ideologie politiche, i vincoli istituzionali e le relazioni di potere.
Prendiamo l'esempio degli organismi geneticamente modificati (OGM) in agricoltura. Questo tema complesso viene percepito e definito in modi diversi da attori e contesti diversi. Per alcuni, gli OGM sono innanzitutto una questione agricola: si chiedono se questa tecnologia permetterà o meno di aumentare la produttività agricola. Altri vedono gli OGM da un punto di vista ambientale. Alcuni si preoccupano del rischio di inquinamento genetico causato da incroci involontari con piante non modificate. D'altro canto, altri sottolineano i potenziali benefici degli OGM per l'ambiente, come la riduzione dell'uso di erbicidi. C'è anche chi vede gli OGM attraverso il prisma della salute pubblica. Per loro, il dibattito non riguarda la produttività agricola o le questioni ambientali, ma il modo in cui il nostro corpo reagisce agli OGM. Si interrogano sul rischio di sviluppare allergie a determinati OGM una volta che questi sono stati incorporati nella nostra dieta, direttamente o attraverso l'alimentazione del bestiame. Infine, alcuni stakeholder definiscono il problema degli OGM principalmente in termini economici e di potere. Per loro, il nocciolo del dibattito riguarda le grandi aziende biotecnologiche, come la Monsanto. Esse ritengono che queste aziende, principalmente nordamericane, rischino di creare una dipendenza economica controllando il mercato delle sementi, creando così un'asimmetria tra il mercato nordamericano e quello di altre regioni come l'America Latina, l'India e l'Europa.
In questo caso, gli OGM (organismi geneticamente modificati) possono essere percepiti e costruiti in modo molto diverso a seconda degli attori coinvolti, dei loro interessi specifici e dei loro quadri di riferimento.
- Per alcuni, il dibattito sugli OGM è principalmente agricolo, e si concentra sull'impatto della tecnologia sulla produttività agricola.
- Per altri si tratta di una questione ambientale, incentrata sui rischi di inquinamento genetico o sulla possibilità di ridurre l'uso di erbicidi.
- Alcuni la vedono dal punto di vista della salute pubblica, concentrandosi sui potenziali effetti degli OGM sulla salute umana, in particolare sul rischio di allergie.
- Infine, c'è chi affronta la questione da un punto di vista economico e politico, concentrandosi sull'influenza delle grandi aziende biotecnologiche e sul rischio di squilibri economici globali.
Questa molteplicità di prospettive illustra il concetto di costruttivismo in politica: il significato e l'importanza di un problema sono socialmente costruiti, non oggettivamente dati. Dimostra inoltre quanto il processo di definizione dell'agenda e di definizione di un problema sia complesso e soggetto a continue lotte e negoziazioni tra diversi attori con interessi e prospettive differenti.
Il modo in cui un problema viene percepito e definito può influenzare notevolmente la sua presenza nell'agenda politica. Nel caso degli alimenti GM, è probabile che diverse dimensioni del problema catturino l'attenzione dei responsabili politici. Tuttavia, la percezione della gravità del problema varia notevolmente a seconda delle dimensioni considerate. Ad esempio, se la questione degli OGM viene considerata principalmente dal punto di vista ambientale, può acquisire maggiore visibilità, soprattutto a causa della crescente importanza della tutela ambientale nell'opinione pubblica e nelle priorità politiche. D'altro canto, se il dibattito si concentra sulle disuguaglianze economiche potenzialmente causate dal dominio di alcune grandi aziende, la questione può essere percepita come più complessa o conflittuale e, di conseguenza, può incontrare maggiori resistenze al suo ingresso nell'agenda politica.
La nozione di framing è un aspetto fondamentale dell'analisi delle politiche pubbliche. Questo concetto si riferisce al modo in cui un problema viene presentato o interpretato. L'inquadramento di una questione può influenzare fortemente il modo in cui essa viene percepita, compresa e considerata prioritaria dai responsabili politici, dai media e dal pubblico. Nel contesto delle politiche pubbliche, il framing può essere una strategia utilizzata da vari attori (ad esempio, gruppi di interesse, ricercatori, politici, giornalisti) per evidenziare alcuni aspetti di un problema, sminuendone o omettendone altri. Scegliendo attentamente come inquadrare un problema, questi attori possono contribuire a determinare se e come un problema viene affrontato nel processo decisionale. Pertanto, comprendere i meccanismi di framing ed essere in grado di utilizzarli efficacemente è un'abilità essenziale per coloro che desiderano influenzare l'agenda politica.
Riconoscimento e considerazione delle questioni pubbliche
L'inserimento di una questione nell'agenda politica è un processo complesso e sfaccettato, e non c'è garanzia che una determinata questione superi tutte le fasi necessarie. Affinché una questione venga riconosciuta e affrontata nello sviluppo delle politiche, deve superare una serie di ostacoli. Il primo passo è solitamente quello di portare il problema all'attenzione del pubblico e dei responsabili politici. Ciò può comportare una maggiore consapevolezza del problema, la mobilitazione del sostegno degli stakeholder e la presentazione di argomenti convincenti sull'urgenza e l'importanza del problema. La seconda fase consiste spesso nel definire chiaramente il problema e proporre soluzioni praticabili. Ciò può comportare ricerche, consultazioni e talvolta negoziazioni per superare opinioni diverse e interessi contrastanti. Anche una volta compiuti questi passi, il problema deve essere inserito nell'agenda politica, il che spesso richiede il sostegno dei responsabili politici. A volte, nonostante i migliori sforzi dei sostenitori, un problema può essere spinto fuori dall'agenda politica a causa di vincoli politici, risorse limitate o altre priorità concorrenti. Infine, una volta che una questione è entrata nell'agenda politica, le politiche per affrontarla devono essere sviluppate, adottate e attuate. Ogni fase di questo processo presenta sfide e potenziali ostacoli. Quindi, anche se un problema viene identificato e c'è consenso sulla necessità di affrontarlo, non c'è garanzia che raggiunga la fase delle politiche pubbliche. Ecco perché è importante capire come funziona il processo politico e impegnarsi attivamente in ogni fase per massimizzare le possibilità di successo.
Questo diagramma rappresenta il lungo percorso che i promotori di un problema pubblico devono seguire per costruirlo.
Spostare il problema dalla sfera privata a quella pubblica
Il passaggio dalla sfera privata a quella pubblica è spesso il risultato di una presa di coscienza collettiva, di una mobilitazione delle parti interessate o di un evento scatenante. È in questa fase che un problema privato o individuale si trasforma in un problema sociale che richiede una risposta politica o collettiva. Ad esempio, una malattia che colpisce privatamente un gran numero di individui può essere riconosciuta come un problema di salute pubblica che richiede un'azione collettiva, una ricerca medica più intensa o politiche pubbliche specifiche. Allo stesso modo, una situazione di disuguaglianza sociale può essere inizialmente percepita come una situazione individuale o privata, ma una volta riconosciuta come sistemica o strutturale, può trasformarsi in un problema pubblico che richiede una risposta politica. Questo passaggio da privato a pubblico è spesso facilitato da attori sociali, come associazioni, gruppi di pressione o attivisti, che lavorano per rendere visibile il problema, sensibilizzare l'opinione pubblica e i decisori politici e mobilitare il sostegno necessario affinché il problema venga riconosciuto come una questione pubblica che richiede un'azione collettiva. Spesso si parla di "mettere il problema all'ordine del giorno".
La prima fase della trasformazione di un problema privato in un problema pubblico è spesso la più difficile. La mancanza di riconoscimento sociale del problema è un ostacolo importante in questa fase. La mobilitazione individuale è spesso difficile, perché le persone possono non rendersi conto che il loro problema è condiviso da altri, oppure possono sentirsi isolate o impotenti. Inoltre, può esserci uno stigma sociale o una mancanza di comprensione che impedisce alle persone di parlare apertamente del loro problema. Diversi fattori possono contribuire alla mancanza di riconoscimento sociale di un problema. Ad esempio, la mancanza di visibilità può impedire alle persone di rendersi conto della portata del problema. Il problema può anche essere ignorato o minimizzato, per mancanza di informazioni o a causa di pregiudizi o atteggiamenti sfavorevoli nei confronti delle persone colpite. Anche la mancanza di mobilitazione individuale o collettiva può giocare un ruolo importante. Senza una voce che esprima il problema e lo porti all'attenzione dell'opinione pubblica, è facile che rimanga nell'ombra. Le organizzazioni non governative, i gruppi per i diritti e gli attivisti spesso svolgono un ruolo cruciale in questa fase, dando visibilità al problema, mobilitando il sostegno e sostenendo il riconoscimento del problema come questione pubblica. L'obiettivo è spostare il problema dalla sfera privata a quella pubblica, per farlo riconoscere come un problema sociale che richiede una risposta collettiva o politica.
Trasformare una situazione privata in una questione pubblica spesso richiede l'intervento di uno o più attori influenti per garantire che il problema venga riconosciuto su scala più ampia. Nel caso della violenza domestica, dell'incesto o del doping nello sport, sebbene questi problemi siano statisticamente significativi, sono spesso nascosti nella sfera privata, il che rende difficile riconoscerli come problemi sociali. Tuttavia, l'intervento di un personaggio pubblico - ad esempio un politico che rivela di essere stato vittima di violenza domestica - può catalizzare l'attenzione sul problema. Questa rivelazione può essere l'innesco che porta i media, i partiti politici e l'opinione pubblica a riconoscere il problema. Il fenomeno dell'improvvisa e collettiva presa di coscienza della portata di un problema viene talvolta definito "effetto rivelazione". Questo effetto può essere innescato da un evento importante, da una rivelazione, da uno scandalo o da un personaggio pubblico che parla. Una volta che un problema è stato portato all'attenzione dell'opinione pubblica in questo modo, è più probabile che venga preso in considerazione dai decisori politici e che diventi oggetto di azione pubblica. Questa dinamica evidenzia l'importanza del ruolo dei media, degli attori politici e degli attivisti nel dare forma alle questioni pubbliche.
L'inserimento in agenda da parte delle autorità politiche
Una volta che una questione è riconosciuta come problema sociale o collettivo, deve fare un ulteriore passo avanti per essere considerata un problema pubblico. Ciò significa che viene considerato come un problema che richiede una soluzione politica o governativa, piuttosto che una semplice risposta da parte della società civile o delle organizzazioni non governative. In questo processo, il problema deve essere sufficientemente grave, urgente o diffuso da giustificare l'intervento delle autorità pubbliche. È essenziale sottolineare che non tutti i problemi sociali diventano problemi pubblici. Spesso è necessaria una mobilitazione continua degli attori interessati, una copertura mediatica del problema e la volontà politica di rispondere. Si tratta quindi di una fase delicata del processo di costruzione del problema, in quanto si tratta di convincere un pubblico più ampio e i decisori politici dell'importanza e della necessità di affrontare la questione a livello politico e istituzionale. Gli attori coinvolti in questa fase possono essere diversi, dai gruppi di interesse ai media, dagli esperti ai politici stessi.
È importante capire che il fatto che una questione sia identificata come problema sociale o pubblico non garantisce automaticamente che diventi una priorità politica o che compaia nell'agenda politica. La definizione dell'agenda politica è un processo complesso che dipende da molti fattori. Può includere l'ambiente politico attuale, le priorità del governo, le risorse disponibili, l'opinione pubblica, le campagne di advocacy, gli eventi recenti, ecc. In alcuni casi, sebbene la questione sia riconosciuta come un problema che richiede un intervento politico, può essere messa in ombra da altre questioni ritenute più urgenti o rilevanti. D'altra parte, alcune questioni possono essere politicamente sensibili e provocare resistenze o controversie, che possono anche ritardare o impedire la loro inclusione nell'agenda politica. È anche importante notare che l'agenda politica è dinamica e soggetta a cambiamenti. Di conseguenza, una questione che al momento non è considerata una priorità politica può diventarlo in un secondo momento a causa di cambiamenti nel contesto politico, sociale o economico.
Alcuni temi sensibili, come le associazioni di pedofili e il lavoro minorile, pur essendo ampiamente riconosciuti come gravi problemi della società, possono avere difficoltà a entrare nell'agenda politica per una serie di motivi. Ciò può essere dovuto alla natura sensibile di questi temi, che può rendere la loro gestione politicamente complessa e potenzialmente controversa. I politici possono essere riluttanti ad affrontare questi temi di petto a causa delle potenziali conseguenze sulla loro immagine pubblica e sul loro sostegno elettorale. D'altro canto, può mancare la volontà politica di affrontare questi problemi, soprattutto se la loro soluzione richiede risorse significative o profondi cambiamenti strutturali nella società o nell'economia.
Il concetto di "non definizione dell'agenda" o "non decisione" è molto importante nell'analisi delle politiche pubbliche. Si riferisce alla situazione in cui, pur riconoscendo la gravità di un problema, questo non viene trattato come una priorità o non viene affrontato affatto dalle autorità politiche.
Ci sono diverse ragioni per cui un problema può essere omesso dall'agenda politica:
- Le possibili soluzioni sono controverse o politicamente rischiose: se la soluzione di un problema richiede un'azione che probabilmente sarà impopolare o controversa, i politici possono scegliere di non metterla in agenda per evitare costi politici.
- Mancanza di risorse: la soluzione di un problema può richiedere un notevole investimento di tempo, denaro e altre risorse. Se queste risorse non sono disponibili o potrebbero essere utilizzate meglio altrove, il problema può essere omesso dall'agenda.
- Soluzioni complesse o incerte: se un problema è particolarmente complesso o le soluzioni non sono chiare, i politici possono decidere di non metterlo all'ordine del giorno finché non si trova una soluzione più chiara.
- Mancanza di sostegno da parte dell'opinione pubblica: affinché un problema venga inserito nell'agenda, in genere deve esserci un certo livello di sostegno da parte dell'opinione pubblica. Se il pubblico non percepisce la questione come prioritaria, può essere difficile per i politici giustificare l'inserimento in agenda.
- Influenza da parte di gruppi di pressione o interessi particolari: in alcuni casi, gruppi di pressione o interessi particolari possono usare la loro influenza per impedire che una questione venga messa all'ordine del giorno.
Queste "non decisioni" hanno importanti implicazioni per la democrazia e la governance, in quanto possono permettere che gravi problemi rimangano irrisolti.
Uno degli articoli più citati nella scienza politica è quello di Peter Bachrach e Morton Baratz del 1962, che avanza l'idea che il potere si manifesti non solo nelle decisioni che vengono prese, ma anche nell'arte di controllare l'agenda politica.[1] Secondo Bachrach e Baratz, ci sono due facce del potere. Il primo è la capacità di influenzare le decisioni che vengono prese, cioè di garantire che determinate azioni vengano intraprese dalle istituzioni politiche. Questa è la forma di potere più visibile e più spesso analizzata. Tuttavia, essi sostengono che esiste un secondo aspetto del potere, forse ancora più importante: la capacità di controllare l'agenda e di determinare quali questioni e argomenti saranno o meno discussi nell'arena pubblica. Questa seconda faccia del potere è molto più sottile e difficile da individuare, perché riguarda le "non-decisioni", cioè le questioni che vengono intenzionalmente o sistematicamente evitate o escluse dall'agenda politica. Ad esempio, un potente gruppo di interesse può esercitare il suo potere non solo influenzando le decisioni politiche a suo favore, ma anche facendo in modo che alcune questioni che potrebbero minacciare i suoi interessi non vengano affrontate o discusse pubblicamente. Questo approccio è stato estremamente influente nello studio del potere e dell'influenza nella scienza politica e nella sociologia e rimane centrale nell'analisi contemporanea delle politiche pubbliche.
L'atto di "non decisione", ovvero la scelta deliberata di non inserire una questione specifica nell'agenda politica, è di per sé una forma di azione politica. Si tratta di quella che viene spesso definita "politica dell'inazione". È una decisione passiva che ha conseguenze altrettanto importanti di un processo decisionale attivo. In altre parole, quando i politici scelgono di non affrontare un problema, stanno prendendo una decisione predefinita su come quel problema sarà affrontato: rimarrà non affrontato o sarà lasciato ad altri attori, siano essi individui, organizzazioni non governative o il mercato. Non agendo, le autorità politiche decidono di fatto di mantenere lo status quo o di lasciare che il problema si risolva da solo, con conseguenze molto concrete. Ad esempio, una "non decisione" sulla regolamentazione delle emissioni di gas serra contribuisce implicitamente al problema del cambiamento climatico. Ecco perché l'analisi delle "non decisioni" è un aspetto importante dello studio delle politiche pubbliche e del potere politico. Ci permette di capire non solo cosa fanno i governi, ma anche cosa non fanno e perché.
Anche se un problema sociale riesce a essere tematizzato e a entrare nell'agenda politica, ciò non garantisce che vengano adottate misure concrete per risolverlo. Passare alla fase di formulazione di una politica pubblica comporta spesso una serie di negoziati e compromessi tra i diversi attori politici e richiede generalmente un certo livello di consenso. Se questo consenso manca, o se le opinioni divergono troppo sul modo migliore di affrontare il problema, il processo può ristagnare. In questo caso, sebbene il problema sia riconosciuto come una questione di azione pubblica, non viene adottata alcuna politica specifica per affrontarlo. Si tratta di uno scenario comune a molti settori delle politiche pubbliche, dove il dibattito e le controversie possono impedire l'avanzamento di potenziali soluzioni. La questione può rimanere a lungo nell'agenda politica, senza che venga intrapresa alcuna azione concreta. Questo può portare alla frustrazione degli stakeholder e dell'opinione pubblica e contribuire a un senso di stasi politica.
L'esempio dell'assicurazione di maternità è una perfetta illustrazione di quanto lungo e complesso possa essere il processo di attuazione di una politica pubblica. Nonostante il riconoscimento costituzionale, ci sono voluti diversi decenni prima che la maternità fosse riconosciuta come una condizione meritevole di copertura assicurativa. La tassa Tobin sulle transazioni finanziarie è un altro esempio della difficoltà di trasformare un concetto in una politica attuata. Proposta per la prima volta nel 1972 dall'economista James Tobin, la tassa avrebbe lo scopo di ridurre la speculazione sui mercati finanziari tassando le transazioni internazionali. Nonostante il sostegno di alcune figure e organizzazioni politiche, non è mai stata attuata su scala globale, dimostrando ancora una volta la complessità dei processi politici.
La definizione di un problema pubblico è un processo complesso che richiede varie fasi per essere superato. I ricercatori di politiche pubbliche interessati al modo in cui i problemi vengono costruiti e messi all'ordine del giorno cercano di capire le dimensioni che gli attori manipolano per costruire un problema e come riescono a metterlo all'ordine del giorno. Ciò comporta l'identificazione degli elementi chiave che determinano il modo in cui un problema viene percepito e compreso, e i fattori che facilitano o ostacolano la sua inclusione nell'agenda politica. Si tratta di fattori quali la presenza o l'assenza di consenso pubblico o politico, la gravità percepita del problema, la disponibilità di soluzioni praticabili e gli interessi politici, economici o sociali in gioco. Queste dimensioni possono variare notevolmente a seconda del contesto e del problema specifico e la comprensione di queste dinamiche è essenziale per chi cerca di influenzare l'agenda politica.
Strategia di costruzione del problema
La ricerca empirica suggerisce che le questioni che riescono a entrare nell'agenda politica hanno spesso determinate caratteristiche. Non si tratta necessariamente di caratteristiche oggettive, ma di caratteristiche che possono essere costruite.
Etichettare il problema
Una caratteristica comune dei problemi che entrano nell'agenda politica è che spesso vengono presentati come particolarmente gravi. Chi cerca di promuovere il problema cerca di persuadere i responsabili politici della gravità della situazione e delle conseguenze potenzialmente drammatiche dell'inazione. Questo serve a infondere un senso di urgenza e a incoraggiare i decisori ad agire per prevenire o mitigare queste conseguenze negative.
La scelta dei termini utilizzati per descrivere un problema può influenzare notevolmente la percezione della sua gravità. Utilizzando etichette forti o allarmanti, chi cerca di inserire un problema nell'agenda politica rafforza l'idea della gravità della situazione e delle conseguenze potenzialmente disastrose dell'inazione. L'uso della giusta terminologia è quindi fondamentale per attirare l'attenzione dei decisori e del pubblico e per aumentare la consapevolezza collettiva del problema.
Definire la portata del problema
La seconda dimensione, quella della portata, è complementare alla prima. Essa solleva la questione dell'entità dell'impatto del problema: quante persone sono colpite e in che misura? In teoria, più persone colpiscono un problema, più è probabile che attiri l'attenzione dei decisori politici. Tuttavia, l'impatto di un problema non può essere misurato solo in termini di numero di persone colpite. Anche la natura stessa delle persone colpite, cioè il loro status, il loro ruolo nella società o la loro vulnerabilità, può giocare un ruolo determinante nell'assegnare importanza politica al problema.
Un'analisi particolarmente interessante è stata fatta sull'attenzione riservata all'AIDS dai politici del Congresso degli Stati Uniti. Oggi, sebbene l'AIDS non sia un argomento dominante nei nostri dibattiti pubblici, è interessante notare che non sempre esiste una correlazione diretta tra la portata oggettiva di un problema di salute pubblica e l'attenzione che riceve dai politici.
Questi ricercatori hanno scoperto che l'attenzione prestata al problema dell'AIDS dal Congresso degli Stati Uniti e il budget stanziato per combatterlo sono variati significativamente nel tempo. Si sono quindi chiesti quali fattori spiegano queste variazioni. La loro analisi ha rivelato che questi cambiamenti sono stati in gran parte influenzati dalla percezione di chi era colpito dal problema dell'AIDS. In altre parole, il modo in cui il problema è stato "inquadrato" o "presentato" politicamente e il modo in cui i gruppi di interesse e le associazioni hanno definito le vittime dell'AIDS, hanno giocato un ruolo cruciale nel determinare l'attenzione data al problema dai politici.
All'inizio dell'epidemia di AIDS, il problema era spesso percepito come un problema che riguardava principalmente alcuni gruppi emarginati, come gli uomini omosessuali o i consumatori di droghe per via endovenosa. Tuttavia, con il progredire dell'epidemia, è diventato chiaro che il virus stava colpendo una popolazione molto più ampia. Quando l'AIDS ha cominciato a essere percepito come un problema che riguardava un pubblico più ampio, compresi gli eterosessuali e i bambini, sono aumentati l'attenzione dei politici e i fondi stanziati per combatterlo. Questo esempio illustra come la percezione del pubblico di un problema - chi ne è colpito - possa influenzare l'attenzione politica ad esso dedicata. Questa percezione del pubblico può essere influenzata dal modo in cui il problema viene "inquadrato" o "presentato" nel discorso politico e dai gruppi di interesse.
Quando l'AIDS era associato principalmente a gruppi socialmente emarginati o stigmatizzati, come gli omosessuali e i consumatori di droghe per via endovenosa, c'era meno volontà politica di affrontare seriamente il problema. Una parte della retorica dell'epoca era estremamente pregiudizievole e suggeriva che l'AIDS potesse essere una forma di "autoeliminazione" per questi gruppi emarginati. Questi atteggiamenti hanno contribuito alla mancanza di attenzione e di risorse dedicate alla lotta contro l'AIDS.
Nel 1991, la rivelazione di Magic Johnson di essere stato diagnosticato come sieropositivo ha cambiato radicalmente la percezione dell'HIV/AIDS. Fino ad allora, l'HIV/AIDS era stato ampiamente considerato come una malattia che colpiva principalmente la comunità gay e i tossicodipendenti. Ma quando Magic Johnson, uno sportivo molto rispettato e noto per il suo comportamento eterosessuale, rivelò di essere affetto da HIV, cambiò il modo in cui la malattia veniva percepita e compresa dal grande pubblico. Questo annuncio ha contribuito ad ampliare la portata del problema, dimostrando che l'HIV/AIDS non era limitato ad alcuni gruppi emarginati, ma poteva colpire chiunque, compresi gli atleti di fama mondiale. Ciò ha portato a un significativo aumento della consapevolezza e dell'attenzione nei confronti dell'HIV/AIDS, non solo negli Stati Uniti ma in tutto il mondo. Ciò ha portato a un aumento dei finanziamenti per la ricerca e lo sviluppo di terapie, nonché per i programmi di prevenzione ed educazione. Questo è un esempio lampante di come la percezione di chi è colpito da un problema possa influenzare l'attenzione politica e le risorse destinate alla sua risoluzione.
La rivelazione che il virus dell'HIV/AIDS aveva infettato la comunità degli emofilici attraverso trasfusioni di sangue contaminato ha segnato una nuova fase nella percezione pubblica e politica della malattia. Le persone affette da emofilia sono generalmente considerate pazienti innocenti che contraggono la malattia senza alcuna colpa, in contrasto con il pregiudizio spesso associato alle comunità omosessuali e ai tossicodipendenti. Questa nuova udienza ha richiamato l'attenzione sui problemi sistemici del sistema sanitario e sulla sicurezza del sangue. Ha inoltre evidenziato la necessità di una politica di salute pubblica più solida per prevenire la diffusione del virus, tra cui un migliore screening del sangue e protocolli di trattamento più sicuri. Pertanto, l'allargamento del pubblico dell'HIV/AIDS a gruppi più ampi e diversificati della società ha svolto un ruolo fondamentale nell'aumentare l'attenzione politica alla malattia e nella formulazione di politiche più efficaci per combatterla.
L'identificazione di un pubblico interessato a un problema è un passo fondamentale per attirare l'attenzione politica su una determinata questione. Quanto più ampia e diversificata è la gamma di persone interessate, tanto più è probabile che il problema venga riconosciuto come una questione di interesse pubblico che richiede l'intervento del governo. La strategia per allargare il campo d'azione può includere vari gruppi sociali. I gruppi interessati possono essere definiti da caratteristiche comuni, come la malattia, la professione, l'orientamento sessuale, l'età o persino il luogo di residenza. Inoltre, questo perimetro può evolversi nel tempo, a seconda delle nuove informazioni disponibili, degli sviluppi della società o delle azioni di diversi attori, siano essi vittime, gruppi di sostegno, ricercatori, giornalisti o politici. Questi attori possono utilizzare diversi mezzi per sensibilizzare l'opinione pubblica e la politica su un problema, come campagne di sensibilizzazione, testimonianze, studi scientifici, servizi giornalistici, attività di lobbying o manifestazioni. Quando la portata del problema si allarga e si presta maggiore attenzione, aumentano le possibilità che venga inserito nell'agenda politica e che vengano adottate misure per risolverlo.
Caratterizzazione della novità del problema
La novità di un problema può attirare una maggiore attenzione da parte dei responsabili politici e del pubblico. L'interesse per i nuovi problemi può essere legato a una serie di fattori.
In primo luogo, i nuovi problemi possono sembrare più urgenti o importanti perché sono percepiti come minacce emergenti che richiedono una risposta rapida. Inoltre, possono essere meno gravati da controversie o dibattiti politici del passato, il che può facilitare il processo decisionale. In secondo luogo, i politici possono essere interessati ai nuovi problemi perché offrono l'opportunità di distinguersi e di dimostrare la propria leadership. Possono presentare le soluzioni a questi problemi come innovazioni politiche e usarle per rafforzare la loro immagine pubblica. Infine, i nuovi problemi possono catturare l'attenzione dei media e dell'opinione pubblica, spesso attratta da argomenti nuovi e di attualità. Ciò può creare una pressione pubblica affinché i decisori politici agiscano. Tuttavia, il fatto che un problema sia nuovo non garantisce che venga affrontato. Molti altri fattori, come la gravità del problema, il numero di persone interessate e la disponibilità di possibili soluzioni, possono influenzare il modo in cui le questioni vengono affrontate nell'agenda politica.
Le questioni ambientali e di inquinamento hanno seguito questa traiettoria, reinventandosi costantemente per rimanere rilevanti nell'agenda pubblica e politica. L'inquinamento atmosferico è stato inizialmente visto come un problema localizzato (smog urbano), ma in seguito è stato riconfigurato come una minaccia per le foreste e infine come un fattore che contribuisce al cambiamento climatico globale. In modo simile, l'attuale dibattito sulle polveri sottili e sull'inquinamento atmosferico nelle aree urbane rappresenta una nuova iterazione di questo problema persistente. Riformulando il problema dell'inquinamento atmosferico in termini di salute pubblica, gli attivisti ambientali sono riusciti a mantenere la questione nell'agenda pubblica e politica. Ciò illustra una tattica chiave utilizzata da coloro che cercano di influenzare l'agenda politica: riformulare e ridefinire costantemente un problema per mantenerlo all'ordine del giorno. Questo processo può comportare l'identificazione di nuove dimensioni del problema, il collegamento del problema ad altri problemi percepiti come più urgenti o l'evidenziazione dell'impatto del problema su nuovi gruppi di persone. La capacità di riformulare efficacemente un problema è spesso cruciale per attirare l'attenzione dei media, del pubblico e dei politici. È un'abilità fondamentale per chi fa campagne, lobbisti e altri che cercano di influenzare l'agenda politica.
Rappresentazione della situazione problematica
L'urgenza di un problema è un'altra dimensione critica che può influenzare la sua priorità nell'agenda politica. Rappresentando una situazione come una crisi, gli stakeholder possono creare ulteriore pressione per un rapido intervento politico. Questo può aiutare a superare l'inerzia politica e incoraggiare un'azione immediata. La rappresentazione di una situazione come una crisi può essere alimentata da vari fattori, come l'apparente portata del problema, l'entità del suo impatto, la velocità con cui si sta aggravando o la percezione che l'inazione possa avere conseguenze negative significative. Questa percezione può essere rafforzata da messaggi allarmistici dei media, dall'attenzione del pubblico, da prove o studi scientifici o da eventi drammatici legati al problema. Tuttavia, va notato che l'uso della retorica della crisi può avere effetti dannosi. Se usata in modo eccessivo o ingiustificato, può contribuire al cinismo generale e alla stanchezza da crisi tra l'opinione pubblica e i politici, che possono in ultima analisi minare l'efficacia della strategia.
La natura di alcuni problemi si presta più facilmente alla costruzione dell'urgenza. Eventi drammatici come attacchi terroristici o epidemie provocano generalmente una risposta politica immediata a causa del loro impatto improvviso e potenzialmente devastante. D'altra parte, i problemi che si sviluppano più lentamente o in modo meno visibile possono essere più difficili da rappresentare come urgenti. Ad esempio, il graduale degrado del paesaggio può non sembrare immediatamente minaccioso per molti cittadini o politici. Tuttavia, se non trattato, potrebbe avere conseguenze a lungo termine per l'ambiente, il benessere umano e l'economia. In questi casi, le parti interessate devono spesso ricorrere a strategie creative per sottolineare l'urgenza della situazione. Ciò può comportare l'utilizzo di prove scientifiche, l'evidenziazione delle conseguenze potenzialmente gravi a lungo termine dell'inazione o il collegamento del problema ad altre questioni più visibili o urgenti. Per esempio, la Fondazione svizzera per la tutela del paesaggio potrebbe collegare il degrado del paesaggio a problemi più immediati come la perdita di biodiversità, l'aumento delle inondazioni dovute all'erosione del suolo o l'impatto sul turismo e sull'economia locale.
Nel complesso mondo delle politiche pubbliche, la competizione per l'attenzione e le risorse è spesso feroce. Ci sono molte questioni importanti che devono essere affrontate, ma le risorse (siano esse tempo, denaro o volontà politica) sono limitate. Ciò è particolarmente vero in tempi di crisi o quando si presentano altre questioni più urgenti o visibili. Per evitare di essere messi in ombra da altre questioni, i sostenitori possono dover lottare continuamente per mantenere il loro problema nell'agenda pubblica. Ciò può comportare varie strategie, come la costruzione di alleanze con altri gruppi, la ricerca di un sostegno popolare o mediatico, o l'esercizio di pressioni sui politici. Tuttavia, anche con questi sforzi, può essere difficile per alcune questioni ottenere l'attenzione e le risorse necessarie per essere affrontate in modo efficace, soprattutto se sono percepite come meno urgenti o meno direttamente collegate agli interessi immediati del pubblico o dei politici.
Identificare le cause del problema
Quando si costruisce un problema pubblico, si definiscono due aspetti essenziali: le cause del problema e coloro che ne subiscono le conseguenze. Specificando le cause, identifichiamo e puntiamo il dito contro gli attori che, nel discorso politico, possono essere considerati responsabili o addirittura colpevoli del problema. Si tratta di determinare quali cause siamo in grado di proporre per spiegare la natura del problema che stiamo cercando di risolvere.
L'identificazione delle cause di un problema è un passo cruciale nello sviluppo delle politiche pubbliche. Il modo in cui vengono definite le cause ha un impatto diretto sul tipo di soluzioni che verranno proposte e sugli attori che saranno coinvolti nella loro attuazione. Anche le responsabilità assegnate in questa fase possono avere implicazioni politiche significative. Prendiamo l'esempio del dibattito seguito al crollo delle case dopo un terremoto in Marocco. Le interpretazioni sulle cause di questo evento possono variare notevolmente e portare a diverse proposte di soluzione. Se il terremoto viene visto come un incidente naturale imprevedibile e incontenibile, ciò porta a un approccio resiliente alle politiche pubbliche. In questo scenario, l'accento verrebbe posto su misure quali il miglioramento della preparazione alle emergenze, la formazione dei residenti alla risposta ai terremoti e lo sviluppo di piani di risposta post-catastrofe. Se invece si ritiene che il crollo delle case sia dovuto alla negligenza dello Stato o di altri attori locali, si apre la strada a un approccio preventivo e normativo. Le soluzioni previste potrebbero includere lo sviluppo di norme edilizie antisismiche più severe, la designazione di zone non edificabili su terreni particolarmente sismici e l'applicazione di sanzioni ai soggetti che non rispettano tali norme. In conclusione, il modo in cui viene definita la causa di un problema pubblico influenza direttamente i tipi di soluzioni che verranno proposte, nonché gli attori che saranno coinvolti nell'attuazione di tali soluzioni. È quindi essenziale comprendere e analizzare le cause di un problema prima di formulare politiche pubbliche per affrontarlo.
È vero che attribuire la causa di un problema a un'azione intenzionale può influenzare notevolmente la natura delle politiche pubbliche previste e la responsabilità degli attori coinvolti. Se, nel caso del crollo di case dopo un terremoto, lo Stato avesse delimitato delle zone sismiche e adottato standard edilizi più severi per queste zone, ma queste misure fossero state deliberatamente ignorate o aggirate, ciò potrebbe dare origine a misure punitive e a normative più severe. Ad esempio, se i promotori immobiliari o i costruttori ignorassero intenzionalmente queste norme per massimizzare i loro profitti, potrebbero essere ritenuti responsabili e incorrere in sanzioni legali. Inoltre, lo Stato potrebbe inasprire i regolamenti e i controlli edilizi nelle zone sismiche per prevenire futuri crolli di case. Allo stesso modo, se lo Stato stesso viene ritenuto responsabile di non aver attuato o applicato correttamente le proprie norme, ciò potrebbe portare a cambiamenti nella governance, come l'introduzione di nuovi meccanismi di responsabilità o la modifica dei processi di approvazione delle costruzioni. Tuttavia, qualunque sia la causa attribuita al problema, è essenziale affrontare la situazione in modo olistico, prendendo in considerazione non solo le cause, ma anche gli effetti e i fattori sottostanti. Questo aiuterà a creare soluzioni più efficaci e sostenibili al problema nel lungo periodo.
I problemi che possono essere attribuiti a una causa intenzionale sono spesso più facilmente riconosciuti e affrontati perché hanno colpevoli chiaramente identificati. Questo dà ai politici la possibilità di rispondere al problema, sia con sanzioni legali, sia con una maggiore regolamentazione o con incentivi a cambiare comportamento. L'attribuzione di una causa intenzionale può anche suscitare una risposta emotiva più forte da parte del pubblico, che può aumentare la pressione sui responsabili politici affinché agiscano. La rabbia, l'indignazione e il desiderio di giustizia possono essere potenti fattori che spingono a mettere un problema all'ordine del giorno e a motivare l'azione. Tuttavia, è importante notare che la causalità intenzionale può anche avere conseguenze negative. Ad esempio, può contribuire alla stigmatizzazione di alcuni gruppi, creare divisioni all'interno della società e rendere più difficile trovare soluzioni costruttive. Può anche distrarre l'attenzione da cause più complesse o strutturali che devono essere affrontate. Infine, è importante garantire che l'attribuzione di una causa intenzionale sia basata su prove solide. Accusare falsamente individui o gruppi può portare all'ingiustizia e alla sfiducia nelle istituzioni che dovrebbero risolvere il problema.
Quando si legge la stampa e si viene a conoscenza di problemi pubblici, è importante analizzare e comprendere le cause presentate. Ciò implica non solo discernere se la causa attribuita sia accidentale, negligente o intenzionale, ma anche esaminare criticamente le prove presentate a sostegno di questa attribuzione. Tenendo presente che i problemi attribuiti a una causa intenzionale possono avere maggiori probabilità di attirare l'attenzione, dobbiamo essere vigili per garantire che questa attribuzione non venga utilizzata per sensazionalizzare o stigmatizzare indebitamente alcuni gruppi. È inoltre essenziale riconoscere che molti problemi pubblici sono complessi e possono essere influenzati da una combinazione di cause accidentali, negligenti e intenzionali. In definitiva, una lettura critica delle informazioni è necessaria per comprendere le sfumature delle questioni pubbliche e per essere un cittadino informato e impegnato.
Valutazione della complessità del problema
I problemi semplici e di facile comprensione tendono a catturare più facilmente l'attenzione dell'opinione pubblica e a entrare nell'agenda politica. Ciò può essere dovuto a una serie di fattori. In primo luogo, gli esseri umani tendono naturalmente a preferire spiegazioni semplici e chiare. Siamo più inclini a comprendere e a conservare le informazioni presentate in modo conciso e diretto. Per questo motivo i messaggi politici o le campagne di sensibilizzazione basati su spiegazioni semplici e dirette tendono a essere più efficaci. In secondo luogo, le questioni complesse spesso coinvolgono molti soggetti interessati, ognuno con i propri interessi e prospettive. Questo può rendere difficile prendere decisioni e sviluppare un piano d'azione chiaro. In terzo luogo, i problemi complessi possono richiedere soluzioni altrettanto complesse, che possono richiedere tempo, risorse e sforzi significativi per essere attuate. Ciò può scoraggiare i responsabili politici dall'affrontare questi problemi. Tuttavia, è importante notare che un'eccessiva semplificazione dei problemi può anche essere dannosa. Può portare a soluzioni inefficaci o inappropriate, o a trascurare aspetti importanti del problema. È quindi fondamentale trovare un equilibrio tra semplicità e complessità quando si sviluppano le politiche e si informa il pubblico.
L'identificazione di capri espiatori o la stigmatizzazione di alcuni gruppi può essere una strategia politica utilizzata per semplificare problemi più complessi e catturare l'attenzione del pubblico. È una pratica che può portare alla polarizzazione, alla divisione e talvolta alla discriminazione. Prendiamo ad esempio la regolamentazione dei bonus dei top manager come soluzione alla crisi finanziaria. È vero che questi bonus possono incoraggiare comportamenti rischiosi e contribuire alla creazione di bolle finanziarie, ma non sono l'unica causa delle crisi finanziarie. Anche altri fattori, come una vigilanza finanziaria inadeguata, la mancanza di trasparenza nei mercati finanziari e i problemi strutturali del sistema finanziario, svolgono un ruolo importante. In questo caso, semplificare il problema e concentrarsi sui bonus dei dirigenti può distogliere l'attenzione da questi altri importanti fattori e quindi impedire l'adozione di soluzioni più complete ed efficaci. Per questo è importante che i politici, i media e il pubblico in generale comprendano la complessità delle questioni politiche ed economiche e resistano alla tentazione di cercare soluzioni semplici o di incolpare gruppi specifici per problemi complessi. In generale, è necessario un approccio più sfumato e olistico per affrontare questi problemi in modo efficace ed equo.
Quantificare il problema
La quantificazione è un aspetto essenziale della definizione del problema nelle politiche. Fornisce una misura oggettiva della portata o dell'importanza di un problema e può aiutare a identificare le aree prioritarie di intervento. Ad esempio, nella sanità pubblica, il numero di decessi o di malattie può indicare l'urgenza di affrontare una particolare malattia o condizione. Nel campo dell'economia, indicatori come il tasso di disoccupazione, il PIL o l'inflazione vengono utilizzati per valutare lo stato dell'economia e determinare le politiche necessarie.
La quantificazione può anche rendere un problema più concreto e comprensibile per il pubblico e i decisori. Può anche rendere più facile il monitoraggio e la valutazione delle politiche messe in atto per risolvere il problema. In alcuni casi, è possibile monetizzare il problema, ossia attribuirgli un valore monetario. Questo può aiutare a valutare i costi e i benefici delle diverse soluzioni proposte. Ad esempio, nel caso dei problemi ambientali, la monetizzazione dei costi dei danni ambientali può aiutare a giustificare le politiche di protezione ambientale. Tuttavia, è importante notare che non tutti i problemi possono essere facilmente quantificati o monetizzati, e alcuni aspetti importanti possono essere trascurati nel processo. Inoltre, la quantificazione e la monetizzazione possono talvolta semplificare eccessivamente un problema complesso, il che può portare a politiche inefficaci o ingiuste.
L'inquinamento atmosferico è un esempio perfetto di come la quantificazione possa aiutare a mettere un problema nell'agenda politica. Gli effetti nocivi dell'inquinamento atmosferico sulla salute umana sono ben documentati. Gli scienziati hanno stabilito legami diretti tra l'esposizione a determinate particelle sottili o sostanze radioattive e vari problemi di salute, tra cui malattie respiratorie e cardiovascolari e persino alcuni tipi di cancro. Tuttavia, questi effetti sono generalmente evidenti solo quando sono stati condotti studi epidemiologici per quantificare l'impatto dell'inquinamento atmosferico sulla salute umana. Questi studi permettono di raccogliere dati sul numero di persone colpite, sulla gravità degli effetti sulla salute e così via. In questo modo, rendono il problema più concreto e possono servire da base per invitare all'azione. Allo stesso modo, la misurazione della qualità dell'aria, ad esempio in termini di concentrazione di particelle sottili o di livelli di radioattività, permette di identificare le aree problematiche e può servire come base per lo sviluppo di politiche ambientali. Tuttavia, è anche importante notare che la quantificazione fornisce solo una parte del quadro. Non coglie necessariamente tutti gli impatti dell'inquinamento atmosferico, come gli effetti sull'ecosistema o sulla qualità della vita, e talvolta può mascherare le disuguaglianze nel modo in cui l'inquinamento atmosferico colpisce le diverse popolazioni.
La costruzione di un problema richiede una certa capacità da parte degli attori coinvolti. Questo è particolarmente vero quando è necessario raccogliere, analizzare e presentare i dati per quantificare un problema. La quantificazione di un problema può richiedere competenze specifiche, come la capacità di condurre ricerche scientifiche o analisi statistiche. Inoltre, possono essere necessarie risorse per raccogliere i dati o ricorrere a esperti per svolgere questo lavoro. Evidenziare la natura del problema è un'altra abilità importante. Ciò può comportare la capacità di raccontare storie che attirino l'attenzione sul problema, di condurre campagne di sensibilizzazione, di mobilitare il sostegno o di esercitare un'influenza politica. In definitiva, la capacità di ottenere il riconoscimento di un problema dipende in larga misura dalla capacità degli attori di navigare nel panorama politico e sociale, mobilitare le risorse necessarie e articolare efficacemente la natura e l'importanza del problema.
Gli attori principali del processo di schedulazione
Perché un problema segue questo percorso causale fino alla sua conclusione? Ciò può essere dovuto ad alcune caratteristiche intrinseche del problema che riflettono il modo in cui è strutturato dalle varie parti interessate. Tra queste potrebbero esserci la gravità del problema, la sua portata, la sua quantificazione o oggettivazione, o l'identificazione di una causa intenzionale. Inoltre, è essenziale determinare chi sono gli attori coinvolti nella costruzione di questi problemi. Chi ha la capacità di influenzare le decisioni sulla definizione del problema? In breve, dobbiamo chiederci chi è responsabile della costruzione dei problemi pubblici all'ordine del giorno.
In letteratura sono stati proposti diversi approcci e ipotesi teoriche. Cinque sono abbastanza dominanti e le prove empiriche a favore di queste ipotesi sono molto convincenti.
Modello di copertura mediatica
Secondo questo modello di mediatizzazione, i media svolgono un ruolo essenziale nella formazione dell'agenda politica. La loro capacità di focalizzare l'attenzione dell'opinione pubblica su questioni specifiche può influenzare le priorità dei decisori politici che cercano di rispondere alle preoccupazioni dei loro elettori. Questo modello può essere visto in situazioni in cui i politici danno priorità a questioni che sono ampiamente trattate dai media, anche se non sono necessariamente le più urgenti o strategicamente importanti. Ad esempio, un tema come il cambiamento climatico può rimanere ai margini dell'agenda politica fino a quando non viene ampiamente trattato dai media, aumentando la consapevolezza e la preoccupazione dell'opinione pubblica. Questo può spingere i politici ad agire, elaborando una legislazione per combattere il cambiamento climatico o impegnandosi ad adottare pratiche più ecologiche. È importante notare che il ruolo dei social media nella definizione dell'agenda politica sta diventando sempre più significativo. Le piattaforme dei social media permettono alle campagne o ai movimenti di crescere rapidamente, portando talvolta a una reazione politica. È il caso, ad esempio, del movimento "Black Lives Matter" o delle campagne di sensibilizzazione su specifici problemi di salute. Tuttavia, questo modello presenta anche dei rischi. I media possono talvolta accentuare o distorcere alcune questioni, il che può portare a una rappresentazione distorta della loro importanza o urgenza. Inoltre, il ciclo di notizie dei media è spesso molto più veloce del processo politico, il che può portare a pressioni per risposte rapide piuttosto che per soluzioni ponderate e sostenibili. In sintesi, il modello di alfabetizzazione mediatica suggerisce che l'agenda politica è fortemente influenzata dai media, ma questa influenza deve essere bilanciata da una considerazione critica e ponderata delle questioni che meritano attenzione politica.
I media svolgono un ruolo cruciale nel portare alla luce problemi che potrebbero non essere immediatamente evidenti al pubblico o ai politici. Il giornalismo investigativo ne è un esempio perfetto, dove il lavoro rigoroso e dettagliato dei giornalisti può portare alla luce scandali finanziari, politici o ambientali. Queste rivelazioni, una volta diffuse dai media, possono provocare una forte reazione da parte dell'opinione pubblica e diventare una priorità nell'agenda politica. Un esempio evidente è lo scandalo Watergate negli Stati Uniti degli anni Settanta. Il giornalismo investigativo del Washington Post mise in luce pratiche illegali ai più alti livelli del governo, portando alle dimissioni del presidente Nixon. Questo è un caso in cui i media hanno influenzato direttamente l'agenda politica. Il caso dei cani pericolosi è un altro esempio interessante. Questo problema, anche se forse considerato minore da alcuni, può improvvisamente acquisire visibilità e urgenza se i media iniziano a occuparsi di incidenti che coinvolgono cani pericolosi. Questo può portare a un appello ad agire per regolamentare in modo più severo la proprietà di alcune razze di cani.
Tuttavia, pur riconoscendo il ruolo cruciale dei media nella formazione dell'agenda politica, è anche importante ricordare che la copertura mediatica può talvolta essere selettiva e influenzata da vari fattori, come il pubblico di riferimento, l'orientamento politico dei media o gli interessi commerciali. Ciò significa che alcune questioni possono essere sovraesposte mentre altre vengono ignorate, il che a sua volta può avere un impatto sull'equilibrio dell'agenda politica.
Ipotesi di offerta politica
L'idea che l'offerta politica (cioè i temi e le questioni che i politici propongono durante le campagne elettorali) plasmi l'agenda governativa e parlamentare è un assunto ampiamente accettato. I temi prioritari di una campagna elettorale spesso riflettono le promesse fatte dai candidati all'elettorato e, una volta eletti, questi ultimi sono generalmente tenuti ad attuarle. Così, durante la campagna elettorale, i candidati evidenziano problemi specifici (come l'economia, l'istruzione, la salute, la sicurezza, ecc.) e propongono soluzioni o politiche per risolverli. Questi problemi e queste soluzioni costituiscono l'offerta politica del candidato. Se il candidato viene eletto, questi problemi diventano una priorità per il governo e il parlamento. Ci si aspetta che il politico appena eletto affronti questi problemi di petto ed è quindi probabile che cerchi di inserirli nell'agenda politica.
Questa ipotesi si basa sull'idea che i partiti politici plasmino attivamente l'agenda governativa e parlamentare evidenziando determinate questioni durante le campagne elettorali. Una volta eletti, si impegnano a mantenere le promesse elettorali, il che porta all'integrazione di questi temi nell'agenda politica. Prendiamo l'esempio dei partiti di destra radicale e delle questioni legate all'immigrazione. Questi partiti spesso attribuiscono grande importanza all'immigrazione durante le loro campagne, con proposte politiche rigorose in materia. Gli studi mostrano una forte corrispondenza tra la priorità data all'immigrazione da questi partiti durante la campagna elettorale, i loro interventi parlamentari sul tema una volta eletti e l'importanza dell'immigrazione nel dibattito pubblico e politico. Ciò suggerisce che il discorso dei partiti politici durante la campagna elettorale può essere un indicatore predittivo delle questioni che avranno la priorità nella prossima legislatura. È quindi importante, secondo questa ipotesi, esaminare attentamente le promesse elettorali dei partiti politici per capire quali temi saranno all'ordine del giorno del governo e del parlamento una volta terminate le elezioni.
Le prime due ipotesi - quella della copertura mediatica e quella dell'offerta politica - tendono a minimizzare l'influenza che attori privati o associazioni possono avere nella costruzione dei problemi pubblici. Tuttavia, è chiaro che questi gruppi, compresi i gruppi di interesse, le lobby e i gruppi di pressione, svolgono spesso un ruolo cruciale in questo processo. Un esempio di questa influenza è il modello dell'azione corporativa silenziosa. Secondo questo modello, i gruppi di interesse o le lobby possono formulare richieste specifiche che riguardano solo il loro campo di attività, ma che riescono comunque ad attirare l'attenzione dei decisori politici. Questi gruppi possono influenzare silenziosamente l'agenda politica facendo valere i loro interessi specifici, proponendo soluzioni a problemi specifici o evidenziando questioni che altrimenti sarebbero state trascurate. È quindi essenziale tenere conto dell'influenza di questi attori quando si analizza la costruzione dei problemi pubblici. Sebbene la loro influenza possa essere più discreta o specifica di quella dei media o dei partiti politici, non è meno significativa.
È comune che gruppi professionali specifici, come gli agricoltori o i banchieri, utilizzino questa strategia di definizione dell'agenda. Attraverso le loro associazioni professionali - ad esempio, l'Unione Svizzera dei Contadini, l'Associazione Svizzera dei Banchieri o l'Associazione dei Banchieri Privati - anticipano i problemi che possono riguardare direttamente il loro settore. Identificando un problema in anticipo, questi gruppi possono proporre soluzioni anche prima che il problema diventi una questione pubblica importante. Ciò consente loro di presentare richieste dirette ai partiti politici o ai dipartimenti governativi interessati, inserendo la questione nell'agenda politica. In genere, questi gruppi vogliono anche assicurarsi che la loro soluzione venga presa in considerazione dal governo. In questo modo, cercheranno di ottenere una sorta di approvazione da parte dello Stato per la soluzione del problema. Questa strategia consente loro non solo di controllare l'agenda politica, ma anche di impedire ad altri partiti di assumere il controllo della questione che li riguarda. Questo dimostra quanto possa essere decisiva l'influenza degli attori privati e delle associazioni nella definizione dei problemi pubblici.
L'azione corporativa silenziosa si esplica generalmente attraverso l'attività di lobbying, una pratica generalmente discreta e che riceve poca copertura mediatica. Queste attività, sebbene talvolta politicizzate da alcuni partiti, rimangono spesso lontane dai riflettori. Tuttavia, il loro impatto non deve essere trascurato. Spesso, infatti, queste azioni portano a inserire determinati argomenti o problemi nell'agenda del governo o del parlamento. In questo modo, questi gruppi di interesse privati sono in grado di avere una notevole influenza sul dibattito pubblico, anche se la loro attività non è sempre visibile al grande pubblico.
Influenza dei nuovi movimenti sociali
I nuovi movimenti sociali sono forme di azione collettiva che spesso emergono in risposta a specifici problemi sociali. Non sono necessariamente strutturati attorno a organizzazioni formali, ma comunque mobilitano un gran numero di persone attorno a temi o questioni particolari. Questi movimenti possono riguardare una varietà di questioni, come l'ambiente, i diritti delle donne, i diritti LGBTQ+, il razzismo, la giustizia sociale e molte altre. Spesso utilizzano tattiche non convenzionali come dimostrazioni di massa, sit-in, boicottaggi e campagne di disobbedienza civile per attirare l'attenzione sulle loro richieste. Grazie alla loro capacità di mobilitare un gran numero di persone, i nuovi movimenti sociali possono esercitare una notevole pressione sui decisori politici e influenzare l'agenda politica. In questo modo, svolgono un ruolo essenziale nel formare l'opinione pubblica e nell'evidenziare i principali problemi sociali che altrimenti potrebbero essere ignorati o marginalizzati.
Movimenti come quello antinucleare o antiglobalizzazione sono buoni esempi di questi nuovi movimenti sociali. Utilizzano metodi di azione diretta come le manifestazioni, a volte anche violente, per attirare l'attenzione su questioni spesso trascurate o evitate dal discorso politico tradizionale. Prendiamo il caso del movimento antinucleare. Questo movimento è emerso in risposta alle preoccupazioni per i pericoli e i rischi ambientali associati all'energia nucleare. Organizzando manifestazioni di massa e conducendo campagne di sensibilizzazione, è riuscito ad attirare l'attenzione del pubblico e dei politici su questi temi, influenzando così l'agenda politica. Anche i movimenti anti-globalizzazione, che sostengono una forma di globalizzazione più giusta ed equa, hanno utilizzato tattiche simili. Spesso organizzano manifestazioni di massa in occasione dei vertici del G8 o del G20, ad esempio, per esprimere la loro opposizione alle politiche economiche neoliberiste ed evidenziare le crescenti disuguaglianze. Questi movimenti sono riusciti a porre le loro preoccupazioni al centro del dibattito pubblico, nonostante il fatto che spesso affrontino questioni generalmente ignorate dai canali politici tradizionali.
Le ipotesi principali discusse in questa sede riguardano il tipo di manifestazione che ha maggiori probabilità di influenzare l'agenda politica. Sono state avanzate tre ipotesi principali:
- Frequenza delle proteste: questa ipotesi suggerisce che più frequentemente le proteste si verificano, più è probabile che spingano una questione in cima all'agenda politica. Ciò può essere dovuto alla costante attenzione dei media e alla persistente pressione dell'opinione pubblica che costringe i politici a prestare attenzione e a rispondere a questi problemi.
- Dimensione della manifestazione: secondo questa ipotesi, maggiore è il numero di partecipanti a una manifestazione, maggiore è la probabilità che la questione venga inserita nell'agenda. Una manifestazione massiccia può indicare una preoccupazione o un malcontento diffuso tra la popolazione, che può costringere i politici a prendere in considerazione questi problemi.
- Grado di violenza della manifestazione: questa ipotesi postula che la natura non convenzionale, non controllata, non autorizzata o addirittura violenta di una manifestazione possa aumentarne l'impatto. Infatti, queste manifestazioni tendono ad attirare una massiccia attenzione da parte dei media, che possono fare pressione sui politici affinché affrontino i problemi sollevati dai manifestanti. Tuttavia, va notato che la violenza nelle manifestazioni può anche provocare una reazione negativa e polarizzare ulteriormente il dibattito.
Queste ipotesi non si escludono a vicenda e possono tutte contribuire a determinare il grado di influenza che un movimento sociale può avere sull'agenda politica. È importante notare che anche altri fattori, come il contesto politico, la struttura dell'agenda politica e la reazione dei politici, possono giocare un ruolo in questo processo.
Ruolo dell'amministrazione
In questo contesto, le autorità svolgono un ruolo attivo nel fornire informazioni, analisi e raccomandazioni su varie questioni. Ciò può essere il risultato di ricerche proprie, di una revisione delle migliori pratiche internazionali o di una valutazione delle tendenze e delle sfide emergenti. Ad esempio, un dipartimento di salute pubblica può identificare un problema di salute pubblica emergente, come una nuova malattia o un aumento dei tassi di determinate condizioni di salute, e lavorare per inserire questo problema nell'agenda politica. Detto questo, l'amministrazione non lavora in modo isolato. Può lavorare in collaborazione con altri attori, come gruppi della società civile, organizzazioni non governative, ricercatori accademici e stakeholder del settore privato, per raccogliere informazioni, sviluppare analisi e formulare raccomandazioni politiche. Questa collaborazione può contribuire a rafforzare le competenze dell'amministrazione e a sostenere i suoi sforzi per inserire un tema nell'agenda politica. È anche importante notare che il governo ha la capacità di anticipare i problemi prima che diventino crisi. Ciò è particolarmente importante in settori come la salute pubblica, la sicurezza nazionale, l'ambiente e l'economia, dove l'individuazione e la gestione tempestiva dei problemi possono prevenire danni gravi e costosi. Infine, il governo può anche svolgere un ruolo nel definire il modo in cui un problema viene compreso e gestito. Ciò può influenzare il modo in cui il problema viene percepito dall'opinione pubblica, dai decisori politici e da altri attori, che a loro volta possono influenzare il modo in cui il problema viene affrontato politicamente.
Nel campo della salute pubblica, l'amministrazione svolge un ruolo essenziale nella definizione delle politiche di profilassi. Ad esempio, per affrontare il problema della tossicodipendenza, l'amministrazione può istituire programmi di prevenzione e sensibilizzazione, stabilire politiche per il trattamento e il sostegno dei tossicodipendenti e lavorare per ridurre l'offerta e la domanda di droghe illecite. Allo stesso modo, per combattere i problemi di salute associati al fumo e al consumo di alcol, l'autorità può organizzare campagne di sensibilizzazione per informare il pubblico dei rischi associati a questi comportamenti, promuovere alternative più sane, attuare politiche fiscali e normative per ridurre il consumo e offrire risorse per aiutare coloro che desiderano smettere di fumare o ridurre il consumo di alcol. In breve, l'amministrazione, grazie alle sue competenze e alla sua capacità di raccogliere e analizzare le informazioni, svolge un ruolo cruciale nella definizione e nell'attuazione delle politiche di salute pubblica volte a prevenire e gestire i problemi di salute.
Gli alti funzionari pubblici, per la loro posizione all'interno dell'amministrazione, hanno spesso un accesso privilegiato e diretto ai decisori politici. Il loro ruolo all'interno dei ministeri consente loro di comunicare direttamente con i membri del governo, spesso attraverso il capo dipartimento che è un membro del collegio governativo o dell'esecutivo. Di conseguenza, questi alti funzionari pubblici possono essere in grado di attirare l'attenzione dei responsabili politici su questioni specifiche, incoraggiare l'inclusione di tali questioni nell'agenda politica e partecipare alla formulazione delle politiche per affrontarle. Possono essere particolarmente efficaci nel promuovere questioni su cui hanno una particolare competenza o che sono particolarmente rilevanti per la loro area di responsabilità. Va notato, tuttavia, che la capacità dei funzionari pubblici di alto livello di influenzare l'agenda politica può variare a seconda di una serie di fattori, tra cui il contesto politico, la natura del problema in questione e il grado di attenzione che i responsabili politici prestano alla questione.
L'adozione dell'euro come moneta unica all'interno dell'Unione europea è un buon esempio dell'importanza dell'anticipazione interna nella formulazione dell'agenda politica. In questo caso, la Commissione europea, in qualità di organo esecutivo dell'UE, ha svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo e nella promozione dell'idea dell'euro. Ha individuato i potenziali benefici di una moneta unica - come la facilitazione del commercio e degli investimenti tra gli Stati membri dell'UE, la stabilizzazione dei prezzi e la prevenzione delle fluttuazioni valutarie - e si è adoperata per convincere i responsabili politici e l'opinione pubblica della necessità di tale moneta. Tutto ciò è avvenuto senza la pressione dei movimenti sociali, dei media o di specifici gruppi politici. Si è trattato invece di un'iniziativa ampiamente tecnocratica, basata su competenze economiche e sulla previsione di problemi futuri che l'euro avrebbe potuto contribuire a risolvere. Tuttavia, va notato che l'adozione dell'euro non è stata priva di controversie e ha sollevato molti dibattiti politici ed economici, sia prima che dopo la sua attuazione. Nonostante ciò, l'euro è diventato una realtà, dimostrando il potere dell'anticipazione interna nel definire l'agenda politica.
Le organizzazioni internazionali hanno spesso una grande influenza nel definire l'agenda politica, anche a livello nazionale. Ciò è particolarmente vero in settori come l'ambiente, la salute pubblica, i diritti umani e l'economia, dove i problemi non conoscono confini nazionali e richiedono un'azione coordinata su scala globale. Ad esempio, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) svolge un ruolo importante nell'evidenziare i problemi di salute pubblica e nel promuovere le politiche necessarie per affrontarli. Allo stesso modo, gli accordi sul cambiamento climatico, come l'Accordo di Parigi, sono ampiamente influenzati dal lavoro del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC), un'organizzazione internazionale. Queste organizzazioni internazionali hanno spesso un impatto importante sull'agenda politica nazionale, evidenziando problemi che possono essere ignorati o minimizzati a livello nazionale e proponendo soluzioni che richiedono un'azione su scala internazionale. Tuttavia, la loro influenza varia in base agli specifici contesti politici e culturali dei diversi Paesi e la loro capacità di "imporre" la propria agenda può essere limitata dalla resistenza locale e dalle priorità nazionali.
Organizzazioni internazionali come l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) e l'Unione Europea (UE) possono esercitare una notevole influenza sulle politiche interne dei Paesi membri e non. Queste organizzazioni possono esercitare pressioni politiche ed economiche per incoraggiare riforme e cambiamenti politici. Nel caso della Svizzera, Paese noto per il suo settore bancario privato e per le severe leggi sul segreto bancario, l'OCSE e l'UE hanno esercitato pressioni per una maggiore trasparenza fiscale. Queste organizzazioni internazionali hanno sottolineato la necessità di una maggiore cooperazione internazionale in materia fiscale per combattere l'evasione e la frode fiscale. In risposta a queste pressioni, la Svizzera ha dovuto intraprendere riforme per conformarsi agli standard internazionali. Ciò ha portato a una revisione delle leggi sul segreto bancario e all'introduzione di nuovi regolamenti per migliorare la trasparenza e la cooperazione fiscale. Questo è un chiaro esempio di come l'agenda politica interna di un Paese possa essere influenzata dalle pressioni internazionali.
Per capire perché una particolare questione domina l'agenda politica è necessario analizzare come la questione è stata costruita, modellata e promossa da vari attori. Questi attori possono essere, tra gli altri, politici, gruppi di interesse, organizzazioni non governative, media e organizzazioni internazionali. Ognuno di questi attori utilizza strategie specifiche per attirare l'attenzione su una questione. Ad esempio, possono cercare di drammatizzare un problema, semplificarlo per renderlo comprensibile, quantificarlo per illustrarne la portata o identificare una causa intenzionale per renderlo più concreto. Inoltre, questi attori possono utilizzare vari mezzi per inserire il loro problema nell'agenda politica. Possono organizzare manifestazioni, condurre campagne mediatiche, esercitare pressioni sui politici, proporre leggi o, in alcuni casi, ricorrere alla violenza. In breve, l'inserimento di un problema nell'agenda politica è il risultato di un processo complesso che coinvolge una moltitudine di attori e strategie. Ecco perché l'analisi di questo processo è fondamentale per capire perché alcune questioni ricevono più attenzione di altre.
Caso di studio: il dibattito sulla pena di morte negli Stati Uniti
Identificazione del dibattito
La pena di morte negli Stati Uniti è un esempio di come uno Stato usi la sua legittimità per esercitare una forma estrema di violenza. Max Weber, famoso sociologo, definì che lo Stato ha il monopolio della violenza legittima. Egli propose che questo esercizio della violenza può assumere molte forme, tra cui la guerra, l'imposizione di tasse e, in alcune giurisdizioni, l'esecuzione di condanne a morte. La pena di morte è quindi un riflesso della capacità dello Stato di esercitare la violenza in modo legale e accettato. Ciò non significa, tuttavia, che il suo uso sia privo di controversie. Negli Stati Uniti, la pena di morte è stata a lungo oggetto di un intenso dibattito pubblico, con argomenti a favore e contro il suo utilizzo.
Frank Baumgartner, Suzanna De Boef e Amber Boydstun, nel loro libro del 2008 "The Decline of the Death Penalty and the Discovery of Innocence" (Il declino della pena di morte e la scoperta dell'innocenza), analizzano il modo in cui la questione della pena di morte viene costruita e dibattuta negli Stati Uniti.[2] Essi esplorano i diversi modi in cui questo argomento viene discusso, come gli americani percepiscono la pena di morte e come queste diverse definizioni del problema possono avere un impatto sulla politica penale, in particolare sul numero di condanne a morte e di esecuzioni eseguite ogni anno. Gli autori suggeriscono che la percezione della pena di morte è modellata da una serie di fattori, tra cui gli atteggiamenti individuali, i fattori sociali e culturali, le rappresentazioni dei media e le narrazioni politiche dominanti. Ad esempio, in alcuni casi la pena di morte può essere vista come un deterrente necessario contro i crimini gravi. In altri, invece, è vista come una violazione dei diritti umani o una pratica ingiusta che può portare all'esecuzione di persone innocenti. Inoltre, Baumgartner e colleghi notano che il dibattito sulla pena di morte si è evoluto nel tempo. Più di recente, si è affermata una narrativa incentrata sull'innocenza, con una maggiore attenzione ai casi in cui le persone condannate a morte sono state scagionate grazie a nuove prove o al test del DNA. Ciò ha contribuito a ridurre le esecuzioni e a mettere in discussione l'efficacia e l'equità della pena di morte. In definitiva, la loro analisi suggerisce che il modo in cui la pena di morte viene definita e discussa ha un impatto significativo sulla sua applicazione e accettabilità nella società americana.
La storia di Anthony Hinton è uno degli esempi più eclatanti di persone ingiustamente condannate a morte. Accusato di due omicidi nel 1985 in Alabama, Hinton ha trascorso quasi trent'anni nel braccio della morte prima di essere finalmente rilasciato nel 2015, dopo che nuove analisi balistiche hanno dimostrato la sua innocenza. Questo caso evidenzia diversi problemi fondamentali della pena di morte. Da un lato, c'è il rischio molto concreto di giustiziare persone innocenti. Come dimostra il caso di Hinton, possono verificarsi errori giudiziari e persone possono trascorrere decenni in prigione, o addirittura essere giustiziate, per crimini che non hanno commesso. D'altra parte, il caso di Hinton evidenzia anche problemi più ampi di giustizia penale, tra cui il fatto che i poveri e le minoranze sono spesso svantaggiati. Hinton è stato inizialmente condannato sulla base di prove balistiche errate, e non è stato in grado di pagare un esperto indipendente per contestare queste prove durante il processo iniziale. Nel complesso, la storia di Anthony Hinton è un potente promemoria dei problemi che circondano la pena di morte e sottolinea perché è così importante avere un dibattito informato e ricco di sfumature su questo argomento.
L'approccio adottato da Baumgartner e dai suoi colleghi rientra nell'ambito della sociologia della conoscenza, che analizza il modo in cui i problemi sociali vengono percepiti, costruiti e interpretati dai diversi soggetti interessati. Concentrandosi sulla rappresentazione della pena di morte nella stampa, essi mirano a capire come si formano e si modificano le opinioni pubbliche sulla pena di morte e come queste percezioni influenzino poi la politica penale. Da questo punto di vista, la stampa svolge un ruolo chiave come mediatore tra la società e i decisori politici. I media selezionano, evidenziano e interpretano alcuni aspetti della realtà sociale, influenzando così la percezione del pubblico su questioni specifiche. Ad esempio, il modo in cui i media trattano i casi di persone innocenti condannate a morte può sensibilizzare l'opinione pubblica sulla possibilità di errori giudiziari e generare sostegno per la riforma della pena di morte. Baumgartner e colleghi suggeriscono che questa dinamica ha giocato un ruolo significativo nel graduale declino del sostegno alla pena di morte negli Stati Uniti. Quando gli errori giudiziari e i casi di innocenti nel braccio della morte hanno iniziato ad attirare l'attenzione dei media, la percezione pubblica della pena di morte ha iniziato a cambiare, portando a una crescente pressione per la sua riforma.
Il processo di creazione di una politica pubblica è raramente lineare e viene spesso rappresentato come un ciclo. Questo ciclo comprende tipicamente le fasi di identificazione del problema, sviluppo della politica, processo decisionale, attuazione e valutazione. Tuttavia, è importante notare che queste fasi non sono necessariamente sequenziali e possono spesso sovrapporsi o ripetersi. Ad esempio, la valutazione di una politica può rivelare nuovi problemi o aspetti inaspettati del problema originale, portando a una riformulazione del problema e a una nuova serie di politiche per affrontarlo. È questo il caso della politica sulla pena di morte negli Stati Uniti, come dimostra lo studio di Baumgartner e colleghi. Mentre il dibattito iniziale sulla pena di morte si è concentrato sul suo ruolo di deterrente per il crimine, l'emergere di storie di alto profilo su persone innocenti nel braccio della morte ha portato a una riformulazione del problema. Invece di concentrarsi sulla deterrenza, il dibattito si è rivolto sempre più alla questione della giustizia e dell'infallibilità del sistema giudiziario. Questo illustra come la valutazione e il feedback possano portare a una riformulazione del problema e a un cambiamento nel contenuto delle politiche pubbliche, portando a quella che può essere vista come una "spirale" piuttosto che un ciclo lineare di politiche pubbliche.
Impostazione dell'agenda e analisi empirica
La questione della pena di morte negli Stati Uniti rimane un argomento di dibattito pubblico e di politica in continua evoluzione. Sebbene molte giurisdizioni abbiano abolito la pena di morte o dichiarato una moratoria sul suo uso, altre continuano ad applicarla. Le storie di detenuti del braccio della morte che sono stati successivamente scagionati e rilasciati sollevano preoccupazioni sull'infallibilità del sistema giudiziario, e queste storie hanno messo in discussione la pena di morte come forma di giustizia. Ciò ha portato a una riformulazione della questione della pena di morte, spostando il discorso pubblico dalla deterrenza penale a questioni di giustizia e di errore giudiziario. Questo è un ottimo esempio di come le questioni di politica pubblica siano spesso reimpostate e ridefinite nel tempo, in risposta al cambiamento degli atteggiamenti sociali, delle prove e degli eventi attuali.
Questo grafico mostra il numero di Paesi che hanno gradualmente abolito la pena di morte, e possiamo notare che è proprio a partire dagli anni '60 che c'è stato un aumento quasi esponenziale del numero di Paesi che hanno rinunciato all'uso della violenza legittima dello Stato sotto forma di esecuzione. È interessante notare che negli ultimi decenni molti Paesi hanno abbandonato la pena di morte. Secondo Amnesty International, alla fine del 2020, 108 Paesi avevano completamente abolito la pena di morte per legge per tutti i reati, mentre 144 Paesi avevano abolito la pena di morte per legge o nella pratica. Tuttavia, la pena di morte rimane in vigore in alcuni Paesi, tra cui gli Stati Uniti, spesso citati come un'eccezione tra le democrazie occidentali. Tuttavia, anche negli Stati Uniti si registra una tendenza all'abolizione, almeno a livello statale. Diversi Stati hanno abolito la pena di morte o dichiarato una moratoria sul suo uso. È anche importante notare che l'opinione pubblica statunitense sulla pena di morte si è evoluta nel tempo. Sebbene la maggioranza degli americani sia ancora favorevole alla pena di morte per i condannati per omicidio, questo sostegno è diminuito negli ultimi decenni. I cambiamenti nell'opinione pubblica, insieme alle crescenti prove di errori e pregiudizi nell'applicazione della pena di morte, potrebbero portare a una riconsiderazione più approfondita della pena di morte negli Stati Uniti negli anni a venire.
La politica della pena di morte negli Stati Uniti ha attraversato diverse fasi. Negli anni '60 e '70, la pena di morte è diventata una questione molto controversa negli Stati Uniti. I dubbi sulla sua costituzionalità portarono a un arresto temporaneo delle esecuzioni. Nel 1972, nella causa Furman contro Georgia, la Corte Suprema degli Stati Uniti stabilì che il modo in cui veniva eseguita la pena di morte costituiva una punizione crudele e inusuale, in violazione dell'Ottavo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti. Di conseguenza, tutte le condanne a morte furono sospese. Tuttavia, nel 1976, la Corte Suprema ha ripristinato la pena di morte nella causa Gregg contro Georgia, affermando che non era incostituzionale di per sé, ma che la sua applicazione doveva essere modificata per eliminare l'arbitrarietà del processo decisionale. Di conseguenza, le esecuzioni sono riprese. Da allora, il numero di esecuzioni è aumentato, raggiungendo un picco negli anni '90 prima di iniziare a diminuire. Sempre più Stati americani hanno abolito la pena di morte o dichiarato una moratoria sul suo uso. Allo stesso tempo, il dibattito sull'equità e l'efficacia della pena di morte continua.
Frank Baumgartner e i suoi colleghi hanno concentrato la loro analisi sul periodo che va dal 1960 al 2010 per esaminare il modo in cui la questione della pena di morte è stata discussa e affrontata negli Stati Uniti. Durante questo periodo, diversi Paesi del mondo hanno abbandonato la pena di morte, in netto contrasto con la situazione degli Stati Uniti, dove la pena capitale è rimasta una pratica legale. Questo periodo è stato segnato anche da importanti cambiamenti nel modo in cui la questione della pena di morte è stata formulata e discussa. I ricercatori hanno cercato di capire come la questione è stata inquadrata nel dibattito pubblico, come è cambiata la percezione della pena di morte nel tempo e come queste trasformazioni hanno influenzato le politiche e le pratiche della pena di morte. Analizzando i discorsi dei media, le decisioni legali e i dati sulle esecuzioni e sulle condanne a morte, hanno cercato di determinare come la problematizzazione della pena di morte abbia influenzato la sua evoluzione e il suo utilizzo negli Stati Uniti.
Il tasso di esecuzione della pena di morte negli Stati Uniti varia notevolmente da uno Stato all'altro, riflettendo le diverse politiche e i diversi atteggiamenti nei confronti di questa pratica. Ad esempio, tra il 1977 e il 2007, il Texas ha giustiziato 279 persone, un numero significativamente maggiore rispetto alla maggior parte degli altri Stati. Al contrario, Stati come l'Alaska e le Hawaii non hanno effettuato alcuna esecuzione nello stesso periodo. È importante notare che il numero di esecuzioni deve essere considerato in relazione al numero di condanne a morte. In altre parole, un numero elevato di esecuzioni in uno Stato può riflettere non solo una maggiore propensione all'uso della pena di morte, ma anche una maggiore propensione a eseguire condanne a morte. Queste variazioni tra gli Stati illustrano come le questioni di politica pubblica, comprese quelle relative alla pena capitale, possano essere influenzate da fattori locali e regionali, come l'atteggiamento dell'opinione pubblica, la legislazione statale e l'etica dei sistemi giudiziari locali.
È importante sottolineare la grande disparità tra gli Stati americani in termini di esecuzione della pena di morte. Prendiamo il Texas e la California, due Stati con atteggiamenti molto diversi in materia. In Texas, dal 1977 al 2007, su 392 persone condannate a morte o nel braccio della morte, 379 sono state giustiziate, cioè circa il 96%. Ciò significa che una volta emessa una condanna a morte, questa viene eseguita quasi sistematicamente. In California, invece, sebbene un gran numero di persone sia condannato a morte o nel braccio della morte, le esecuzioni sono relativamente rare. Infatti, solo il 2% circa dei condannati a morte viene giustiziato. Ciò dimostra che, nonostante la presenza della pena di morte nell'ordinamento giuridico, la sua applicazione varia notevolmente da uno Stato all'altro. Ciò può essere dovuto a una serie di fattori, tra cui le differenze nella filosofia giuridica, l'atteggiamento dell'opinione pubblica e i processi politici e legali specifici di ogni Stato.
Nel loro studio, Baumgartner e i suoi colleghi hanno esaminato l'impatto di una nuova prospettiva sulla pena di morte, che potrebbe essere definita "la scoperta dell'innocenza". Grazie a progressi come il test del DNA, è stato dimostrato che molte persone nel braccio della morte sono in realtà innocenti. Ciò solleva la scioccante possibilità che siano state giustiziate persone innocenti. Questa prova scientifica dell'innocenza di alcuni condannati a morte rappresenta un cambiamento significativo nel modo in cui il problema viene percepito. Questo cambiamento cognitivo potrebbe avere conseguenze di vasta portata sulle pratiche di esecuzione. In altre parole, la scoperta che alcuni condannati a morte sono innocenti ha portato a una rivalutazione del problema della pena di morte. Questa nuova prospettiva potrebbe portare a un minor numero di esecuzioni e a una più ampia riforma del sistema di giustizia penale.
Baumgartner e i suoi colleghi hanno studiato come il concetto di innocenza, introdotto in parte dalle scuole di legge che cercavano di rivedere i processi dei detenuti del braccio della morte, abbia avuto un impatto significativo. Queste revisioni giudiziarie hanno spesso rivelato che alcuni detenuti del braccio della morte erano stati processati ingiustamente, senza prove sufficienti o addirittura nonostante l'evidenza empirica del contrario. Mettendo in luce questi problemi, hanno scoperto che il sistema è difettoso e ingiusto e che vengono giustiziati degli innocenti. Evidenziando e pubblicizzando questa nuova definizione del problema, sono riusciti a influenzare sia l'opinione pubblica sia il processo politico, che alla fine ha avuto un impatto sulle decisioni prese dalle giurie durante i processi. Questa trasformazione della percezione della pena di morte sottolinea il potere del problem-building di cambiare il modo in cui un problema viene affrontato e risolto. Cambiando il quadro di riferimento attraverso il quale viene vista la pena di morte, sono riusciti a influenzare non solo l'opinione pubblica, ma anche le decisioni legali prese nei tribunali.
Nella loro ricerca, Baumgartner e i suoi colleghi hanno dimostrato che l'argomento della "scoperta dell'innocenza", cioè il rischio di giustiziare persone innocenti, non è solo il più potente ma anche il più recente nel dibattito sulla pena di morte. Inoltre, suggeriscono che è probabilmente l'argomento che ha avuto il maggiore impatto sulle decisioni effettive sulle esecuzioni. Ha portato a una nuova riflessione sull'applicazione della pena di morte e ha alimentato un intenso dibattito pubblico e politico. L'idea che ci possano essere errori nel sistema giudiziario, che portano all'esecuzione di persone innocenti, ha cambiato il modo in cui molte persone vedono la pena di morte. La forza di questa argomentazione sottolinea il potere delle cornici del problema di influenzare gli atteggiamenti e le politiche pubbliche. Ridefinendo la questione della pena di morte in termini di rischi di ingiustizia, sono riusciti ad avere un impatto considerevole sul modo in cui la questione viene percepita e affrontata.
Analyse de Contenu du Débat
Dans leur étude, Baumgartner et ses collègues ont mené une analyse de contenu approfondie des articles de presse relatifs à la peine de mort. Ils ont examiné les articles du New York Times, ainsi que d'autres sources de presse à l'échelle nationale et au niveau des États, depuis 1960. En tout, ils ont identifié et analysé environ 4000 articles sur la peine de mort. Pour chaque article, ils ont déterminé si l'auteur était plutôt pour ou contre la peine de mort, et sur quelle base ou quels arguments ils se fondaient pour prendre cette position. Cette méthode, connue sous le nom d'approche inductive, a permis d'éviter l'imposition de catégories prédéfinies et d'explorer plus ouvertement les arguments utilisés dans le débat. Après avoir recueilli et examiné les arguments invoqués par les auteurs, ils ont regroupé ces arguments en 65 grandes catégories. Cette méthode leur a permis de mieux comprendre la diversité des perspectives sur la peine de mort et d'identifier les arguments les plus fréquemment utilisés pour ou contre son application.
En codant ces 4000 articles, les arguments qui se trouvent dans ces articles, ils ont réussi à voir l’importance relative qui était accordée à différents arguments. Ces trois arguments représentent des thèmes importants dans le débat sur la peine de mort :
- L'efficacité - Cet argument postule que la peine de mort a un effet dissuasif sur le crime. L'idée est que si les gens savent qu'ils risquent d'être exécutés pour certains crimes, ils y réfléchiront à deux fois avant de commettre ces actes.
- La morale - Cet argument soulève la question de la moralité de l'État qui tue comme forme de châtiment. Ceux qui soutiennent cet argument croient que même si une personne a tué, cela ne rend pas moral pour l'État de tuer en représailles.
- L'équité - Cet argument questionne l'équité du système judiciaire en ce qui concerne l'application de la peine de mort. Il interroge si le processus d'application de la peine de mort est impartial, ou si les personnes riches ont plus de chances d'échapper à la peine de mort tandis que les pauvres sont plus susceptibles d'être condamnés.
En analysant les articles de presse, Baumgartner et ses collègues ont pu déterminer l'importance relative de ces arguments dans le discours public sur la peine de mort.
Une autre série d'argument ajoute d'autres dimensions au débat sur la peine de mort :
- Les coûts - L'argument financier met en évidence le coût élevé lié à la mise en œuvre de la peine de mort, y compris les frais juridiques et d'incarcération associés. Certains peuvent argumenter que l'argent dépensé pour la peine de mort pourrait être mieux utilisé ailleurs, tandis que d'autres peuvent suggérer des alternatives économiques comme la privatisation des prisons.
- Les méthodes d'exécution - Les méthodes d'exécution ont fait l'objet de débats animés, en particulier en ce qui concerne leur humanité. Certaines personnes sont préoccupées par les méthodes d'exécution potentiellement cruelles ou inhumaines.
- La pression internationale - Avec de nombreux pays abandonnant la peine de mort, les États-Unis se trouvent sous une pression internationale croissante pour faire de même. L'image des États-Unis en tant que démocratie est également mise en question en raison de leur maintien de la peine de mort.
Après avoir analysé 4000 articles sur la peine de mort, parus depuis 1960, et identifié 65 arguments distincts dans ces textes, Baumgartner et son équipe ont conclu qu'il y a eu une croissance marquée de l'attention portée à cette question, en particulier autour des années 2000. Cette année-là, le nombre d'articles consacrés à la peine de mort a dépassé 200, ce qui représente un pic d'attention relative à ce sujet dans la presse.
Il est évident qu'il y a eu une augmentation notable de la "saillance" de ce sujet, c'est-à-dire de son importance, de sa visibilité et de la priorité qui lui est accordée dans les débats médiatiques. C'est particulièrement frappant lorsque l'on réalise que l'on atteint près de 250 articles en une seule année, ce qui signifie que deux jours sur trois, ce sujet est discuté. Cette croissance de l'attention est la plus importante et se situe principalement autour des années 2000. Il y avait un autre pic notable durant les années 1970 lors des débats sur la constitutionnalité de la peine de mort. Par conséquent, jamais la peine de mort n'a été autant discutée depuis le début des années 1960 qu'au cours de cette période des années 2000.
Cette forte augmentation de l'attention médiatique autour de la peine de mort dans les années 2000 est très révélatrice des dynamiques sociales et politiques de cette époque. Cela indique non seulement une prise de conscience croissante des problèmes inhérents à la peine de mort, mais aussi un débat public enflammé sur la question. Les années 2000 ont été marquées par des avancées technologiques significatives, comme le développement de l'ADN pour prouver l'innocence des condamnés à mort, ce qui a pu contribuer à ce pic d'attention. De plus, les problèmes systémiques dans le système judiciaire - tels que la discrimination raciale et socio-économique - sont devenus de plus en plus visibles, suscitant une critique accrue de la peine de mort. En outre, le nombre élevé d'articles suggère une tentative de la part des médias de sensibiliser le public à ces problèmes, ce qui pourrait avoir un impact sur l'opinion publique et, par conséquent, sur la politique. Cela met en évidence le rôle puissant que les médias peuvent jouer dans le façonnement de l'opinion publique et du débat politique. Enfin, le fait que l'attention portée à la peine de mort n'a pas été aussi élevée depuis les années 1970 indique que le débat sur la peine de mort aux États-Unis est cyclique, avec des périodes d'attention intense suivies de périodes de relatif silence. Cela peut refléter les changements dans les priorités politiques et sociales au fil du temps.
Cette analyse des articles de presse démontre le pouvoir de ce que l'on appelle le "framing" ou le "cadrage" dans la communication. Le cadrage, dans ce contexte, se réfère à la manière dont un sujet ou une question est présentée dans les médias, ce qui peut influencer la façon dont le public perçoit et comprend cette question. Dans le cas de la peine de mort aux États-Unis, la question de l'innocence est devenue le cadrage dominant au début des années 2000. Cela signifie que les médias ont commencé à présenter la peine de mort non pas simplement comme une question de justice ou de dissuasion, mais comme une question d'innocence ou de culpabilité potentielle. L'accent mis sur l'innocence souligne l'idée que le système judiciaire peut faire des erreurs, et que ces erreurs peuvent avoir des conséquences mortelles. Cette approche de cadrage a eu un impact significatif sur la façon dont le public perçoit la peine de mort. En présentant la peine de mort sous l'angle de l'innocence, les médias ont contribué à sensibiliser le public à la possibilité d'erreurs judiciaires et à l'injustice potentielle de la peine de mort. Il est important de noter que ce changement de cadrage n'est pas nécessairement le résultat d'une stratégie délibérée de la part des médias. Il peut également être le produit de changements dans la société, tels que l'introduction de nouvelles technologies (comme les tests ADN) ou la montée en puissance de mouvements sociaux (comme le mouvement pour l'abolition de la peine de mort). Cependant, une fois qu'un certain cadrage devient dominant, il peut avoir un effet d'entraînement, comme le suggère le fait que la question de l'innocence est restée le thème dominant dans la couverture médiatique de la peine de mort.
Analyse du Ton du Débat
En analysant le ton ou la tonalité d'un article, les chercheurs peuvent déterminer si l'article est plutôt en faveur de la peine de mort (ton positif), contre la peine de mort (ton négatif), ou neutre (ni positif, ni négatif). Cette analyse du ton peut donner un aperçu précieux des attitudes et des opinions exprimées dans les médias concernant la peine de mort. Par exemple, une prédominance d'articles avec un ton négatif pourrait indiquer une tendance générale à critiquer la peine de mort. Inversement, une majorité d'articles avec un ton positif pourrait refléter un soutien général pour la peine de mort. L'analyse du ton peut également révéler comment les attitudes et les opinions peuvent changer au fil du temps. Par exemple, si la tonalité des articles sur la peine de mort devient de plus en plus négative au fil du temps, cela pourrait indiquer un changement d'opinion publique contre la peine de mort. Il est à noter que le ton d'un article peut être influencé par divers facteurs, tels que le cadrage du sujet (par exemple, si l'article se concentre sur l'innocence), les attitudes et les opinions de l'auteur, et le public cible de l'article.
En se basant sur ce graphique qui étudie la tonalité des articles de 1960 à la période la plus récente, on remarque une balance plutôt équilibrée entre les opinions « pro » et « anti » peine de mort. En effet, aucune direction ne prédomine de manière claire, illustrant ainsi une position plutôt neutre sur la question. Cependant, lors du pic d'attention survenu dans les années 2000, la situation change radicalement. Le sujet de l'innocence s'installe comme principal angle du débat et prend résolument position en faveur des opposants à la peine de mort. Durant cette période, la tonalité des articles devient nettement négative envers la peine de mort, une attitude jamais observée auparavant. Cette période marque une transformation historique remarquable du débat sur la peine de mort. En effet, rares sont les cas où une redéfinition aussi profonde de la problématique conduit à un changement si radical de l'attitude et de la position des acteurs impliqués.
Durant cette période de pic d'attention autour des années 2000, le débat sur la peine de mort ait été fortement influencé par l'argument de l'innocence. La possibilité d'exécuter des individus innocents a donné une tournure particulière aux discussions, accentuant la tonalité négative des articles à l'égard de la peine de mort. Cette évolution est assez exceptionnelle dans l'histoire du débat sur la peine de mort. Elle démontre l'influence que peut avoir un argument puissant sur l'opinion publique, et comment un seul aspect du débat (en l'occurrence, l'innocence) peut transformer la façon dont la question est perçue et débattue. On peut constater que malgré les fluctuations de l'opinion publique et des débats à propos de la peine de mort au fil des décennies, la question de l'innocence a eu un impact considérable. Cela souligne l'importance de la justesse et de l'équité dans notre système de justice, et comment ces valeurs peuvent influencer les opinions sur des sujets aussi complexes et controversés que la peine de mort.
S'appuyant sur ces trois observations, Baumgartner et ses collaborateurs soutiennent que le cadre de l'innocence a supplanté les autres manières de considérer la question. Ce cadrage autour de l'innocence possède un attrait considérable, car il englobe et réunifie des problématiques antérieures qui étaient autrefois disjointes. En particulier, il met en lumière les inégalités face à la justice qui existent entre les citoyens noirs et blancs aux États-Unis, entre les riches et les pauvres, ainsi qu'entre ceux qui peuvent se permettre les services d'avocats compétents et ceux qui ne le peuvent pas.
Le cadre de l'innocence se focalise sur une question fondamentale : celle de l'erreur judiciaire. Cela implique que toute personne condamnée à mort pourrait être innocente, et par conséquent, tout acte d'exécution pourrait être un homicide involontaire de la part de l'État. Cette idée a une force persuasive puissante, car elle évoque une injustice profonde et irréversible qui peut affecter tout un chacun, indépendamment de sa race, de sa classe sociale ou de son statut juridique. Cependant, en soulignant l'innocence potentielle des condamnés à mort, ce cadre met également en lumière les inégalités structurelles qui existent dans le système judiciaire américain. Par exemple, il est largement reconnu que les individus issus de milieux défavorisés, en particulier les citoyens noirs, sont disproportionnellement représentés parmi les condamnés à mort. De même, la qualité de la représentation juridique peut varier considérablement en fonction de la capacité financière de l'accusé. En effet, le cadre de l'innocence suggère que ces inégalités peuvent conduire à des erreurs judiciaires et, par conséquent, à l'exécution d'individus innocents. En ce sens, il offre un point de convergence pour différentes critiques du système de la peine de mort et permet de brosser un tableau plus global de l'injustice et de l'inéquité inhérentes à cette pratique. Par conséquent, le cadrage de l'innocence ne s'oppose pas seulement à la peine de mort en tant que telle, mais aussi aux inégalités socio-économiques et raciales qui la sous-tendent.
Évaluation de l'Impact Cognitif du Débat
L'analyse de Baumgartner et de ses collègues montre que la montée en puissance du cadrage de l'innocence dans le discours médiatique a eu un impact tangible sur la manière dont la peine de mort est appliquée aux États-Unis. C'est une manifestation du pouvoir des médias à façonner non seulement l'opinion publique, mais aussi les politiques publiques et les pratiques judiciaires. La hausse de la sensibilisation aux risques d'exécution d'innocents, alimentée par le discours médiatique, a augmenté la pression sur le système judiciaire pour qu'il exerce une diligence accrue dans les affaires de peine de mort. Ceci s'est manifesté par une réduction du nombre de condamnations à mort et d'exécutions. Cela a également conduit à une augmentation du nombre de révisions de condamnations à mort et d'exonérations. De plus, cette attention accrue portée à l'innocence potentielle des condamnés à mort a également nourri un mouvement politique plus large contre la peine de mort. Ce mouvement a contribué à des changements législatifs dans certains États américains visant à abolir ou à limiter l'utilisation de la peine de mort. Ainsi, l'évolution du discours médiatique autour de la peine de mort, avec le cadrage de l'innocence en tant que moteur clé, a eu des impacts significatifs sur les politiques et les pratiques judiciaires en matière de peine de mort aux États-Unis.
Dans leur tentative d'établir une corrélation entre le changement de cadrage médiatique et la baisse du nombre de condamnations à mort, Baumgartner et ses collègues ont employé un modèle statistique sophistiqué pour étudier cette relation. En tenant compte des variables potentiellement influentes, telles que l'évolution de l'opinion publique, le nombre d'homicides et l'inertie des politiques publiques dans différents États, ils ont analysé si le cadrage renouvelé de la peine de mort, en mettant l'accent sur l'innocence, avait eu un impact sur le nombre de condamnations à mort et d'exécutions. Ils ont conclu que le re-cadrage du débat autour de la peine de mort avait eu un impact significatif. Non seulement cela a conduit à une diminution du nombre de condamnations à mort et d'exécutions, mais cela a également influencé la manière dont la peine de mort était perçue et mise en œuvre. Cette étude souligne l'importance des cadres de discussion dans la construction de problèmes sociaux et comment ils peuvent conduire à des changements significatifs dans les politiques et les pratiques publiques.
Les changements perceptibles dans le discours médiatique peuvent avoir des impacts significatifs sur l'opinion publique et, par conséquent, influencer à la fois les législateurs et les décisions prises dans le système judiciaire. Si la question de l'innocence est devenue dominante dans les médias, il est très probable que cela ait joué un rôle dans la réflexion des jurys populaires, des juges, et même des législateurs au moment de réviser les lois. Les législateurs, pour leur part, pourraient avoir été incités à réévaluer les lois relatives à la peine de mort afin de minimiser le risque d'erreur judiciaire. En outre, les juges et les jurys pourraient être plus prudents dans l'application de la peine de mort, sachant que l'opinion publique est de plus en plus préoccupée par la question de l'innocence. En somme, ce changement dans le cadrage du débat sur la peine de mort a très probablement conduit à une transformation non seulement de l'opinion publique, mais aussi du paysage législatif et judiciaire.
Formulation d’une Politique Publique : Définition des Objectifs et Choix des Instruments
Une fois qu'un problème a acquis une place prépondérante à l'agenda politique, il incombe aux autorités gouvernementales, notamment au gouvernement lui-même, au parlement et à son administration, de concevoir une variété de stratégies et de solutions pour tenter de résoudre le problème qui est au cœur de la politique publique en discussion.
La phase de formulation ou de programmation aboutit généralement à l'adoption de normes et de lois qui peuvent entraîner des transformations du droit international, des modifications d'articles constitutionnels (comme cela pourrait être le cas suite à l'adoption d'une initiative populaire), des lois fédérales, des arrêtés fédéraux, des arrêtés fédéraux urgents, ainsi que des ordonnances ou des directives. Tous ces éléments constituent les supports normatifs des politiques publiques.
Lorsqu'on examine le contenu d'une politique publique telle qu'elle est élaborée par les autorités politiques, on se focalise principalement sur trois éléments distincts.
- Les objectifs de la politique publique : Ce sont les buts ou les résultats souhaités que la politique publique vise à atteindre. Ils définissent le changement désiré ou l'amélioration visée.
- Les instruments d'action : Il s'agit des moyens ou des outils déployés pour réaliser les objectifs fixés. Ces instruments peuvent prendre différentes formes, comme des lois, des règlements, des subventions, des incitations, des programmes de formation, etc.
- Les dispositions institutionnelles ou organisationnelles : Elles déterminent quels acteurs seront responsables de la mise en œuvre des instruments. Ces acteurs peuvent être des agences gouvernementales, des organisations non gouvernementales, des entreprises privées, des associations, etc. Ces arrangements précisent aussi les rôles, les responsabilités, les relations et les interactions entre ces acteurs.
Définition des Objectifs d’une Politique Publique
Les objectifs d'une politique publique sont la traduction ou l'explicitation de la solution envisagée pour résoudre le problème identifié. En d'autres termes, ils reflètent la part du problème que la politique publique aspire à résoudre. Puisque le but d'une politique publique est de résoudre un problème, les objectifs explicitent la situation idéale ou l'état des choses souhaité une fois que le problème est entièrement ou partiellement résolu. La définition d'objectifs dans une politique publique est cruciale pour sa mise en œuvre réussie. Ces objectifs agissent comme une boussole, guidant tous les efforts vers une situation souhaitée. Ils permettent de donner un sens clair à la politique, de focaliser les efforts, d'aligner les différentes parties prenantes et de mesurer les progrès réalisés.
L'acronyme "SMART" est souvent utilisé pour définir des objectifs clairs et réalisables. Il signifie :
- Spécifique : L'objectif doit être clair, précis et facile à comprendre. Au lieu de dire "améliorer la qualité de vie", un objectif spécifique pourrait être "réduire le taux de chômage de 10% en 5 ans".
- Mesurable : Il doit être possible de mesurer l'atteinte de l'objectif. Pour cela, des indicateurs spécifiques doivent être définis. Par exemple, le taux de chômage pourrait être un indicateur pour mesurer l'amélioration de la qualité de vie.
- Atteignable (ou Réalisable) : L'objectif doit être réaliste et réalisable, compte tenu des ressources et des contraintes existantes. Il doit représenter un défi, mais ne doit pas être impossible à atteindre.
- Pertinent (ou Relevant) : L'objectif doit être pertinent et en ligne avec les priorités et les stratégies globales. Il doit avoir un impact significatif sur la résolution du problème.
- Temporellement défini (ou Time-bound) : L'objectif doit avoir une échéance claire. Cela ajoute un sentiment d'urgence et aide à planifier et à suivre les progrès.
Utiliser des objectifs SMART peut aider à focaliser les efforts, à faciliter la communication et le suivi des progrès, et à motiver les acteurs impliqués. Cependant, il est important de noter que la définition des objectifs SMART nécessite une réflexion et une planification attentives, ainsi qu'une bonne compréhension du problème à résoudre.
Dans le contexte de la lutte contre le chômage, un objectif politique clairement défini et crédible, tel que "réduire d'ici cinq ans de 5% le taux de demandeurs d'emploi enregistré dans les offices régionaux de placement pour les chômeurs de longue durée non qualifiés", joue un rôle essentiel dans la formulation et le pilotage de la politique publique.
Il y a plusieurs raisons à cela :
- Clarifie les buts de la politique : Ce genre d'objectif explicite précisément ce que la politique vise à réaliser. Dans ce cas, il s'agit de réduire le chômage des travailleurs non qualifiés de longue durée.
- Aide à la planification et à la mise en œuvre : En définissant des cibles précises, les décideurs politiques, les administrateurs et les intervenants savent vers quoi orienter leurs efforts. Les stratégies, les programmes et les initiatives peuvent être conçus pour répondre à cet objectif spécifique.
- Facilite le suivi et l'évaluation : Un objectif quantifiable et limité dans le temps, comme une réduction de 5% sur cinq ans, permet de mesurer les progrès réalisés et d'évaluer l'efficacité de la politique. Les résultats peuvent être comparés à l'objectif pour déterminer si la politique est en bonne voie pour l'atteindre.
- Permet la responsabilité : Avec un objectif clair et mesurable, il est plus facile de tenir les responsables politiques et les institutions responsables de leurs actions et de leurs résultats. Si l'objectif n'est pas atteint, cela peut donner lieu à des questions sur pourquoi cela n'a pas été le cas et ce qui peut être fait pour améliorer la situation.
- Rend la politique plus compréhensible pour le public : Un objectif clairement énoncé aide le public à comprendre ce que la politique vise à accomplir et pourquoi elle est importante. Cela peut aider à obtenir un soutien public pour la politique et à encourager la participation et la coopération.
En somme, définir des objectifs clairs et spécifiques est une étape cruciale dans la création de politiques publiques efficaces et responsables.
Les lois sont souvent écrites dans un langage juridique qui peut être vague ou difficile à comprendre pour le public non spécialisé. Par ailleurs, pour diverses raisons, les législateurs peuvent choisir d'énoncer des objectifs larges et généraux plutôt que des objectifs spécifiques et mesurables. Par exemple :
- Complexité du sujet : Les problèmes de politique publique peuvent être complexes et multifactoriels, rendant difficile la définition d'objectifs clairs et simples.
- Diversité des parties prenantes : Les politiques publiques impliquent souvent un large éventail de parties prenantes avec des intérêts et des priorités différents. Par conséquent, les objectifs de la politique peuvent être formulés de manière large pour accommoder ces différentes perspectives.
- Flexibilité : Les législateurs peuvent choisir de laisser une certaine marge de manœuvre dans la formulation des objectifs afin de permettre une certaine flexibilité dans la mise en œuvre de la politique.
- Considérations politiques : Les objectifs de politique publique peuvent être influencés par des considérations politiques, y compris le désir de compromis ou d'éviter des sujets controversés.
Cependant, il est important de noter que la formulation d'objectifs « non smart » peut rendre difficile l'évaluation de l'efficacité de la politique. Cela peut également créer des défis en termes de transparence et de responsabilité. Il est donc essentiel de chercher à formuler des objectifs aussi spécifiques, mesurables, atteignables, pertinents et délimités dans le temps que possible.
Avec la loi fédérale sur l’aménagement du territoire, le premier article stipule les buts « La Confédération, les cantons et les communes veillent à une utilisation mesurée du sol […] ». La loi fédérale sur la protection de l’environnement, à l’article 1 stipule que « La présente loi a pour but de protéger les hommes, les animaux et les plantes, leurs biocénoses et leurs biotopes contre les atteintes nuisibles ou incommodantes […] ». La loi fédérale sur l’énergie à l’article 1 stipule que « La présente loi vise à contribuer à un approvisionnement énergétique suffisant, diversifié, sûr, économique et compatible avec les impératifs de la protection de l'environnement […] ». Cela illustre bien comment les objectifs de politique publique peuvent être formulés dans les lois de manière générale et moins spécifique. Chaque objectif énoncé dans ces lois est noble et nécessaire, mais ils manquent de spécificité, de mesurabilité et d'une échéance précise, ce qui est au cœur du concept d'objectifs "SMART". Par exemple :
- Loi fédérale sur l'aménagement du territoire : L'objectif énoncé est d'assurer une "utilisation mesurée du sol". C'est un objectif louable, mais que signifie exactement une "utilisation mesurée" ? Comment cela sera-t-il mesuré ? Quelle est la situation idéale qui est visée ?
- Loi fédérale sur la protection de l'environnement : Le but est de protéger divers éléments de l'environnement "contre les atteintes nuisibles ou incommodantes". À nouveau, comment est défini "nuisible" ou "incommodant" ? Quels sont les indicateurs spécifiques de succès ?
- Loi fédérale sur l'énergie : L'objectif est de contribuer à un approvisionnement énergétique répondant à plusieurs critères. Bien que chacun de ces critères soit important, comment seront-ils mesurés ? Quels sont les cibles spécifiques pour chaque critère ?
Ces exemples soulignent l'importance d'élaborer des objectifs plus spécifiques et mesurables dans la formulation des politiques publiques. Sans des objectifs clairement définis, il peut être difficile de mesurer le succès ou l'échec de la politique, ou d'ajuster la politique si nécessaire.
Le choix d'énoncer des objectifs plus vagues dans les politiques publiques peut être stratégique. En précisant trop les objectifs, les décideurs politiques risquent de s'aliéner certains groupes d'intérêt ou acteurs qui pourraient ne pas être d'accord avec ces objectifs spécifiques. De plus, en établissant des objectifs très précis, ils se fixent des attentes mesurables, qui pourraient éventuellement être utilisées contre eux si ces objectifs n'étaient pas atteints. D'autre part, des objectifs vagues peuvent donner une plus grande flexibilité dans l'interprétation et l'application des politiques publiques. Ils permettent une certaine marge de manœuvre pour adapter la mise en œuvre de la politique à des situations spécifiques ou changeantes. Cependant, le risque de cet approche est que l'absence de clarté et de précision peut entraîner des difficultés pour évaluer l'efficacité des politiques publiques, et peut aussi donner lieu à des conflits d'interprétation entre différents acteurs concernés par la mise en œuvre de ces politiques.
Les objectifs « smart » dans une politique publique dévoilent clairement qui bénéficiera de cette politique et quel problème particulier elle résoudra. Par conséquent, ils mettent également en lumière quels problèmes ou quels groupes ne sont pas prioritaires. Cette mise en lumière de la distribution des effets de la politique peut nuire à son acceptabilité politique, car elle rend les choix et les compromis plus évidents. C'est pourquoi, en général, les objectifs fixés dans les lois et les constitutions tendent à être vagues et globaux. Ce n'est qu'au niveau des actes d'application des lois, tels que les ordonnances, que les objectifs deviennent plus précis. Ces instruments plus détaillés permettent une plus grande précision tout en maintenant une certaine acceptabilité politique, en grande partie parce qu'ils sont souvent moins visibles et moins controversés que les lois ou les constitutions elles-mêmes.
Pour faire passer un article constitutionnel ou une loi, il faut obtenir un consensus au sein du parlement, et dans des pays comme la Suisse, il est aussi nécessaire de gagner un vote populaire à double majorité (majorité des citoyens et majorité des cantons). Ces critères constituent des barrières élevées pour l'acceptation politique. En revanche, les ordonnances, qui permettent une plus grande précision, sont généralement adoptées uniquement par le gouvernement et ne sont pas soumises à un référendum facultatif. Par conséquent, elles peuvent être mises en place avec un degré d'acceptation politique plus bas. Cela permet d'être plus précis et spécifique dans les objectifs politiques sans avoir à obtenir l'accord de vastes segments de la société ou de la politique.
Quand on parle d'objectifs précis dans le cadre d'une politique publique, on parle souvent de détails qui définissent spécifiquement les résultats attendus, le public cible, le calendrier et les critères de réussite. Cependant, en raison de la complexité et de la sensibilité politiques, il est difficile d'établir ces objectifs précis à un niveau constitutionnel ou législatif général. Dans une constitution, les objectifs sont généralement formulés en termes très généraux, car ils doivent être acceptables pour un large éventail de groupes de la société, y compris ceux qui ont des intérêts conflictuels. De plus, la constitution est un document de portée et de durée longues, ce qui signifie qu'elle doit être suffisamment flexible pour s'adapter aux changements futurs. Au niveau de la loi générale, les objectifs peuvent être un peu plus spécifiques, mais ils doivent encore être assez larges pour permettre différentes interprétations et applications dans différents contextes. De plus, l'adoption d'une loi nécessite généralement une majorité parlementaire, et parfois même un vote populaire, ce qui rend difficile l'obtention d'un consensus sur des objectifs très spécifiques. C'est pourquoi, dans la plupart des cas, les détails les plus précis des objectifs d'une politique publique sont définis au niveau des ordonnances ou des règlements qui sont élaborés pour mettre en œuvre la loi. Ces documents sont généralement rédigés par les agences gouvernementales responsables de la mise en œuvre de la politique, et ils ne nécessitent pas l'approbation du parlement ou du public. Cela donne aux agences la flexibilité nécessaire pour définir des objectifs précis qui répondent aux besoins spécifiques de la politique, tout en respectant le cadre général établi par la constitution et la loi.
Sélection et Utilisation des Instruments d’Action Publique
Dans la mise en œuvre des politiques publiques, les objectifs spécifiques ne sont pas toujours clairement définis ou bien précisés dans les textes législatifs ou constitutionnels. Néanmoins, ce qui est généralement le plus visible et tangible pour les citoyens, c'est la mise en œuvre pratique de ces politiques : c'est-à-dire, les actions concrètes entreprises par les administrations publiques pour atteindre les objectifs généraux énoncés dans les lois et réglementations. Par exemple, une politique publique visant à améliorer l'éducation peut avoir un objectif vague, comme "améliorer la qualité de l'éducation". Toutefois, les actions concrètes entreprises par les écoles, les enseignants et les administrations pour atteindre cet objectif - comme l'embauche de nouveaux enseignants, la mise en œuvre de nouvelles méthodes pédagogiques, ou l'augmentation du financement pour les écoles - sont des aspects plus tangibles de cette politique publique. Ces actions concrètes, souvent appelées "instruments d'action" dans le jargon des politiques publiques, sont donc généralement le moyen le plus direct et visible pour les citoyens de comprendre comment une politique publique est mise en œuvre. C'est également à travers ces actions que les citoyens peuvent évaluer l'efficacité d'une politique publique et si les objectifs généraux sont atteints.
Les instruments sont les outils concrets que l'État utilise pour appliquer ses politiques publiques et atteindre les objectifs fixés. Ce sont eux qui font le lien entre les administrateurs publics et les groupes cibles dans la société civile. Ces instruments peuvent prendre différentes formes. Par exemple, ils peuvent se manifester sous forme d'autorisations, qui accordent le droit de mener certaines actions ; d'interdictions, qui empêchent certaines actions d'être réalisées ; ou de prescriptions, qui obligent à la réalisation de certaines actions. L'État dispose d'une large gamme de ces instruments pour atteindre les objectifs fixés par ses politiques publiques. Le choix d'un instrument spécifique peut dépendre de plusieurs facteurs, tels que la nature du problème à résoudre, le contexte politique et social, ou encore les ressources disponibles. Un domaine de recherche important dans l'analyse des politiques publiques est d'étudier pourquoi un certain instrument est choisi et mis en œuvre, et quel est son efficacité pour atteindre les objectifs fixés. Cela peut impliquer l'analyse de données sur les performances de l'instrument, l'évaluation de ses impacts sur la société et l'économie, et l'étude des processus par lesquels l'instrument a été choisi et mis en œuvre. Ces recherches peuvent aider à améliorer la formulation et la mise en œuvre des politiques publiques à l'avenir.
Lors de la formulation d'une politique publique, il existe un large éventail d'instruments allant des moins intrusifs aux plus intrusifs. Ces instruments peuvent varier en termes de l'ampleur de leur intervention dans la société ou l'économie, ainsi que de l'effort requis pour les mettre en œuvre. Par exemple, parmi les instruments les moins intrusifs, on peut citer l'information et la persuasion, où l'État cherche à influencer le comportement des citoyens ou des entreprises en leur fournissant des informations ou en les encourageant à adopter certaines pratiques. Au milieu du spectre, on trouve des instruments tels que les incitations fiscales ou les régulations, où l'État cherche à orienter le comportement en modifiant les coûts ou les bénéfices associés à certaines actions. Parmi les instruments les plus intrusifs, on peut citer les interdictions ou les prescriptions, où l'État impose directement certaines actions ou interdit certaines pratiques. Lors de la formulation d'une politique publique, différents acteurs peuvent préférer différents instruments en fonction de leurs intérêts et de leurs valeurs. Par exemple, certains acteurs peuvent préférer des instruments moins intrusifs qui respectent davantage l'autonomie individuelle, tandis que d'autres peuvent préférer des instruments plus intrusifs qui garantissent un contrôle plus direct sur les résultats. Ces débats sur le choix des instruments peuvent être une partie importante du processus de formulation des politiques.
L'Autorégulation
L'autorégulation est un type d'instrument de politique publique dans lequel l'État cherche à influencer le comportement des acteurs concernés, mais laisse à ces derniers une certaine autonomie pour déterminer la manière exacte dont ils vont répondre. Cela peut se faire par le biais de codes de conduite volontaires, de normes sectorielles ou de systèmes de certification privés, par exemple. L'idée derrière l'autorégulation est qu'en permettant aux acteurs concernés de prendre leurs propres décisions, ils seront plus susceptibles de s'engager dans le processus et de se conformer aux objectifs de la politique. Cela peut également permettre une plus grande flexibilité et adaptation aux conditions spécifiques de différents acteurs ou secteurs. Cependant, l'autorégulation présente également des défis. Par exemple, il peut être difficile pour l'État de s'assurer que tous les acteurs se comportent de manière responsable et qu'ils atteignent les objectifs de la politique. De plus, l'autorégulation peut parfois conduire à des inégalités, car certains acteurs peuvent avoir plus de ressources ou de capacités pour se conformer aux politiques que d'autres.
Les gentlemen agreements ou les conventions de diligence sont des accords informels, souvent non contraignants, entre les parties concernées - ici, les banques - sur la manière dont elles vont traiter un certain problème - dans ce cas, le blanchiment d'argent, l'évasion fiscale, le financement du terrorisme et le recyclage de l'argent des dictateurs.[3] Ces conventions peuvent être considérées comme un exemple d'autorégulation, car elles sont négociées et mises en œuvre par les banques elles-mêmes, plutôt que d'être imposées par l'État. Cela donne aux banques une grande marge de manœuvre pour déterminer comment elles vont atteindre les objectifs de la politique, tout en minimisant l'intrusion de l'État dans leurs activités. Toutefois, ce type d'instrument a ses limites et ses défis. En l'occurrence, l'efficacité de ces conventions a été remise en question en raison de pressions internationales. Ces pressions ont probablement mis en évidence certaines des difficultés inhérentes à l'autorégulation, notamment le risque que les acteurs concernés ne prennent pas des mesures suffisantes pour résoudre le problème ou qu'ils ne se conforment pas pleinement aux conventions convenues.
Campagnes d'Information et de Persuasion
Les campagnes d'information et de persuasion représentent un degré plus élevé d'implication de l'État dans l'orientation du comportement des groupes cibles. Ces méthodes se situent quelque part entre l'autorégulation et les réglementations obligatoires plus contraignantes. Avec les campagnes d'information, l'État cherche à éduquer le public ou un groupe spécifique sur un certain problème ou une certaine question, dans l'espoir de les encourager à agir d'une manière qui contribue à résoudre le problème. Par exemple, une campagne d'information sur les effets néfastes du tabagisme sur la santé visera à encourager les gens à arrêter de fumer. Les campagnes de persuasion, d'autre part, impliquent souvent une approche plus active pour influencer le comportement. Elles peuvent inclure des messages de marketing social qui visent à promouvoir certains comportements ou à dissuader d'autres comportements. Par exemple, une campagne de persuasion peut encourager le recyclage ou la réduction de la consommation d'énergie. Dans les deux cas, l'objectif est d'influencer le comportement sans recourir à des mesures législatives ou réglementaires contraignantes. Cependant, l'efficacité de ces approches dépend en grande partie de la volonté et de la capacité du public ou du groupe cible à changer son comportement.
Les campagnes de sensibilisation sur des sujets tels que la prévention du VIH/SIDA ou les dangers de la consommation de tabac sont des exemples typiques d'instruments de politique publique utilisés pour influencer le comportement des citoyens. Par exemple, les campagnes de prévention du VIH/SIDA peuvent utiliser diverses méthodes, allant des publicités à la télévision ou à la radio aux affiches et dépliants, pour informer le public sur les dangers du VIH/SIDA et sur l'importance de l'utilisation des préservatifs pour prévenir la transmission de cette maladie. De même, les avertissements sanitaires sur les paquets de cigarettes sont une autre méthode utilisée pour influencer le comportement des fumeurs. Les images graphiques et les messages chocs sur les dangers du tabagisme ont pour but de dissuader les fumeurs de continuer à fumer, ou du moins de les encourager à réduire leur consommation de tabac. Les mises en garde sur les bouteilles d'alcool constituent également un instrument de politique publique utilisé pour sensibiliser les consommateurs aux dangers de la consommation excessive d'alcool. Les avertissements peuvent indiquer les risques pour la santé associés à la consommation d'alcool, ainsi que les dangers de la conduite en état d'ébriété ou de la consommation d'alcool pendant la grossesse. Cependant, bien que ces campagnes de sensibilisation puissent avoir un certain impact, leur efficacité dépend largement de la réceptivité du public à ces messages et de leur volonté de changer leurs comportements en conséquence.
L'approche basée sur l'information et la sensibilisation repose sur l'idée que les individus, une fois correctement informés, seront capables et désireux d'adopter des comportements plus sains ou plus bénéfiques. Cependant, cette approche présuppose également que les individus ont la volonté et la capacité d'agir sur ces informations, ce qui n'est pas toujours le cas. Par exemple dans le cas du tabagisme : même si les fumeurs sont bien conscients des risques pour la santé associés à leur comportement, nombreux sont ceux qui continuent à fumer. Il peut y avoir diverses raisons à cela, comme l'addiction à la nicotine, le sentiment que les bénéfices immédiats du tabagisme (comme le soulagement du stress ou le plaisir) l'emportent sur les risques à long terme, ou le manque de soutien ou de ressources pour arrêter de fumer. C'est pourquoi, dans certains cas, des interventions plus fortes peuvent être nécessaires. Par exemple, l'État peut décider de mettre en place des restrictions sur la vente de cigarettes, d'augmenter les taxes sur le tabac pour en augmenter le coût, ou de proposer des programmes de sevrage tabagique financés par l'État pour aider ceux qui souhaitent arrêter de fumer. Dans tous les cas, le choix de l'instrument de politique publique dépendra des spécificités du problème à résoudre, de l'acceptabilité politique et sociale de l'instrument, et de la capacité de l'État à le mettre en œuvre efficacement.
Incitations Positives et Négatives
Les incitations positives, ou "carottes", sont des mesures visant à encourager un certain comportement par le biais de récompenses ou d'avantages. Par exemple, dans le cas des politiques antitabac, une incitation positive pourrait être de subventionner les traitements d'aide à l'arrêt du tabac, comme les patchs à la nicotine. Cela rend ces traitements plus accessibles et abordables, ce qui peut encourager davantage de fumeurs à tenter d'arrêter. Parallèlement aux incitations positives, il y a également les incitations négatives, ou "bâtons". Ce sont des mesures qui cherchent à dissuader un certain comportement en le rendant moins attrayant ou plus coûteux. Dans le contexte du tabagisme, une incitation négative pourrait être une taxe sur les cigarettes, qui augmente le coût du tabagisme et le rend donc moins attrayant. Ces deux types d'incitations peuvent être utilisés de manière complémentaire dans une politique publique. Par exemple, les revenus générés par une taxe sur le tabac peuvent être utilisés pour financer des programmes d'aide à l'arrêt du tabac, combinant ainsi une incitation négative (augmenter le coût du tabac) et une incitation positive (rendre les aides à l'arrêt plus abordables).
L'utilisation de mesures financières telles que les subventions ou les taxes est une méthode couramment utilisée pour influencer le comportement des acteurs visés par une politique publique. Les subventions peuvent rendre certains comportements plus attrayants en réduisant les coûts associés à ces comportements. Par exemple, des subventions pour les agriculteurs peuvent rendre les méthodes de production plus respectueuses de l'environnement plus abordables et donc plus attrayantes. Cela peut aider à encourager les agriculteurs à adopter des pratiques plus durables, ce qui contribue à la réalisation des objectifs environnementaux de la politique publique. Inversement, les taxes peuvent être utilisées pour décourager certains comportements en augmentant leurs coûts. Par exemple, une taxe sur le tabac rend le tabagisme plus coûteux, ce qui peut dissuader les gens de fumer. De même, une taxe carbone peut augmenter le coût des combustibles fossiles, incitant ainsi les entreprises et les particuliers à se tourner vers des sources d'énergie plus propres. Il est à noter que les subventions et les taxes peuvent également avoir des effets redistributifs, en transférant des ressources d'un groupe à un autre. Par conséquent, leur utilisation peut parfois être controversée et susciter des débats politiques.
À mesure que l'intervention de l'État devient plus forte et que le degré de contrainte augmente, l'acceptabilité de ces mesures peut diminuer. Chaque instrument de politique publique a des implications spécifiques en termes de droits, de libertés et de responsabilités pour les différents groupes cibles. Par exemple, alors que des mesures incitatives comme les subventions ou les taxes peuvent être vues comme respectant plus la liberté individuelle, des règlements plus stricts ou des interdictions peuvent être perçus comme des atteintes à cette liberté. C'est pourquoi le processus d'élaboration des politiques publiques implique souvent de trouver un équilibre entre l'efficacité de l'instrument pour atteindre l'objectif visé et son acceptabilité auprès du public et des parties prenantes. Cette dynamique peut donner lieu à des débats animés et parfois polarisants. Cela peut être particulièrement évident lorsqu'il s'agit de questions complexes et controversées, où différents groupes ont des intérêts divergents. Par exemple, dans le domaine de l'environnement, le choix d'un instrument spécifique peut avoir des implications significatives pour les industries, les consommateurs et les défenseurs de l'environnement, chacun ayant des perspectives et des priorités différentes.
Prescription et Interdiction
L'étape suivante dans le spectre de l'intrusion de l'État dans les politiques publiques comprend des approches de régulation plus directes, telles que les prescriptions, qui peuvent prendre la forme d'autorisations et d'interdictions.
- Les autorisations: L'État peut demander à certains groupes cibles d'obtenir une autorisation ou un permis avant d'engager certaines actions. Ces permis peuvent être assortis de conditions spécifiques qui doivent être respectées. Un exemple pourrait être l'autorisation nécessaire pour ouvrir un établissement de restauration, qui peut nécessiter de respecter certaines normes d'hygiène et de sécurité.
- Les interdictions: Il s'agit de la forme la plus stricte de contrôle, où certains comportements sont tout simplement interdits par la loi. Les interdictions peuvent couvrir un large éventail de comportements, allant de la consommation de certaines substances (comme les drogues illégales) à la réalisation de certaines activités (comme la conduite en état d'ivresse).
Ces formes de contrôle sont souvent utilisées lorsque les risques associés à certains comportements sont jugés trop élevés pour être laissés sans régulation. Cependant, leur mise en œuvre nécessite un suivi et une application stricts de la part de l'État, ce qui peut entraîner des coûts supplémentaires. De plus, elles peuvent parfois être perçues comme une atteinte aux libertés individuelles, ce qui peut susciter des débats et des controverses.
Les instruments prescriptifs, comme les autorisations ou les interdictions, ont une grande capacité à influencer les comportements des groupes cibles. Par exemple, en rendant obligatoire l'obtention d'un permis de conduire, l'État assure non seulement que les conducteurs possèdent les compétences nécessaires pour naviguer sur les routes de manière sûre, mais également que les règles de circulation sont respectées, minimisant ainsi les risques d'accidents. De même, l'interdiction de certaines actions, comme la conduite en état d'ébriété, vise à protéger la société dans son ensemble en prévenant des comportements dangereux. Ces instruments prescriptifs sont donc particulièrement efficaces pour modifier les comportements, bien qu'ils puissent être perçus comme restrictifs ou intrusifs. Cependant, leur efficacité dépend également de l'application de ces règles et de la capacité de l'État à surveiller et à sanctionner les infractions. Une réglementation, aussi stricte soit-elle, n'aura que peu d'effet si elle n'est pas correctement mise en œuvre et respectée.
Nationalisation et Étatisme
La forme la plus intrusive d'action publique est la nationalisation ou l'étatisation, où l'État prend le contrôle direct d'une industrie ou d'un secteur. Historiquement, de nombreux pays ont nationalisé des industries essentielles comme les transports, l'énergie ou les télécommunications afin de garantir un accès universel à ces services. Par exemple, les chemins de fer, les services postaux et l'électricité ont été souvent gérés par l'État. Cependant, ces dernières années, de nombreux pays ont suivi une tendance inverse, privatisant de nouveau ces industries ou les ouvrant à la concurrence. Les arguments en faveur de la privatisation comprennent souvent une plus grande efficacité grâce à la concurrence et la possibilité pour l'État de réduire sa dette en vendant des actifs.
En parallèle, il existe d'autres formes d'interventions extrêmement intrusives de l'État, comme le système de justice pénale. L'emprisonnement et la peine de mort sont des exemples de sanctions ultimes qui démontrent la capacité de l'État à restreindre sévèrement la liberté individuelle. Cela illustre à quel point l'État peut être puissant et contrôlant dans la poursuite de ses objectifs de politique publique. Cependant, ces formes d'intervention sont souvent sujettes à un débat intense en raison de leur nature extrêmement intrusive et des implications morales et éthiques qui en découlent.
Processus de Choix de l'Instrument
Le choix des instruments de politique publique est une décision clé qui peut influencer significativement l'efficacité et la perception d'une politique. La sélection doit tenir compte de nombreux facteurs, parmi lesquels :
- Objectifs de la politique : Les objectifs déterminent en grande partie quels types d'instruments seront les plus efficaces. Par exemple, si l'objectif est de réduire la consommation de tabac, des instruments comme les taxes, les campagnes de sensibilisation et les restrictions sur la vente pourraient être utilisés.
- Acceptabilité politique et sociale : Certains instruments peuvent être plus politiquement acceptables que d'autres. Par exemple, les incitations économiques peuvent être préférées aux interdictions ou aux régulations strictes.
- Coûts et ressources disponibles : L'application de certains instruments peut être coûteuse, et l'État doit évaluer si les ressources disponibles sont suffisantes pour mettre en œuvre et maintenir l'instrument choisi.
- Caractéristiques du groupe cible : Le comportement et les attitudes du groupe cible peuvent également influencer le choix des instruments. Par exemple, certains groupes pourraient être plus réceptifs à l'information et à la persuasion, tandis que d'autres pourraient nécessiter des incitations économiques ou des réglementations plus strictes.
- Impacts prévus et imprévus : Lors du choix d'un instrument, les décideurs doivent également prendre en compte les impacts potentiels et les conséquences imprévues. Par exemple, l'introduction d'une taxe pourrait avoir des effets distributifs qui pourraient nécessiter d'autres politiques compensatoires.
Il est important de noter qu'une politique publique efficace peut nécessiter une combinaison d'instruments plutôt qu'un seul. Une approche multifacette pourrait permettre de gérer la complexité des problèmes sociaux et de répondre à une gamme plus large de comportements et d'attitudes.
La proportionnalité est un principe fondamental dans l'élaboration des politiques publiques et le choix des instruments. Cela signifie que les mesures adoptées pour atteindre un objectif doivent être appropriées et ne pas aller au-delà de ce qui est nécessaire pour atteindre cet objectif.
Dans le contexte de la politique publique, la proportionnalité peut être envisagée à deux niveaux :
- La proportionnalité entre les objectifs et les instruments : Les instruments choisis pour atteindre un objectif doivent être en adéquation avec l'ampleur et l'importance de l'objectif. Par exemple, si l'objectif est de réduire de manière significative la consommation de tabac, un instrument comme une légère augmentation de l'âge légal pour acheter des cigarettes peut ne pas être proportionné. En revanche, une combinaison de taxes plus élevées, de restrictions sur la publicité et de programmes de sevrage financés par l'État pourrait être plus proportionnée.
- La proportionnalité entre les avantages de la politique et ses coûts ou ses impacts négatifs : Cela signifie que les bénéfices attendus de la politique (par exemple, l'amélioration de la santé publique) doivent être proportionnés aux coûts ou aux inconvénients qu'elle peut entraîner (par exemple, la restriction des libertés individuelles, les coûts économiques pour les entreprises de tabac). Si une politique entraîne des coûts excessifs par rapport à ses avantages, elle peut être considérée comme disproportionnée.
L'évaluation de la proportionnalité peut être complexe, car elle nécessite de peser des facteurs parfois contradictoires et de prendre en compte les effets directs et indirects de la politique. C'est pourquoi, en pratique, l'élaboration des politiques publiques implique souvent un processus d'évaluation et de révision continu pour s'assurer que la politique reste proportionnée à ses objectifs et à ses impacts.
La tension entre sécurité et liberté est un débat classique dans la formulation des politiques publiques, en particulier dans les domaines liés à la sécurité nationale, à la justice pénale, à la santé publique et aux technologies de l'information.
- Sécurité nationale et justice pénale : Les politiques destinées à prévenir le terrorisme ou la criminalité peuvent impliquer des mesures intrusives telles que la surveillance, le profilage ou la détention préventive. Ces mesures peuvent être efficaces pour améliorer la sécurité, mais elles peuvent aussi porter atteinte à des droits fondamentaux tels que le droit à la vie privée, à la liberté de mouvement ou à la présomption d'innocence.
- Santé publique : Les épidémies, comme celle du COVID-19, exigent souvent des mesures de santé publique qui limitent les libertés individuelles. Par exemple, la quarantaine, le confinement ou la vaccination obligatoire. Ces mesures peuvent être nécessaires pour protéger la santé de la population, mais elles doivent être proportionnées à la gravité de la menace et respecter autant que possible les droits individuels.
- Technologies de l'information : Les politiques qui visent à réglementer l'Internet ou à lutter contre la cybercriminalité peuvent impliquer des restrictions à la liberté d'expression ou à la vie privée en ligne. Par exemple, la censure de certains contenus ou la surveillance des communications. Ces politiques peuvent aider à maintenir l'ordre et à prévenir les abus, mais elles doivent être mises en œuvre de manière à respecter les droits numériques.
Dans tous ces domaines, le défi est de trouver le juste équilibre entre la sécurité et la liberté. Cela nécessite souvent une évaluation prudente des risques et des avantages, un contrôle judiciaire pour protéger les droits fondamentaux, et un débat public ouvert pour décider où placer le curseur.
Étude de Cas : La Politique d'Efficacité Énergétique
Le choix des objectifs et des instruments est crucial pour la mise en place de toute politique publique.
- Les objectifs définissent les résultats que les décideurs politiques espèrent atteindre. Ils peuvent être vagues ou précis, généraux ou spécifiques. La définition claire d'objectifs précis peut aider à guider l'élaboration et la mise en œuvre de la politique, à responsabiliser les acteurs impliqués et à évaluer l'efficacité de la politique. Cependant, des objectifs trop spécifiques peuvent aussi limiter la flexibilité et l'adaptabilité, surtout dans des contextes incertains ou changeants.
- Les instruments sont les moyens par lesquels les objectifs sont atteints. Ils peuvent varier considérablement en fonction du contexte, des ressources disponibles et de la nature du problème à résoudre. Les instruments peuvent inclure des lois et des réglementations, des incitations économiques, des services publics, des campagnes d'information, entre autres. Le choix des instruments dépend de nombreux facteurs, tels que leur efficacité prévue, leur coût, leur acceptabilité politique, leur impact sur les droits et les libertés, etc.
En fin de compte, le succès d'une politique publique dépend non seulement de la définition d'objectifs clairs et réalisables, mais aussi du choix d'instruments efficaces et appropriés pour les atteindre. Et cela nécessite une analyse soigneuse, une planification stratégique et un suivi constant.
L'efficacité énergétique est un sujet de politique publique important qui implique de nombreuses dimensions, y compris la consommation d'énergie, la technologie, l'économie et l'environnement. En termes d'instruments de politique publique, plusieurs options pourraient être utilisées pour atteindre des objectifs d'efficacité énergétique, chacune avec des degrés variables de contrainte et d'intrusion. Voyons quelques exemples :
- Autorégulation : Les acteurs de l'industrie pourraient être encouragés à mettre en place leurs propres mesures pour augmenter l'efficacité énergétique, comme le développement de technologies plus économes en énergie ou l'amélioration des processus de fabrication. Cependant, cela nécessite une volonté de la part de l'industrie et pourrait ne pas être efficace si les incitations économiques pour le faire ne sont pas suffisantes.
- Information et persuasion : L'État pourrait lancer des campagnes d'information pour sensibiliser le public à l'importance de l'efficacité énergétique et fournir des conseils sur la manière de réduire la consommation d'énergie. Cela pourrait inclure des informations sur les économies d'énergie qui peuvent être réalisées grâce à des appareils économes en énergie, l'isolation des maisons, etc.
- Incitations économiques : Des subventions ou des incitations fiscales pourraient être offertes pour encourager les particuliers et les entreprises à investir dans des technologies plus économes en énergie. Par exemple, des réductions d'impôts pourraient être accordées pour l'achat de véhicules électriques ou l'installation de panneaux solaires.
- Prescriptions : Des lois et des règlements pourraient être adoptés pour exiger une certaine efficacité énergétique. Par exemple, des normes minimales d'efficacité énergétique pourraient être établies pour les appareils électriques ou les bâtiments neufs.
- Nationalisation ou contrôle direct : Dans des circonstances extrêmes, l'État pourrait prendre le contrôle direct des industries énergétiques pour assurer une meilleure efficacité énergétique. Cependant, cela serait très intrusif et probablement controversé.
Chaque option a ses avantages et ses inconvénients, et la meilleure approche dépendra probablement d'une combinaison de ces instruments. Il est également important de prendre en compte les effets potentiels de chaque option sur l'économie, l'environnement et la société. Enfin, il est crucial de surveiller et d'évaluer régulièrement l'efficacité des politiques mises en place afin de les ajuster si nécessaire.
L'incident de Fukushima a sans aucun doute eu un impact sur la politique énergétique de nombreux pays, y compris la Suisse. Il a souligné les risques potentiels associés à l'énergie nucléaire et a incité de nombreux gouvernements à réévaluer leur dépendance à l'égard de cette source d'énergie. En Suisse, le gouvernement a exprimé son intention de sortir progressivement de l'énergie nucléaire, bien qu'aucune date précise n'ait été fixée pour cette sortie. Concernant la centrale de Beznau, c'est une question délicate. Les questions de sécurité sont primordiales, et si le rapport de l'Inspection fédérale de la sécurité nucléaire indique qu'il y a des problèmes, cela nécessiterait une attention sérieuse. Cependant, la décision de fermer une centrale nucléaire doit prendre en compte un certain nombre de facteurs, y compris l'impact sur l'approvisionnement en énergie, l'impact économique, ainsi que les questions environnementales. Pour répondre à ces défis, le choix d'instruments de politique publique sera crucial. Cela pourrait inclure des incitations pour encourager le développement et l'adoption de sources d'énergie renouvelables, des règlements pour améliorer l'efficacité énergétique, et peut-être des mesures plus intrusives si nécessaire pour garantir la sécurité. En fin de compte, la décision doit être basée sur une évaluation soignée des coûts, des avantages et des risques associés à chaque option.
La promotion de l'efficacité énergétique est une stratégie clé pour minimiser notre dépendance aux énergies non renouvelables et réduire les émissions de gaz à effet de serre. Il s'agit essentiellement de maximiser le rendement énergétique, c'est-à-dire obtenir une plus grande quantité d'énergie utilisable à partir d'une quantité donnée d'énergie consommée. Les politiques d'efficacité énergétique sont mises en œuvre par une variété d'instruments, dont certains sont les suivants : Premièrement, l'État peut établir des réglementations et des normes, comme imposer des exigences minimales d'efficacité pour les appareils électriques et les véhicules, ou établir des normes de construction pour l'efficacité énergétique des bâtiments. Deuxièmement, il y a les incitations économiques, qui peuvent prendre la forme de subventions pour les améliorations en matière d'efficacité énergétique, de prêts à faible taux d'intérêt pour les projets d'efficacité énergétique, ou de structures tarifaires pour l'électricité qui encouragent l'efficacité énergétique. Troisièmement, les programmes de sensibilisation et d'éducation sont également cruciaux. Ils permettent d'informer les consommateurs sur les avantages de l'efficacité énergétique et sur les moyens d'améliorer leur utilisation de l'énergie. Enfin, l'État peut également investir dans la recherche et le développement pour favoriser l'innovation dans les technologies d'efficacité énergétique et soutenir leur mise sur le marché. Le choix précis des instruments utilisés pour promouvoir l'efficacité énergétique dépendra des conditions et des objectifs spécifiques de la politique. Quoi qu'il en soit, il est certain que l'efficacité énergétique sera un pilier majeur de toute stratégie visant à rendre notre système énergétique plus durable et moins dépendant des combustibles fossiles.
L'efficacité énergétique est un enjeu majeur de nos sociétés modernes. Elle se définit comme la capacité d'un système (qu'il s'agisse d'un ordinateur, d'une voiture, ou même d'un bâtiment) à maximiser son rendement énergétique. Autrement dit, un système à haute efficacité énergétique est celui qui utilise une faible quantité d'énergie pour accomplir sa tâche. Par exemple, un ordinateur efficace consommera moins d'électricité, tout comme une voiture efficace consommera moins de carburant. Le défi actuel réside dans le fait que nous avons aujourd'hui accès à des technologies qui pourraient considérablement améliorer l'efficacité énergétique de la plupart de nos appareils et systèmes. Si nous étions en mesure d'améliorer l'efficacité énergétique de tous ces appareils, nous pourrions réaliser d'énormes économies d'énergie. Cela réduirait non seulement nos factures d'énergie, mais aussi notre dépendance à l'égard des sources d'énergie polluantes ou non renouvelables, comme l'énergie nucléaire. Cependant, malgré l'existence de ces technologies, leur adoption n'est pas aussi généralisée qu'elle pourrait l'être. Cela peut s'expliquer par divers obstacles, comme le coût initial élevé de ces technologies, le manque d'information ou de sensibilisation, ou encore la résistance au changement. Par conséquent, une partie de la solution réside dans la mise en œuvre de politiques publiques qui encouragent et facilitent l'adoption de technologies à haute efficacité énergétique.
La question de l'efficacité énergétique n'est pas nouvelle et a été largement débattue depuis le premier choc pétrolier dans les années 1970. De nombreux pays ont depuis cherché à adopter des politiques pour promouvoir l'efficacité énergétique et résoudre ce problème. Le défi réside dans le fait que malgré la disponibilité de technologies plus économes en énergie, une grande proportion d'appareils et de véhicules ne les utilisent pas. L'achat excessif d'appareils et de voitures qui n'utilisent pas ces technologies d'efficacité énergétique, malgré leur faisabilité technologique et leur rationalité économique, crée un retard technologique considérable. Cela suggère que même si des solutions sont technologiquement disponibles et économiquement rationnelles, il peut y avoir des obstacles à leur mise en œuvre. C'est précisément là que les politiques publiques peuvent jouer un rôle déterminant. En mettant en place des instruments appropriés, les gouvernements peuvent encourager l'adoption de technologies plus efficaces et aider à combler ce retard technologique. Des politiques efficaces peuvent inciter les consommateurs et les entreprises à investir dans des technologies plus économes en énergie, contribuant ainsi à une utilisation plus efficace de l'énergie et à une réduction de notre dépendance aux sources d'énergie polluantes ou non renouvelables.
Lorsque l'on applique les différentes catégories d'instruments à l'efficacité énergétique, on peut observer que les politiques varient considérablement d'un pays à l'autre en fonction des groupes cibles identifiés comme étant la cause du problème. Différents instruments sont utilisés pour essayer de modifier le comportement de ces groupes cibles. Dans certains pays, par exemple, les consommateurs individuels peuvent être identifiés comme le groupe cible. Les politiques pourraient donc viser à encourager les comportements d'économie d'énergie par le biais d'incitations positives, comme des subventions pour l'achat d'appareils économes en énergie, ou d'incitations négatives, comme des taxes plus élevées sur les appareils moins économes en énergie. Dans d'autres pays, le secteur de la construction ou de la fabrication peut être identifié comme le groupe cible. Les politiques pourraient alors imposer des normes d'efficacité énergétique plus strictes pour les nouveaux bâtiments ou les appareils, ou bien encourager l'adoption de technologies plus économes en énergie grâce à des subventions ou à d'autres formes de soutien financier. De même, dans d'autres contextes, les fournisseurs d'énergie pourraient être considérés comme le groupe cible. Dans ce cas, les politiques pourraient viser à encourager ou à contraindre les fournisseurs d'énergie à investir dans des sources d'énergie plus efficaces ou à promouvoir l'efficacité énergétique auprès de leurs clients. L'efficacité de ces différents instruments dépendra de nombreux facteurs, dont le contexte spécifique du pays, la structure de son économie, ses ressources énergétiques, et le degré d'acceptabilité politique de ces mesures parmi les différents acteurs concernés.
C'est une réalité que l'on observe dans de nombreux contextes : l'acheteur d'un appareil et l'utilisateur final ne sont pas toujours la même personne, et leurs intérêts peuvent diverger. Cela est particulièrement vrai dans le cas de la location de logements, où le propriétaire est généralement celui qui achète les appareils électroménagers, tandis que le locataire est celui qui en assume les coûts de fonctionnement. Le propriétaire peut être tenté d'acheter l'appareil le moins cher, qui est souvent également le moins efficace en termes d'énergie. En effet, l'efficacité énergétique d'un appareil n'est généralement pas la principale préoccupation du propriétaire, car il ne sera pas directement touché par les coûts de fonctionnement de cet appareil. De l'autre côté, le locataire, qui est celui qui paye la facture d'électricité, n'a souvent pas le contrôle sur le choix de l'appareil. Cela peut entraîner une situation où le locataire se retrouve avec un appareil énergivore qui entraîne des coûts de fonctionnement élevés. Il existe plusieurs façons de résoudre ce problème. Par exemple, les gouvernements pourraient envisager des incitations fiscales ou des subventions pour encourager les propriétaires à acheter des appareils plus économes en énergie. Une autre solution pourrait être d'imposer des normes d'efficacité énergétique minimales pour les appareils utilisés dans les logements locatifs. Une autre option serait d'éduquer les consommateurs sur l'importance de l'efficacité énergétique et de leur fournir des informations claires et faciles à comprendre sur la consommation d'énergie des appareils, par le biais d'étiquettes énergétiques ou de campagnes d'information, par exemple.
Les systèmes de bonus-malus peuvent être des outils très efficaces pour modifier les comportements d'achat et inciter à choisir des appareils plus efficaces sur le plan énergétique. Dans un tel système, les acheteurs qui choisissent des appareils économes en énergie reçoivent un bonus, sous forme de subvention ou de remise, tandis que ceux qui choisissent des appareils moins efficaces sont soumis à un malus, comme une taxe ou un surcoût. La beauté de ce système est qu'il rend les choix énergétiquement inefficaces plus coûteux pour l'acheteur, tout en récompensant ceux qui font des choix plus durables. Cela peut être particulièrement efficace lorsque le coût initial est un facteur important dans la décision d'achat, comme c'est souvent le cas pour les appareils électroménagers. De plus, dans une configuration idéale, les revenus générés par les malus (c'est-à-dire les taxes sur les appareils moins efficaces) peuvent être utilisés pour financer les bonus (c'est-à-dire les subventions pour les appareils plus efficaces). Cela crée un système qui s'autofinance tout en favorisant un comportement plus écologique. Cependant, la mise en œuvre d'un tel système peut présenter des défis. Il est crucial de fixer le niveau de bonus et de malus à des montants qui sont suffisamment incitatifs pour changer les comportements. De plus, le système doit être conçu de manière à être facile à comprendre et à utiliser pour les consommateurs. Il doit également être équitable et éviter de pénaliser de manière disproportionnée les ménages à faible revenu.
Il est tout à fait possible que le comportement des distributeurs ou des vendeurs joue également un rôle important dans la diffusion d'appareils énergétiquement efficaces. En effet, les vendeurs peuvent jouer un rôle important dans le processus d'achat en fournissant des informations aux consommateurs et en les guidant dans leur choix. Si les vendeurs ne sont pas bien informés sur la consommation énergétique des appareils qu'ils vendent, ils ne seront pas en mesure de transmettre ces informations aux consommateurs et de les convaincre de l'importance de choisir des appareils énergétiquement efficaces. Une solution possible à ce problème serait de mettre en place des programmes de formation pour les vendeurs, afin de les informer sur l'importance de l'efficacité énergétique et de les sensibiliser à la manière de transmettre ces informations aux consommateurs. Ces programmes pourraient être mis en œuvre par le gouvernement, par des organismes de régulation de l'énergie, ou par les fabricants d'appareils eux-mêmes. En outre, des mesures incitatives pourraient également être mises en place pour encourager les vendeurs à promouvoir des appareils énergétiquement efficaces, par exemple en offrant des bonus ou des commissions plus élevés pour la vente de ces appareils. Néanmoins, il convient de souligner que la formation des vendeurs et la mise en place de mesures incitatives ne sont que deux des nombreux instruments de politique énergétique qui peuvent être utilisés pour promouvoir l'efficacité énergétique. Il est donc essentiel d'adopter une approche globale et de combiner différents instruments pour atteindre cet objectif.
Les producteurs des appareils jouent un rôle crucial dans la promotion de l'efficacité énergétique. En fait, ils sont souvent à la base de la chaîne de valeur et ont donc la capacité d'influencer grandement les caractéristiques des produits qui arrivent sur le marché. Il est donc possible de cibler les producteurs avec différentes politiques et instruments. Par exemple, des réglementations peuvent être mises en place pour exiger des niveaux minimums d'efficacité énergétique pour certains appareils. Ces réglementations peuvent être accompagnées d'exigences de reporting et de contrôles réguliers pour s'assurer de leur respect. De plus, les gouvernements peuvent offrir des incitations financières aux producteurs pour développer et produire des appareils plus efficaces. Ces incitations peuvent prendre la forme de subventions, de crédits d'impôt ou de prêts à taux réduits. Enfin, des programmes volontaires peuvent être mis en place pour encourager les producteurs à aller au-delà des exigences minimales. Ces programmes peuvent inclure des labels d'efficacité énergétique qui permettent aux producteurs de différencier leurs produits sur le marché. Toutes ces approches ont leurs mérites et leurs défis, et leur efficacité dépendra du contexte spécifique de chaque pays et de chaque marché. Il est également important de noter que ces approches ne sont pas mutuellement exclusives et peuvent souvent être utilisées de manière complémentaire pour maximiser leur impact.
Les normes d'efficacité énergétique sont un outil de politique publique puissant pour encourager les producteurs à créer des produits plus économes en énergie. Ces normes établissent des exigences minimales d'efficacité que tous les produits d'une certaine catégorie doivent respecter pour être vendus dans une juridiction spécifique. Ces normes sont généralement établies par les agences gouvernementales et sont appliquées par les autorités de régulation. En définissant un niveau d'efficacité énergétique que tous les appareils d'une certaine catégorie doivent atteindre, ces normes obligent les producteurs à investir dans la recherche et le développement pour améliorer l'efficacité de leurs produits. En d'autres termes, elles obligent les producteurs à innover. En outre, les normes d'efficacité énergétique peuvent aider à "niveler le terrain de jeu" entre les producteurs, en s'assurant que tous sont tenus aux mêmes exigences. Cela peut éviter que les producteurs qui investissent dans l'efficacité énergétique soient désavantagés par rapport à ceux qui ne le font pas.
Si les consommateurs avaient une meilleure compréhension de la façon dont leur consommation d'énergie se répartit entre les différents appareils et systèmes de leur maison, ils pourraient être plus enclins à investir dans des technologies plus efficaces et à modifier leurs comportements pour économiser de l'énergie. Cependant, la mise en œuvre de factures d'électricité plus détaillées peut présenter des défis. Pour commencer, cela nécessiterait que les fournisseurs d'énergie investissent dans des technologies de mesure et de facturation plus sophistiquées. De plus, cela pourrait rendre les factures d'électricité plus compliquées pour les consommateurs, ce qui pourrait être contre-productif si cela les dissuade de les lire et de les comprendre. Une alternative pourrait être de fournir aux consommateurs des outils et des ressources pour mesurer eux-mêmes leur consommation d'énergie, par exemple en vendant des compteurs d'énergie pour les appareils individuels ou en offrant des applications ou des sites web où les consommateurs peuvent suivre leur consommation d'énergie. De tels outils pourraient aider les consommateurs à comprendre où ils consomment le plus d'énergie et où ils ont le plus grand potentiel d'économies.
L'adoption de différentes stratégies et instruments de politique publique pour résoudre le même problème dans divers pays illustre comment les contextes politiques, sociaux et économiques uniques de chaque pays peuvent influencer leur approche de la gestion des problèmes publics. Dans le cas de l'efficacité énergétique, certains pays peuvent choisir de se concentrer sur la sensibilisation des consommateurs et la divulgation d'informations, tandis que d'autres peuvent choisir de mettre en œuvre des incitations économiques ou des réglementations plus strictes pour les producteurs. Ces différences peuvent être le résultat de facteurs tels que les différences dans la structure de l'industrie énergétique, la culture politique, l'opinion publique ou les contraintes budgétaires. En outre, le moment de l'adoption de ces politiques peut également varier en fonction des priorités politiques, des crises ou des opportunités spécifiques à chaque pays. Par exemple, un pays peut choisir de mettre en œuvre des politiques d'efficacité énergétique en réponse à une crise énergétique ou à des préoccupations croissantes concernant le changement climatique, tandis qu'un autre pays peut choisir de le faire dans le cadre d'une stratégie plus large de transition vers une économie à faible émission de carbone. L'étude de ces variations peut être très instructive pour comprendre comment les politiques publiques sont formulées et mises en œuvre, ainsi que pour identifier les meilleures pratiques et les leçons tirées qui pourraient être applicables dans d'autres contextes.
Les États-Unis ont été un leader mondial dans la mise en place de réglementations sur l'efficacité énergétique depuis les années 1970. En réponse au premier choc pétrolier, ils ont adopté des mesures législatives pour réduire leur dépendance aux combustibles fossiles et améliorer leur efficacité énergétique. Parmi ces mesures, citons la création en 1975 de l'Agence de l'information énergétique (EIA) et de l'Administration de la conservation de l'énergie (ECA), qui ont été chargées de promouvoir l'économie d'énergie et d'établir des normes d'efficacité énergétique pour les appareils et les véhicules. En 1978, le Congrès américain a adopté la loi sur la politique énergétique et la conservation (Energy Policy and Conservation Act), qui a instauré pour la première fois des normes d'efficacité énergétique pour les automobiles et a créé le programme d'étiquetage énergétique Energy Star. Ces initiatives ont jeté les bases de la politique américaine en matière d'efficacité énergétique et ont inspiré des efforts similaires dans d'autres pays. Cependant, l'approche adoptée par les États-Unis n'est pas nécessairement applicable dans tous les contextes, et chaque pays doit adapter ses politiques en fonction de ses propres circonstances et priorités.
La Suisse a adopté des mesures visant à améliorer l'efficacité énergétique plus tardivement que certains autres pays, comme les États-Unis. Cela dit, au fil des années, elle a mis en place un certain nombre de politiques et de programmes visant à encourager l'efficacité énergétique. Par exemple, la Suisse a adopté l'étiquetage énergétique pour les appareils électroménagers, qui aide les consommateurs à faire des choix plus économes en énergie lors de l'achat de nouveaux appareils. De plus, elle a mis en place des programmes de subvention et des incitations fiscales pour encourager les ménages et les entreprises à améliorer l'efficacité énergétique de leurs bâtiments et de leurs processus. Cependant, contrairement à d'autres pays comme les États-Unis, la Suisse n'a pas adopté de normes d'efficacité énergétique contraignantes pour les appareils ou les véhicules. Cela laisse une marge de manœuvre pour améliorer encore l'efficacité énergétique dans le pays. En outre, le gouvernement suisse a adopté la Stratégie énergétique 2050, qui vise à réduire la consommation d'énergie, à améliorer l'efficacité énergétique et à augmenter la part des énergies renouvelables. Cette stratégie comprend également des objectifs pour la réduction des émissions de gaz à effet de serre. Par conséquent, bien qu'il y ait eu un retard initial dans la mise en place de politiques d'efficacité énergétique, la Suisse s'efforce maintenant de rattraper son retard et de se positionner comme un leader dans ce domaine.
L'évaluation des politiques publiques est une étape cruciale pour déterminer si les instruments mis en place sont efficaces et répondent aux objectifs fixés. Dans le cas de l'efficacité énergétique, cela implique d'évaluer si les mesures comme les étiquettes énergétiques ou les normes d'efficacité énergétique ont un impact réel sur la consommation d'énergie. En général, on a tendance à penser que les normes d'efficacité énergétique sont plus efficaces que les étiquettes énergétiques pour plusieurs raisons. Tout d'abord, les normes établissent un seuil minimal de performance énergétique pour les appareils et les véhicules, ce qui garantit un certain niveau d'efficacité énergétique sur le marché. Deuxièmement, elles peuvent inciter les fabricants à innover et à développer des technologies plus efficaces. En revanche, les étiquettes énergétiques reposent sur la capacité et la volonté des consommateurs d'utiliser ces informations pour faire des choix plus économes en énergie. Cependant, les consommateurs peuvent ne pas toujours prêter attention à ces étiquettes, ou peuvent choisir d'autres critères (comme le prix ou la marque) sur la performance énergétique lors de l'achat d'un produit. Cependant, cela ne signifie pas que les étiquettes énergétiques ne sont pas utiles. Elles peuvent jouer un rôle important dans la sensibilisation des consommateurs à l'efficacité énergétique et peuvent les encourager à choisir des produits plus économes en énergie. De plus, elles peuvent compléter les normes d'efficacité énergétique en fournissant plus d'informations aux consommateurs. En fin de compte, l'efficacité de ces instruments dépend de nombreux facteurs, notamment de la manière dont ils sont mis en œuvre et contrôlés, de la sensibilisation et de l'éducation des consommateurs, et des autres politiques et incitations en place. Une évaluation approfondie de ces politiques peut aider à comprendre comment elles fonctionnent dans la pratique et comment elles pourraient être améliorées.
Sur cette courbe, on visualise l'efficacité énergétique à travers les étiquettes des appareils. Elle illustre la diversité des appareils en termes de consommation d'énergie, allant de ceux qui sont très économes en électricité pour accomplir leur tâche, jusqu'à ceux qui sont les moins efficients et qui consomment le plus d'électricité pour le même rendement. Idéalement, à long terme, nous aspirons à un environnement où tous les appareils sont à faible consommation. Cette aspiration n'est pas seulement d'ordre technologique, mais aussi économique, environnemental et énergétique - tout le monde en tirerait avantage. L'efficacité énergétique est rentable sur le long terme et permet d'exploiter les avantages des technologies les plus avancées.
Sur le graphique présenté, on observe l'évolution des ventes d'appareils électriques au fil du temps. Les données représentées par année montrent la distribution des ventes avant l'introduction de l'étiquette énergétique - la barre située tout à gauche du graphique. On note qu'avant cette introduction, de nombreux appareils vendus étaient de véritables gouffres énergétiques, et très peu d'appareils performants sur le plan énergétique étaient disponibles sur le marché. Cette situation décrit le paysage de consommation d'énergie avant l'implémentation des étiquettes énergétiques.
La question fondamentale est de savoir si l'introduction des étiquettes énergétiques a réussi à influencer le comportement des consommateurs et à orienter le marché vers la vente d'appareils plus économes en énergie. La courbe en noir illustre la situation cinq ans après l'introduction des étiquettes énergétiques. On observe un déplacement de la courbe vers des appareils plus économes en énergie. À la fin de cette période, il y a nettement plus d'appareils à faible consommation énergétique vendus qu'au début, tandis que les ventes d'appareils énergivores ont diminué. Cette tendance démontre que le marché peut être transformé grâce à une mesure aussi simple que l'information des consommateurs sur la consommation énergétique comme critère de choix lors de l'achat d'un appareil.
Il convient de noter que cette courbe ne reflète pas uniquement l'impact des étiquettes énergétiques. D'autres mesures ont également été mises en place au niveau de l'Union européenne, notamment les normes d'efficacité énergétique. Typiquement, ces normes fixent un seuil de consommation énergétique. Tous les appareils dépassant ce seuil ne sont plus autorisés à être commercialisés. Progressivement, ce seuil est ajusté en faveur d'une plus grande efficacité énergétique, interdisant à terme la commercialisation de tous les appareils ne respectant pas ces nouvelles exigences. Cette stratégie continue donc à favoriser l'essor d'un parc d'appareils électroménagers, d'équipements de bureau et de véhicules de plus en plus efficaces sur le plan énergétique. Ces tendances ont été observées aux États-Unis, au Japon, dans les pays nordiques, en Europe et aussi en Suisse.
Analyse Comparative des Approches de Résolution de Problèmes Publics
Comment peut-on expliquer que différents pays, confrontés au même enjeu qu'est l'efficacité énergétique, élaborent des réponses politiques variées? Les instruments politiques ne sont pas adoptés simultanément et le type ou l'assortiment de ces instruments diverge d'un pays à l'autre. Qu'est-ce qui pourrait justifier ces différences entre les pays ? Il est possible de recourir à différentes hypothèses afin d’expliquer le choix des instruments des politiques publiques. Nous allons en voir quatre.
Influence de l'Idéologie Politique sur le Degré de Contrainte
En règle générale, on considère qu'un instrument politique n'est adopté que si son degré de contrainte est compatible avec l'idéologie de la majorité au pouvoir. Autrement dit, le choix d'un instrument particulier est souvent le reflet des valeurs et des croyances dominantes au sein du gouvernement et de la population en général à un moment donné. C'est pourquoi nous observons des variations dans les approches politiques entre différents pays - chaque pays a son propre ensemble de valeurs et de croyances, qui peut influencer la manière dont ils abordent des problèmes communs comme l'efficacité énergétique.
L'idéologie politique dominante à un moment donné peut influencer le type d'instruments politiques mis en place. Par exemple, un gouvernement de centre-droit peut favoriser des instruments d'information, alors qu'un gouvernement de gauche pourrait être plus enclin à introduire des instruments incitatifs tels que des taxes ou des normes contraignantes. Dans le cas des États-Unis, c'est un exemple très instructif. Les normes contraignantes ont été introduites en 1978 par le président Carter, qui était soutenu par une majorité démocrate. Ceci correspondait à un contexte politique plus favorable à une intervention gouvernementale plus marquée. Cependant, lorsque le président Reagan, qui était de droite, a pris ses fonctions en 1981, il a tenté de bloquer l'application de ces normes. Cependant, les tribunaux l'ont finalement obligé à les appliquer, démontrant ainsi que les choix de politique publique peuvent être influencés non seulement par l'idéologie politique, mais aussi par d'autres facteurs, tels que le système juridique.
La sélection d'instruments de politique publique est souvent influencée par les convictions idéologiques des partis politiques au pouvoir. Les partis avec une idéologie plus interventionniste et favorables à un rôle plus actif de l'État sont susceptibles de favoriser des instruments politiques plus contraignants pour atteindre leurs objectifs. À l'inverse, les partis qui favorisent une intervention minimale de l'État dans l'économie sont susceptibles de préférer des instruments moins contraignants, tels que l'information et l'encouragement, plutôt que des règlements stricts ou des taxes. Il convient toutefois de souligner que de nombreux autres facteurs peuvent également influencer le choix des instruments, y compris le contexte socio-économique, les pressions des groupes d'intérêt et le climat d'opinion publique. En outre, les réalités politiques et législatives spécifiques à chaque pays peuvent également jouer un rôle, comme le montre l'exemple de la politique énergétique aux États-Unis sous les administrations Carter et Reagan.
Rôle de la Structure et de l'Organisation du Groupe Cible
La structure et l'organisation du groupe cible peut avoir un impact important sur la manière dont une politique est formulée et mise en œuvre. Les groupes cibles bien organisés, tels que des industries spécifiques ou des associations professionnelles, peuvent être plus faciles à atteindre avec certaines politiques, car ils ont des structures en place pour communiquer avec leurs membres et mettre en œuvre des changements. Ils peuvent également être plus capables de faire pression pour ou contre certaines politiques. D'un autre côté, des groupes cibles moins organisés, comme le grand public ou des segments spécifiques de la population, peuvent nécessiter des approches différentes. Par exemple, l'éducation du public et la sensibilisation peuvent être des outils clés pour atteindre ces groupes. De plus, la relation entre le groupe cible et le gouvernement peut également influencer la politique. Par exemple, si un gouvernement a une relation de travail positive avec un groupe cible, il peut être plus facile de mettre en œuvre des politiques. Cependant, si la relation est tendue, cela peut rendre la mise en œuvre de la politique plus difficile.
L'organisation et l'influence des différents groupes cibles jouent un rôle majeur dans le processus de formulation des politiques publiques. Les consommateurs, bien qu'ils soient la majorité, sont souvent moins organisés et ont donc moins de poids dans ce processus. Au contraire, les producteurs, grâce à leur forte organisation et à leur puissance économique, ont généralement une influence beaucoup plus significative. Ils ont la capacité de faire pression sur les décideurs politiques, soit pour empêcher l'adoption de certaines mesures qui pourraient nuire à leurs intérêts, soit pour faire valoir leurs points de vue. Par exemple, dans le cas des normes d'efficacité énergétique pour les appareils électroménagers, les producteurs peuvent essayer d'éviter ou de retarder l'adoption de normes plus strictes qui nécessiteraient des investissements importants pour la recherche et le développement de nouvelles technologies. Ils peuvent également chercher à influencer la formulation de ces normes afin qu'elles soient moins contraignantes pour leur production actuelle. Il est important pour les décideurs politiques de tenir compte de ces dynamiques lors de la formulation des politiques publiques et d'assurer un équilibre entre les différents intérêts en jeu.
L'analyse des acteurs et des groupes d'intérêt est une composante essentielle de l'élaboration des politiques publiques. Le choix des instruments de politique ne peut être compris sans une compréhension précise de la dynamique entre ces acteurs. Les groupes d'intérêt, qui peuvent inclure des acteurs tels que des producteurs, des consommateurs, des distributeurs et des ONG, entre autres, ont des intérêts distincts et souvent concurrents. Chacun de ces groupes a ses propres objectifs et ressources et peut exercer des pressions variées sur le processus politique. C'est en tenant compte de ces dynamiques et en négociant entre les divers intérêts en jeu que les décideurs peuvent élaborer des politiques qui sont non seulement efficaces en termes de réalisation de leurs objectifs, mais aussi politiquement viables. En d'autres termes, l'analyse des groupes d'intérêt est essentielle pour comprendre comment les instruments de politique sont choisis et comment ils peuvent être mis en œuvre efficacement.
Compétition ou Harmonisation Internationale
La compétition ou l'harmonisation internationale sont des éléments clés dans le choix des instruments de politique publique. La compétition internationale peut inciter les pays à adopter des politiques spécifiques pour attirer des investissements, améliorer leur compétitivité économique, ou simplement ne pas être laissés pour compte. Par exemple, si un pays voisin met en place des politiques d'efficacité énergétique réussies qui entraînent des bénéfices économiques et environnementaux, cela peut inciter d'autres pays à adopter des mesures similaires pour ne pas être en reste. D'un autre côté, l'harmonisation internationale, souvent promue par les organisations internationales ou les accords multilatéraux, cherche à établir des normes communes pour faciliter la coopération et le commerce international. Dans le domaine de l'efficacité énergétique, cela pourrait se traduire par l'adoption de normes d'efficacité communes pour les appareils électriques, ce qui faciliterait leur commerce entre pays. Ces facteurs peuvent agir comme des forces motrices puissantes pour le choix et l'adoption d'instruments politiques. Cependant, ils doivent être équilibrés avec les conditions et les besoins internes de chaque pays.
L'exemple classique est ce qu'on appelle "l'effet California" ou "l'effet de nivellement par le haut". L'idée est qu'un grand marché comme celui de la Californie (ou, dans l'exemple, les États-Unis) peut établir des normes élevées qui vont au-delà de la réglementation fédérale ou internationale. En raison de la taille importante de ce marché, les producteurs ont souvent intérêt à respecter ces normes élevées, même s'ils vendent leurs produits dans d'autres régions où les normes sont moins strictes. Cela peut conduire à une "course vers le haut" où d'autres juridictions adoptent des normes plus strictes pour rester compétitives. Dans cet exemple, les producteurs américains d'appareils énergivores ont commencé à exporter leurs produits au Canada, où les normes étaient moins strictes. Cela a eu un impact négatif sur l'environnement canadien, et a probablement créé une pression sur les producteurs canadiens qui devaient concurrencer ces produits moins chers mais moins efficaces. En réponse, le Canada a adopté des normes similaires à celles des États-Unis pour protéger son marché et son environnement. C'est un exemple de la façon dont l'harmonisation réglementaire peut se produire en réponse à la compétition économique et environnementale internationale.
Pour mettre en œuvre efficacement une politique énergétique, il est crucial d'avoir une administration compétente et dédiée. Cette administration doit être capable de gérer la réglementation, de surveiller sa mise en œuvre, d'évaluer son efficacité et d'adapter la réglementation en conséquence. Cette administration peut être au niveau local, régional, national ou même supranational, comme c'est le cas avec la Commission européenne pour les États membres de l'Union européenne. La nature précise de l'administration dépendra des caractéristiques du pays, du type de politique énergétique adoptée et du niveau de gouvernement qui est responsable de la politique énergétique. L'administration de l'énergie devra également travailler en étroite collaboration avec d'autres acteurs, comme les fournisseurs d'énergie, les consommateurs, les groupes de défense de l'environnement et les organismes de réglementation, pour assurer la mise en œuvre efficace de la politique énergétique. C'est un processus complexe qui nécessite une bonne coordination, une bonne communication et une expertise technique.
Lors de l'adoption des premiers instruments d'efficacité énergétique dans les années 1973 et 1974, de nombreux pays ne disposaient pas encore de départements ou d'offices dédiés à l'énergie. À cette époque, ces politiques étaient souvent gérées par les départements des affaires extérieures ou du commerce. Au fil du temps, on a assisté à la création d'administrations de l'énergie, puis d'administrations spécifiques pour la gestion de la demande énergétique. Plus récemment, avec l'émergence du concept de développement durable dans les années 1987 et 1992 et suite à la Conférence de Rio, on a vu apparaître des structures administratives dédiées à ce domaine. Ces nouvelles structures sont essentielles pour la mise en œuvre efficace des politiques énergétiques. Un exemple frappant de l'importance d'une administration efficace est l'introduction des étiquettes énergétiques au Canada. Initialement, la loi ne précisait pas où ces étiquettes devaient être apposées, ce qui a conduit les fabricants à les coller sous les appareils, comme les réfrigérateurs et les machines à laver, respectant ainsi techniquement la loi mais en rendant l'information moins visible pour les consommateurs. Cela souligne l'importance d'avoir une administration capable de surveiller et de corriger la mise en œuvre des politiques pour garantir leur efficacité.
Appendici
Riferimenti
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