Modification de Impero della Libertà o Repubblica Imperiale (1890 - 1939)?
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Infine, il processo di espansione iniziò negli anni Settanta del XIX secolo e proseguì negli anni Novanta del XIX secolo. Se prendiamo il caso dell'arcipelago samoano, inizia con un semplice trading post nel 1872. Il Pacifico è una vasta area con forti inimicizie imperialiste. In tutta questa zona, ci sono grandi scontri tra francesi, inglesi e olandesi per il possesso di questi posti di commercio e luoghi di risorse naturali. Dalla fine degli anni Settanta del XIX secolo gli Stati Uniti iniziarono a negoziare, discutere con gli inglesi, i tedeschi e i francesi sulla regione del Pacifico e in particolare con i tedeschi e gli inglesi, il che, dagli anni Ottanta del XIX secolo agli anni Novanta del XIX secolo, portò alla creazione di un condominio fino all'annessione della parte orientale dell'arcipelago da parte degli Stati Uniti nel 1899. Per le isole Hawaii, lo stesso processo che fu un semplice posto di scambio, nel 1875 gli Stati Uniti stabilirono una base a Pearl Harbour fino all'annessione nell'agosto del 1898. L'equilibrio di potere era estremamente sbilanciato. Il processo di stanziamento si svolge nell'arco di circa 15 anni. Per le Hawaii, è un'isola strategica, e non c'è modo che i concorrenti possano stabilirvisi. | Infine, il processo di espansione iniziò negli anni Settanta del XIX secolo e proseguì negli anni Novanta del XIX secolo. Se prendiamo il caso dell'arcipelago samoano, inizia con un semplice trading post nel 1872. Il Pacifico è una vasta area con forti inimicizie imperialiste. In tutta questa zona, ci sono grandi scontri tra francesi, inglesi e olandesi per il possesso di questi posti di commercio e luoghi di risorse naturali. Dalla fine degli anni Settanta del XIX secolo gli Stati Uniti iniziarono a negoziare, discutere con gli inglesi, i tedeschi e i francesi sulla regione del Pacifico e in particolare con i tedeschi e gli inglesi, il che, dagli anni Ottanta del XIX secolo agli anni Novanta del XIX secolo, portò alla creazione di un condominio fino all'annessione della parte orientale dell'arcipelago da parte degli Stati Uniti nel 1899. Per le isole Hawaii, lo stesso processo che fu un semplice posto di scambio, nel 1875 gli Stati Uniti stabilirono una base a Pearl Harbour fino all'annessione nell'agosto del 1898. L'equilibrio di potere era estremamente sbilanciato. Il processo di stanziamento si svolge nell'arco di circa 15 anni. Per le Hawaii, è un'isola strategica, e non c'è modo che i concorrenti possano stabilirvisi. | ||
[[Fichier:Shooting Captured Insurgents - Spanish-American War.ogv|vignette|droite|Insorti cubani uccisi da un plotone d'esecuzione spagnolo. Una rievocazione che Thomas Edison fece con gli attori nel 1898.]] | |||
La svolta maggiore nella costituzione dell'impero coloniale fu la guerra contro la Spagna nel 1898, che portò a un cambiamento di sovranità di Cuba, Portorico, Guam e Filippine. Le Filippine sono state inizialmente sottratte alla Spagna, ma una ribellione ha portato a una guerra tra il 1899 e il 1902 che permetterà agli Stati Uniti di stabilirsi definitivamente fino agli anni Trenta del secolo scorso. Allo stesso tempo, la regione di Panama che faceva parte della Grande Colombia vivrà nel 1903 una ribellione contro la potenza colombiana sostenuta dagli Stati Uniti che garantirà l'indipendenza di Panama in cambio di una forte presenza americana. | La svolta maggiore nella costituzione dell'impero coloniale fu la guerra contro la Spagna nel 1898, che portò a un cambiamento di sovranità di Cuba, Portorico, Guam e Filippine. Le Filippine sono state inizialmente sottratte alla Spagna, ma una ribellione ha portato a una guerra tra il 1899 e il 1902 che permetterà agli Stati Uniti di stabilirsi definitivamente fino agli anni Trenta del secolo scorso. Allo stesso tempo, la regione di Panama che faceva parte della Grande Colombia vivrà nel 1903 una ribellione contro la potenza colombiana sostenuta dagli Stati Uniti che garantirà l'indipendenza di Panama in cambio di una forte presenza americana. | ||
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Mentre stiamo discutendo se ci debba essere o meno un impero coloniale, alla fine degli anni Novanta del XIX secolo, di fatto, c'era un piccolo impero coloniale. Negli anni novanta del XIX secolo, la colonizzazione è diventata una questione politica. | Mentre stiamo discutendo se ci debba essere o meno un impero coloniale, alla fine degli anni Novanta del XIX secolo, di fatto, c'era un piccolo impero coloniale. Negli anni novanta del XIX secolo, la colonizzazione è diventata una questione politica. | ||
== | == Empire de la liberté ? == | ||
[[Fichier:Manila646 1899.jpg|200px|vignette|droite|Soldati americani in movimento vicino a Manila, 1899.]] | [[Fichier:Manila646 1899.jpg|200px|vignette|droite|Soldati americani in movimento vicino a Manila, 1899.]] | ||
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== Le Quattro Libertà == | == Le Quattro Libertà == | ||
{{#ev:youtube|5iHKtrirjlY|250|right|The Four Freedoms - Franklin D. Roosevelt.}} | |||
Il contesto intellettuale e la giustificazione per andare in guerra è importante nella misura in cui Roosevelt sta per coinvolgere gli Stati Uniti nella guerra, lo fa in nome di una serie di principi, in particolare la difesa della democrazia contro il totalitarismo, che diventerà un filo conduttore del suo discorso. Questo discorso è stato fatto già nel dicembre del 1940, quando gli Stati Uniti sono entrati gradualmente nell'organizzazione di un'economia di guerra anche se non c'era ancora. Era la prima volta che Roosevelt annunciava che gli Stati Uniti dovevano essere "l'arsenale delle democrazie", cioè mettere il proprio apparato industriale al servizio della lotta contro il nazismo anche se non erano entrati in guerra. È anche un modo per preparare l'opinione pubblica a quello che un giorno potrebbe essere l'ingresso degli Stati Uniti nella guerra. | Il contesto intellettuale e la giustificazione per andare in guerra è importante nella misura in cui Roosevelt sta per coinvolgere gli Stati Uniti nella guerra, lo fa in nome di una serie di principi, in particolare la difesa della democrazia contro il totalitarismo, che diventerà un filo conduttore del suo discorso. Questo discorso è stato fatto già nel dicembre del 1940, quando gli Stati Uniti sono entrati gradualmente nell'organizzazione di un'economia di guerra anche se non c'era ancora. Era la prima volta che Roosevelt annunciava che gli Stati Uniti dovevano essere "l'arsenale delle democrazie", cioè mettere il proprio apparato industriale al servizio della lotta contro il nazismo anche se non erano entrati in guerra. È anche un modo per preparare l'opinione pubblica a quello che un giorno potrebbe essere l'ingresso degli Stati Uniti nella guerra. | ||
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Attraverso il discorso delle Quattro Libertà, c'è un progetto globale e mondiale che si afferma anche se gli Stati Uniti non sono entrati in guerra. Questo progetto fu ulteriormente chiarito nell'agosto 1941 con la Carta atlantica, che riprese il discorso delle Quattro Libertà e pose la lotta al nazismo e quindi la costruzione o ricostruzione della democrazia al centro delle priorità internazionali degli Stati Uniti. Possiamo vedere come la Carta atlantica sia solo una rinascita o un'estensione del progetto wilsoniano e in particolare come è stata espressa nei Quattordici Punti del 1918. C'è una continuità tra Wilson e Roosevelt. C'è anche l'affermazione del principio anticolonialista che è consustanziale alla politica estera americana e diventa al centro di un progetto che ha una vocazione internazionale con l'idea di farne un principio strutturante di quella che sarà la futura organizzazione del mondo a guerra finita. Nella Carta atlantica si affermava chi saranno i futuri pilastri dell'Organizzazione delle Nazioni Unite che sono in gran parte di origine americana, cioè la pace nel mondo, la democrazia ovunque, l'economia di mercato come legata alla democrazia e la questione della sicurezza sociale. | Attraverso il discorso delle Quattro Libertà, c'è un progetto globale e mondiale che si afferma anche se gli Stati Uniti non sono entrati in guerra. Questo progetto fu ulteriormente chiarito nell'agosto 1941 con la Carta atlantica, che riprese il discorso delle Quattro Libertà e pose la lotta al nazismo e quindi la costruzione o ricostruzione della democrazia al centro delle priorità internazionali degli Stati Uniti. Possiamo vedere come la Carta atlantica sia solo una rinascita o un'estensione del progetto wilsoniano e in particolare come è stata espressa nei Quattordici Punti del 1918. C'è una continuità tra Wilson e Roosevelt. C'è anche l'affermazione del principio anticolonialista che è consustanziale alla politica estera americana e diventa al centro di un progetto che ha una vocazione internazionale con l'idea di farne un principio strutturante di quella che sarà la futura organizzazione del mondo a guerra finita. Nella Carta atlantica si affermava chi saranno i futuri pilastri dell'Organizzazione delle Nazioni Unite che sono in gran parte di origine americana, cioè la pace nel mondo, la democrazia ovunque, l'economia di mercato come legata alla democrazia e la questione della sicurezza sociale. | ||
== | == Le partage des zones d’influence == | ||
À la fin de la guerre et au moment où s’annonce le règlement du conflit, le point essentiel est le partage de zones d’influences entre ceux qui sont devenus les deux grands acteurs et puissances du conflit à savoir les États-Unis et l’URSS avec toute une série de conférences notamment à Téhéran entre novembre et décembre 1943, à Moscou en octobre 1944, à Yalta en février 1945, à San Francisco de mai à juin 1945, et enfin à Potsdam en juillet 1945. Le règlement des questions de l’après-guerre se fait en plusieurs années avec toute une série de grandes conférences au sommet abordant deux grands types de questions : des questions militaires et des questions politiques. Les questions militaires relèvent des stratégies à mettre en œuvre étant des problèmes immédiats du point de vue militaire les problèmes politiques concernent ce qui va se passer après la guerre. En 1944, l’enjeu n’est pas de savoir si la guerre sera gagnée, mais plutôt de savoir quand. Se met en place déjà une logique de système contre système, de conception contre conception. Ce sont deux idées extrêmement différentes de ce que doit être l’ordre géopolitique d’après 1945. | |||
[[File:Yalta summit 1945 with Churchill, Roosevelt, Stalin.jpg|thumb|Les dirigeants alliés à la conférence. De gauche à droite : Winston Churchill, Franklin D. Roosevelt et Joseph Staline.]] | [[File:Yalta summit 1945 with Churchill, Roosevelt, Stalin.jpg|thumb|Les dirigeants alliés à la conférence. De gauche à droite : Winston Churchill, Franklin D. Roosevelt et Joseph Staline.]] | ||
C’est à Yalta ou cela est discuté plus en détail, les principes fondamentaux sont : | |||
*la | *la destruction définitive du nazisme à savoir une reddition sans condition ; | ||
* | *affirmation que tous les peuples libérés devront pouvoir choisir le régime politique dont ils souhaitent se doter avec l’idée que des élections libres doivent être organisées partout ; | ||
* | *le fait que Staline entre en guerre contre le Japon une fois que l’Allemagne sera vaincue afin de prendre en tenaille le Japon ; | ||
*la | *la reconstitution et le replacement de la Pologne vers l’Ouest ; | ||
* | *élargissement du gouvernement provisoire polonais afin que le gouvernement polonais soit ouvert à des non-communistes. La Pologne est un élément central de la géopolitique de l’Est européen comme elle le fut d’ailleurs à l’issue de la Première Guerre mondiale. | ||
Yalta | Yalta fut l’objet d’un grand marchandage. Roosevelt et Churchill sont prêts à faire de grandes concessions afin d’obtenir en particulier l’engagement militaire de Staline contre le Japon. À Yalta, celui qui tire son épingle du jeu est Staline qui obtient beaucoup de choses de la part de Churchill et Roosevelt faisant des promesses extrêmement vagues en ce qui concerne les élections en Europe de l’Est et en Pologne en particulier. | ||
Au cours de la période 1944 – 1945, il y a un partage de zones d’influences où finalement les projets politiques respectifs commencent à se confronter avec toute une série d’ambiguïtés non formalisées, mais qui vont se préciser au cours des semaines et des mois qui suivent. | |||
= | = L’entrée en Guerre froide : l’Europe = | ||
== | == Dénazification et reconstruction démocratique == | ||
L’enjeu est la dénazification en Allemagne et en Autriche. En Allemagne se pose la reconstruction de la société et de la politique allemande. L’un des objectifs extrêmement importants des États-Unis est la reconstruction de la société allemande sur des bases démocratiques. On va voir se déployer le projet étatsunien de nation-building, l’Allemagne étant un des terrains d’expérimentations. L’idée est finalement d’extirper les germes du totalitarisme de la société allemande et de construire une société sur de nouvelles bases en particulier sur des bases démocratiques d’où le tribunal de Nuremberg. La dénazification passe par le fait de juger les coupables de crime de guerre. La notion de crime de guerre se construit à l’occasion du tribunal de Nuremberg au cours duquel sont jugés les dignitaires nazis. | |||
[[Fichier:Prosecutor Robert Jackson at Nuremberg Trials.jpg|thumb|Robert Jackson | [[Fichier:Prosecutor Robert Jackson at Nuremberg Trials.jpg|thumb|Robert Jackson s'adressant à la cour.]] | ||
Le tribunal de Nuremberg ne concerne que les plus grandes personnalités, mais l’objectif américain est de dénazifier la société allemande en profondeur. Un processus de questionnaire extrêmement détaillé est soumis aux personnes qui ont eu des responsabilités administratives à quelque niveau que ce soit dans l’État nazi. Finalement, il s’avère assez rapidement que cela est compliqué de mettre en œuvre le processus de dénazification puisqu’à des degrés divers ce sont des pans entiers de la société allemande qui ont plus ou moins participé de gré ou de force à l’entreprise totalitaire. L’ambition américaine de mettre en place une enquête à l’échelle de la société allemande tourne court assez rapidement parce que c’est difficile à mettre en œuvre, il est difficile de savoir le degré de responsabilité des uns et des autres, de savoir si cela fut volontaire ou pas. Par ailleurs, l’entreprise se heurte à une réalité concrète qui est que pour remettre en route la machine politique, économique, sociale allemande, il faut des cadres capables de faire fonctionner l’État, l’administration locale et nationale, les entreprises, etc. Le bilan est assez mitigé d’une part, et après quelque procès, dès 1948 et 1949, l’entreprise de dénazification est plus ou moins abandonnée. Le projet est beaucoup moins ambitieux que prévu. | |||
À côté du processus en profondeur, il y a une restructuration des institutions politiques qui est importante et réelle puisque c’est l’ensemble du fonctionnement politique et administratif de l’Allemagne qui est refondu avec l’abrogation intégrale de toutes les lois nazies à partir de 1945 et la loi fondamentale du 8 mai 1949 qui est la constitution de ce qui va devenir la République fédérale d’Allemagne. Lorsqu’on regarde la loi fondamentale et la constitution américaine, il y a beaucoup de similitude et de fait, le système politique allemand est construit sur le modèle du système politique américain avec en particulier un État fédéral, un système bilatéral. Le modèle américain est tout à fait net, on a une manifestation concrète d’une stratégie visant à reconstruire un régime politique ex nihilo puisqu’il y a abrogation complète des lois nazies et la construction d’une constitution démocratique dans un pays qui n’a pas de tradition démocratique. | |||
En Autriche, le processus est à peu près le même avec le même projet et les mêmes problèmes. Toutefois, l’Autriche est l’enjeu d’un objet géopolitique qui fait qu’elle ne sera pas ancrée à l’Ouest, le traité d’État autrichien entérine la neutralisation de l’Autriche en 1955. D’une certaine manière, l’entreprise de reconstruction politique en Autriche a été beaucoup moins loin qu’en Allemagne. | |||
La dénazification et reconstruction démocratique sont deux choses qui vont de pairs et qui malgré les larges ambitions initiales sont progressivement abandonnées. | |||
== | == L’URSS : la stratégie du glacis == | ||
D’un côté, les États-Unis mettent en place une stratégie mondiale, de l’autre, l’URSS est en position défensive mettant en place une stratégie du glacis à l’échelle continentale plus que mondiale. C’est une superpuissance comme les États-Unis, mais en position de faiblesse par rapport aux États-Unis étant moins développés économiquement. | |||
L’URSS a payé le plus lourd tribut avec 20 millions de morts soit pratiquement la moitié du total des victimes de la Deuxième Guerre mondiale, le pays est complètement traumatisé par les deux invasions successives de 1914 et de 1941 et dont l’objectif obsessionnel est d’assurer la sécurité contre une prochaine et éventuelle invasion d’où la stratégie du glacis afin de créer un certain nombre d’États tampons entre les puissances occidentales et l’URSS. Tous les régimes communistes mis en place en 1945 – 1946 et confirmés en 1947 – 1948 sont des régimes destinés à assurer la sécurité de l’URSS. La question qui se pose dans ce processus est de savoir si cette stratégie est une menace pour l’Europe de l’Ouest et quelles sont les intentions de Staline. | |||
Dans la vision des Américains, il y a l’idée que le communisme peut s’étendre en Europe et que le glacis peut aller de plus en plus loin vers l’Ouest. Cela peut expliquer l’affirmation de la politique de Guerre froide en Europe à partir de 1946 – 1947. | |||
== La | == La réponse américaine : le Containment == | ||
C’est en réponse à la menace potentielle qu’est mise en place la politique américaine de Guerre froide connue sous le nom de « containment ». Dans un premier temps, il y a une attitude passive de Roosevelt qui est en fin de mandat et en fin de vie. Il était prêt à beaucoup de concessions afin d’obtenir de Staline toute une série de choses et en particulier l’engagement de Staline contre le Japon. C’est à partir de 1946 que le nouveau président Truman va progressivement réagir avec la mise en place d’une stratégie notamment avec le télégramme Kennan en février 1946 décrivant la stratégie soviétique et prônant le containment. | |||
Entre le début 1946 et le début 1947, la stratégie de containment se met en place, dont la première manifestation concrète est mars 1947 avec l’aide aux gouvernements grec et turc qui est un premier déblocage de fonds afin de redresser la situation en particulier de la Grèce que les États-Unis considèrent comme potentiellement gagnable par l’URSS. Finalement, mars 1947 est le début du plan Marshall avant même le début du plan Marshall. | |||
Ce qui est intéressant est de voir est comment la stratégie du containment se met en place. Il y a la fois des principes globalistes et en même temps l’entrée en Guerre froide n’est pas mécanique non plus. Entre 1945 et 1947 se met en place la logique de Guerre froide et la doctrine américaine du containment se précise s’appliquant à l’Europe devenant rapidement une doctrine globale et à l’échelle du monde. | |||
La | La stratégie est globale parce qu’elle porte sur l’ensemble des domaines d’activités, elle est militaire d’abord renvoyant notamment à la question du National Security Act, c’est une stratégie économique se traduisant par la mise en place du plan Marshall, c’est aussi une stratégie politique avec l’idée de nation-building afin d’aider sur le plan financier et militaire un certain nombre de pays et de soutenir un certain nombre d’organisations dont les États-Unis estime qu’elles sont particulièrement important pour construire et solidifier une société. | ||
== | == L’affrontement sur le terrain == | ||
[[File:FrigateBird nuke.pg.jpg|thumb|200px| | [[File:FrigateBird nuke.pg.jpg|thumb|200px|A 1962 nuclear explosion as seen through the periscope of a U.S. Navy submarine. The goal was to contain Communist expansion without a nuclear war.]] | ||
Sur le terrain, on est dans une logique d’affrontement très concret entre les deux. Entre les années 1947 et 1949, il y a toute une série d’évènements très importants comme l’épisode du pont aérien de Berlin qui fait suite au blocus de la zone alliée de Berlin par les Soviétiques. | |||
Avec la création du Pacte atlantique en avril 1949, il y a la création d’une alliance militaire entre les différents pays d’Europe et les États-Unis. La signification du Pacte atlantique est la mise sous parapluie militaire américain de toute l’Europe occidentale. C’est une logique d’affrontement avec la création du Pacte de Varsovie qui répondra au Pacte de l’Atlantique. | |||
La | La crise grecque de 1949 est importante du point de la stratégie américaine puisqu’il y a d’un côté les États-Unis qui proclament le principe de diffusion universelle de la démocratie considérant la Grèce comme un pays absolument fondamental et clef prête à tomber du côté communiste. Dans la crise grecque, les États-Unis vont venir à soutenir un régime dictatorial qui s’impose à la fin des années 1940 pour éviter que le pays ne tombe sous domination communiste. On voit la contradiction ou le paradoxe entre les principes et la stratégie globale et l’action sur le terrain où c’est la realpolitik qui l’emporte sur la mise en œuvre des principes fondamentaux. | ||
Finalement, dans les années 1950, la stratégie américaine ne suit pas une ligne directrice bien claire, c’est une stratégie évolutive et hésitante entre une attitude ferme vis-à-vis de l’Union soviétique ou une attitude beaucoup plus souple visant à ménager l’adversaire. | |||
= | = La mondialisation du modèle américain ? = | ||
== | == Le Japon == | ||
Le Japon est un endroit clef puisqu’il est occupé par les Américains entre 1945 et 1952 administrés par le général Mac Arthur. L’un des objectifs de l’occupation militaire américaine est là aussi de reconstruire la société japonaise sur des bases démocrates pour extirper les bases du militarisme japonais. Comme l’Allemagne, l’objectif américain est de reconstruire une société sur des bases démocratiques sur la base du modèle américain. Les Américains agissent sont tout seul alors qu’en Allemagne l’occupation américaine se fait avec les Anglais et les Français. Le processus de nation-building se met en place selon le même patron qu’en Allemagne avec l’abolition des lois votées sous le régime militaire, la mise en place de la liberté religieuse et de la liberté d’expression, mais aussi la mise en place d’un régime politique similaire à celui des États-Unis avec le pluralisme politique, un régime à deux chambres, la constitution de corps intermédiaires et en particulier de syndicats. C’est un régime politique démocratique même si du point de vue strictement juridique le Japon est une monarchie constitutionnelle, mais fonctionnant comme une démocratie. | |||
La | La constitution japonaise de 1947 est une sorte de « copier-coller » de la constitution américaine, il y a une influence importante du système politique américain dans la reconstruction du système politique japonais. Il y a aussi une série de procès des criminels japonais. Son aussi mis en œuvre une reforme agraire pour déconcentrer la possession de la terre et un processus de décartellisation puisque l’économie japonaise était concentrée entre quelques groupes. | ||
Il y a toute une série de processus assez similaire, au niveau global. Il y a le même processus qu’en Allemagne, et comme en Allemagne, le processus se heurte aux mêmes problèmes. Le processus de démilitarisation et de « detotalitarisation » de la société japonaise se heurte aux mêmes problèmes qu’en Allemagne c’est-à-dire que si on juge tout le monde, il n’y a plus personne pour reconstruire le pays. À un moment donné le processus est stoppé et en particulier dans le domaine économique, la décartellisation est stoppée assez rapidement puisque les grands groupes industriels sont les seuls à pouvoir redresser l’économie rapidement. | |||
À partir du moment où la logique de Guerre froide s’annonce et s’affirme, la dénazification en Allemagne et la démilitarisation au Japon passent au second rang derrière la lutte contre le communiste. Le projet politique de démocratisation devient secondaire derrière la realpolitik de rapport de force avec l’URSS. Il y a très vite un retour des élites traditionnelles y compris celles qui furent très impliquées dans l’entreprise expansionniste du Japon ne sont que très peu inquiétés. L’empereur lui-même est mis complètement hors de cause et n’est pas jugé, car les États-Unis ont besoin d’un symbole qui incarne l’unité du Japon. Toute discussion sur le rôle de l’empereur dans l’entreprise japonaise de déclaration de guerre est passée sous silence. | |||
Il y a un processus de nation-building important avec un remodelage indéniable des institutions japonais, mais c’est un processus qui reste largement inachevé pour des raisons à la fois intérieures et des raisons extérieures qui tiennent à la logique de Guerre froide. | |||
== | == La Chine == | ||
La | La Chine est un pays extrêmement important dans la stratégie de Roosevelt. Si Roosevelt tient à impliquer la Chine dans le Conseil de sécurité, à la fin des années 1930, c’est parce que le parti communiste était presque prêt à prendre le pouvoir. L’objectif premier de Roosevelt est d’éviter que la Chine tombe dans l’escarcelle communiste et en l’admettant dans l’intérieur du club des grandes puissances en 1945. L’idée est d’essayer de l’ancrer à l’ouest le plus possible et de lui donner la possibilité de faire une reconstruction démocratique. | ||
C’est une stratégie qui va progressivement échouer du fait d’une opposition extrêmement forte entre les nationalistes et les communistes qui après avoir mis en place un modus vivendi durant la Deuxième Guerre mondiale recommencent à s’affronter menant l’installation de Mao en 1949 au pouvoir. On voit la limite de l’influence américaine dans le monde. La prise de pouvoir des communistes en 1949 est l’un des signes indéniables que le projet politique américain se heurte à un certain nombre de résistances. Le projet poursuivit était identique, mais fut stoppé par la prie de pouvoir des communistes. | |||
== La Corée == | |||
En Corée, on retrouve le même type de situation puisque le sud de la Corée a été occupé en 1945 par les États-Unis. À Yalta, à la fois, Staline, Roosevelt et Churchill se sont partagé des zones d’influences en Europe, mais aussi en Asie. Il fut prévu que la Corée du Nord serait sous influence soviétique et la Corée du Sud sous influence américaine. | |||
[[File:Syngman Rhee, 1951-May-1.jpg|thumb|Syngman Rhee, en mai 1951.]] | |||
La Corée est occupée et l’occupation du pays est mal préparée. Les États-Unis connaissaient mal la région et il y a très peu d’interprètes qui parlent le coréen ne facilitant pas la communication avec la population. Finalement, les États-Unis ne savent pas trop quoi faire en Corée en comparaison avec l’Allemagne et le Japon. Il y a une tentative de reconstruction sur le modèle américain sans avoir bien préparé les choses. Les États-Unis vont essayer de susciter le développement d’une classe politique modérée qui partage les mêmes objectifs sans pour autant y arriver. Les dirigeants qu’ils vont trouver sont beaucoup plus conservateurs notamment avec Syngman Rhee porté au pouvoir suite aux élections de 1948 qui se révèle beaucoup moins démocrate que ce que les Américains avaient imaginé. Les États-Unis vont s’en accommoder puisqu’à partir de 1947 – 1948 on est dans une logique de Guerre froide, et la stabilité est beaucoup plus importante que la démocratie. | |||
Pendant que se met en place ce régime en Corée du Sud, le régime communiste se met aussi en place en Corée du Nord déclenchant en juin 1950 une offensive en Corée du Sud. Est suivie une contre-offensive américaine qui est elle-même suivie par l’entrée de la Chine dans la guerre de Corée par des militaires non officiellement envoyés. Assez rapidement, on arrive à un statu quo entre les deux Corée entériné par l’armistice de 1953 qui coupe la Corée en deux et jusqu’à aujourd’hui. L’armistice entérine une division politique qui était plus une division de zones d’influences en 1945 – 1946 devenant une division claire. | |||
Après l’armistice, les États-Unis vont continuer à soutenir la rémige de Syngman Rhee qui n’est pas un régime très démocratique et qui va être renversé en 1961 par un coup d’État militaire qui va maintenir une dictature assez féroce jusqu’au début des années 1980 étant aussi soutenu par les États-Unis. On note le même type de configuration entre l’objectif de démocratisation et puis la realpolitik ainsi que l’adaptation au contexte de Guerre froide avec l’idée de stabilité qui est plus important que la mise en place d’une démocratisation de la société locale. | |||
== Le Vietnam : entre Nation building et guerre à outrance == | |||
Au Vietnam, comme dans les autres pays et d’autres théâtres de la Guerre froide, les États-Unis ont essayé de mettre en place une politique de nation-building sur des patrons démocratiques afin d’ancrer le Vietnam à l’Ouest. Il y a une concurrence entre deux régimes politiques. Ce processus de nations-building va aller de pair et entrer en contradiction violente avec un processus de guerre à outrance qui est mis en place par les États-Unis à partir des années 1960. Au départ, à la fin de la Deuxième Guerre mondiale, les États-Unis sont en faveur de l’indépendance du Vietnam en vertu de la posture anticolonialiste qu’ils prônaient, sauf que cette posture va rapidement être mise en berne en raison de l’ouverture de la Guerre froide en 1947. | |||
Lorsque les Français se réinstallent en Indochine en 1945 – 1946 après en avoir été chassés par les Japonais ils ne sont pas les bienvenus, mais les États-Unis laissent faire puisque les Français vont manier la rhétorique du containment. Après la fin de la guerre d’Indochine perdue par les Français en 1954, les États-Unis vont prendre la suite des Français et s’installer au Vietnam avec un programme interventionniste qui va atteindre un degré très important dans les années 1960. | |||
= La crise du modèle = | |||
À la fin des années 1940, durant toutes les années 1950 et au début des années 1960, c’est une situation d’opposition frontale entre les États-Unis et l’URSS avec un modèle américain qui a un prestige important et une image assez positive dans une bonne partie du monde. Pour une partie du monde, les États-Unis incarnent un modèle souvent plus attractif que l’URSS. | |||
Ce modèle va entrer en crise à partir des années 1960 notamment pour des raisons intérieures et extérieures. | |||
== Les failles du modèle proposé au monde == | |||
Les raisons intérieures sont d’abord les failles de ce modèle proposé au monde. D’un côté, une superpuissance qui propose l’exportation de la démocratie, la libéralisation du marché, qui dénazifie ; à l’intérieur des États-Unis, la société n’est pas si démocratique qu’elle se voudrait. En particulier, il y a le thème de la « démocratie imparfaite » ou de la « démocratie inachevée » puisque les États-Unis promeuvent la démocratie dans le monde : | |||
*la '''ségrégation raciale''' : c’est une société fondée sur la séparation stricte entre noirs et blancs jusqu’à 1954 avec l’arrêt Plessy v. Ferguson. C’est un élément qui s’invite en permanence dans le débat du rôle relatif des États-Unis dans le monde ; | |||
*les '''exclus de la société de consommation''' : l’un des éléments importants du projet de démocratie américaine est de lier démocratie et économie de marché. On devient citoyen par l’accès à l’économie de marché et à la consommation. Or, la société de consommation même si elle est plus large que dans des pays d’Europe au même moment, elle a de nombreux exclus. | |||
Pendant toutes les années 1940, 1950 et 1960, non seulement dans les pays opposés aux États-Unis, mais aussi dans les pays qui sont dans l’orbite américaine, les États-Unis sont extrêmement critiqués sur ces deux points. Les failles de ce modèle vont apparaitre de façon encore plus importante dans les années 1960 avec le [[Le Civil Rights Movement aux États-Unis|Civil Rights movement]] menant à de vives agitations aux États-Unis mêmes marquées par des luttes extrêmement violentes. | |||
La question du discours d’une part et la question de l’action sur le terrain d’autre part renvoi à la question de la fin et des moyens. D’un côté, il y a une politique mondiale dont la démocratie est l’un des piliers et en même temps les États-Unis mettent en œuvre le National Security Act de 1947 la CIA qui est une sorte d’électron libre dans le labyrinthe administratif américain étant impliqué dans un certain nombre de coups d’État avec l’idée de démocratiser par la force soit de mettre en place des régimes qui sont davantage anticommunistes. Le rôle de la CIA est abondamment débattu un peu partout en Europe est c’est l’un des éléments où la contestation du modèle américain se fait sur le thème qu’on ne peut démocratiser par la force. | |||
Ce débat prend de l‘ampleur à partir de la fin des années 1950 où l’on peut dresser un bilan de ce qu’a été la politique américaine en matière de démocratisation depuis la fin de la Deuxième Guerre mondiale. Il y a un bilan extrêmement mitigé parce que d’un côté il y a deux pays où il y a eu une restructuration relativement réussie des régimes politiques avec l’Allemagne et le Japon malgré quelques bémols, mais il y a aussi toute une série d’échecs en particulier la Corée et le Vietnam éclatant au milieu des années 1960. | |||
Le milieu des années 1960 est le moment où à la fois il y a le mouvement des Droits civiques à l’intérieur des États-Unis qui commence à devenir extrêmement violent et à l’extérieur c’est le moment où les États-Unis deviennent très présents au Vietnam. Précisément, au Vietnam, la politique de nation-building entre en collision avec une guerre à outrance. Le principal échec des États-Unis au Vietnam est d’avoir mis en place les deux en même temps : avoir mis en place une politique de nation-building avec le financement d’organisations, d’infrastructures et la tentative de mise en place de cadres de la société civile parallèlement avec une logique d’engagement de guerre à outrance et le soutien du régime du Vietnam du Sud qui est un régime dictatorial faisant que leur politique devient illisible pour les populations locales les faisant détester encore plus. La guerre du Vietnam est la mise en œuvre de la stratégie de nation-building et de guerre à outrance. | |||
Toute une série d’autres pays plus ou moins non alignés va, à partir des années 1960, mettre en avant le fait que les États-Unis n’ont pas réussi à les rallier. À partir du milieu des années 1960, on entre progressivement dans une période de crise du modèle américain qui va monter jusqu’au début des années 1970. | |||
== La contestation intérieure == | |||
La contestation contre la guerre du Vietnam commence au sein même de la société américaine avec des débats extrêmement forts. La contestation contre la guerre du Vietnam commence dans les campus américains au début et au milieu des années 1960 pour la raison que les étudiants américains ne souhaitent pas partir combattre au Vietnam. Il ne faut pas penser que l’opposition à la guerre du Vietnam est uniquement extérieure, étant en débat à l’intérieur même de la société américaine. | |||
Un élément est aussi important à prendre en compte qui est l’évolution de la gauche américaine et d’une partie de la classe politique par rapport au projet américain. Si on regarde sur le long terme, il y a la mise en place du messianisme démocratique américain qui est d’abord plutôt manié par les républicains avec Théodore Roosevelt, devenant par la suite un consensus dans le cadre de la classe politique puisque les démocrates vont s’approprier ce terme notamment avec Wilson. Jusqu’à la fin des années 1950, le messianisme démocratique fait l’objet d’un consensus au sein du parti républicain et du parti démocrate. Le messianisme démocratique va cesser de faire consensus et notamment au sein du parti démocrate où la contestation de la politique américaine et vis-à-vis de l’engagement américain au Vietnam commence à se développer. Johnson qui succède à Kennedy est un président démocrate, mais va avoir à faire à une opposition croissante à l’intérieur même de ses rangs contre son engagement au Vietnam. Toute une partie du parti démocrate et de la gauche d’obédience démocrate va, à partir de la fin des années 1960, critiquer le messianisme américain. Il y a une rupture de consensus politique et on voit comment un certain nombre de membres du parti démocrate se détachent de cette idée qui ne fait plus forcément consensus dans la politique américaine. | |||
La crise de ce modèle à des aspects extérieurs, mais aussi des aspects intérieurs. Le consensus se brise dans les années 1960. | |||
== La contestation extérieure : l’antiaméricanisme == | |||
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{{Article détaillé|L’américanisation du monde : mythe ou réalité ?}} | {{Article détaillé|L’américanisation du monde : mythe ou réalité ?}} | ||
Il y a une critique de plus en plus importante du modèle politique américain y compris dans les pays alliés. À partir des années 1960, l’antiaméricanisme, y compris en Europe de l’Ouest, est devenu extrêmement fort à l’occasion, en particulier, d’évènements comme la guerre du Vietnam qui est une charnière. | |||
== | == Le repli des années 1970 == | ||
Les années 1970 sont marquées par un moment où les États-Unis mettent en berne la mission de diffusion universelle de la démocratie d’abord parce que le messianisme mondial marque un peu le pas, et puis parce que de ce fait, toute une série de pays du tiers-monde ne s’est pas rangée du côté du monde occidental marquant un échec des États-Unis. Les années 1970 sont un moment de reflue à un moment où le modèle soviétique remporte un certain nombre de succès : | |||
*1970: | *1970 : création de la République démocratique du Sud Yémen | ||
*1974: | *1974 : coup d’État en Éthiopie | ||
*1975: | *1975 : le MPLA prend le pouvoir en Angola | ||
*1975: | *1975 : création de la République populaire du Mozambique | ||
*1975: | *1975 : réunification du Vietnam | ||
*1975: | *1975 : prise de pouvoir des Khmers rouges au Cambodge | ||
*1975: | *1975 : création de la République démocratique populaire du Laos | ||
*1978: | *1978 : coup d’État communiste en Afghanistan. | ||
Ce sont des pays où des régimes communistes prennent le pouvoir étant des défaites stratégiques pour les États-Unis. À partir du moment où les États-Unis se désengagent, le Vietnam du Nord va prendre le dessus sur le Vietnam du sud aboutissant à la réunification du Vietnam en 1975. Il y a la prise de pouvoirs de régimes communistes qui sont autant de points de gagner par les Soviétiques et de points de perdue par les États-Unis. Après 1973, les États-Unis connaissent une baisse d’influence en Amérique latine suite au coup d’État au Chili. | |||
Les années 1970 sont marquées par une expansion du modèle soviétique qui est un modèle déjà complètement en crise du point de vue intérieur, mais qui du point de vue extérieur à un pouvoir d’attraction extrêmement fort lorsqu’on regarde les différents pays où ces régimes s’installent. | |||
Le dernier symbole du reflux américain est la révolution iranienne de 1979 et la prise de pouvoir par l’Ayatollah Khomeiny se terminant par la crise des otages de l’ambassade américaine. Lorsqu’on regarde les décennies 1960 – 1970, il y a après une période faste du modèle américain après les premières années de Guerre froide, une période décennies assez forte faisant que le messianisme fondé sur la diffusion globale d’une démocratie à l’américaine marque le pas dans les années 1960 et 1970. À la fin des années 1970, on est arrivé à la fin d’un moment marqué par la révolution iranienne. | |||
= Les transformations de l’impérialisme moral = | = Les transformations de l’impérialisme moral = | ||
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Cette période de la fin des années 1970 jusqu’à nos jours et marquée par un retour de l’unilatéralisme américain même si cela n’est pas valable pour toute la période, mais surtout valable pour la décennie des années 1990 à nos jours. | Cette période de la fin des années 1970 jusqu’à nos jours et marquée par un retour de l’unilatéralisme américain même si cela n’est pas valable pour toute la période, mais surtout valable pour la décennie des années 1990 à nos jours. | ||
== | == Le Parti démocrate et le déclin du messianisme démocratique == | ||
L’impérialisme moral est non seulement une spécificité américaine commençant à se forger au début du XXème siècle avec la présidence Wilson. L’impérialisme moral reste un élément de consensus dans la classe politique américaine jusqu’à la fin des années 1960 date à laquelle le consensus se fissure et se brise. L’impérialisme moral américain reste, mais il y a un certain nombre de transformations. | |||
Le passage du messianisme moral se fait du parti démocrate au parti républicain puisqu’il y a un moment donné ou le messianisme américain largement formulé par les démocrates devient beaucoup plus un discours républicain avec d’autres attentes. | |||
[[Fichier:JimmyCarterPortrait2.jpg|200px|vignette|droite| | [[Fichier:JimmyCarterPortrait2.jpg|200px|vignette|droite|Portrait officiel de Jimmy Carter, en 1977.]] | ||
La | La guerre du Vietnam est un moment absolument fondamental qui est une fissure du modèle soit le moment où le modèle américain apparait de plus en plus douteux dans des parties du monde de plus en plus importantes. Cela est valable à la fois dans la classe politique américaine, dans l’opinion américaine et l’opinion mondiale. Il y a un moment où le consensus se fissure et on le voit bien dans les présidences suivantes et en particulier dans la présidence de Jimmy Carter qui est le premier président depuis Wilson qui est démocrate à mettre en berne le thème de la diffusion mondiale de la démocratie. C’est un moment où le modèle américain est en recul, il y a toute une série de succès du modèle soviétique. Il y a un recul du modèle américain et pendant la présidence Carter de 1976 à 1980 il y a une mise en berne de ce processus au profit d’un dialogue nord – sud. Les ambitions de la diffusion du modèle sont revenues à la baisse, d’autre part, il y a un assouplissement des relations et du dialogue avec l’URSS notamment à travers les accords de désarmement. Il est clair que la présidence Carter marque un changement dans la position des États-Unis d’un point de vue du messianisme démocratique. | ||
[[Fichier:President Barack Obama.jpg|200px|vignette|droite| | [[Fichier:President Barack Obama.jpg|200px|vignette|droite|Portrait officiel de Barack Obama, en 2012.]] | ||
La présidence Clinton et la présidence Obama laissent émerger quelques éléments notamment un abandon du messianisme démocratique par les démocrates. Le discours est en apparence très wilsonien, mais finalement, sur le terrain, il y a une politique extérieure assez prudente virant assez vite vers un unilatéralisme. Lorsqu’on regarde les différents cadres d’intervention, notamment suite à la répression des émeutes de la place Tienanmen de 1989, il n’y a quasi aucune réaction sauf formule du point de vue de la présidence américaine. Lorsqu’on regarde l’attitude par rapport aux troubles politiques en Haïti au début des années 1990, alors que Haïti est traditionnellement un terrain d’intervention américain, et ce depuis le début du XXème siècle, il y a une politique relativement de prudence. En Somalie, l’intervention américaine essuie à quelque dégât, les États-Unis se repli rapidement. Le discours reste le même, mais cela va se caractériser notamment par le fait que les terrains d’interventions sont réduits et à partir de 1994, les États-Unis se désengagent des opérations de maintien de la paix de l’ONU. C’est un symbole fort sachant que les États-Unis furent très engagés dans la création de l’ONU. Dans la suite des années 1990, le désengagement va se confirmer étant la raison pour laquelle les États-Unis n’interviennent pas lors du génocide rwandais en 1994 tandis que leur intervention en ex-Yougoslavie est très limitée. Sous la présidence Clinton, la notion de messianisme morale et démocratique et maniée avec extrêmement de prudence. C’est paradoxal puisque les États-Unis ont un boulevard devant puisque le modèle soviétique s’est effondré offrant la possibilité aux États-Unis d’incarner le seul modèle offert. Depuis 2008, avec la présidence d’Obama, cette prudence se remarque notamment avec le retrait d’Irak et un statu quo en Afghanistan avec un retrait prévu en 2014. | |||
Que cela soit Carter, Clinton ou Obama, la question qui peut se poser est de savoir si les démocrates peuvent encore rependre à leur compte le moralisme wilsonien. La réponse n’est pas univoque, mais elle serait plutôt négative. | |||
== | == Le mouvement néoconservateur == | ||
Il y a un changement extrêmement important dans la politique étrangère américaine depuis la fin des années 1970 marquées par l’essor du mouvement néoconservateur et de l’influence que va avoir ce mouvement sur la politique étrangère américaine n’ayant pas un impact immédiat, mais sur le long terme. Pour comprendre le mouvement, il faut remonter en avant dans la chronologie et notamment aux années 1960. Les origines du mouvement néoconservateur se situent en fait à l’intérieur du parti démocratique et d’une fraction d’une partie du parti démocrate qui n’est pas d’accord par la politique démocrate menée dans les années 1960. Ce sont des gens en désaccord avec la politique des droits civiques et d’affirmative action menée dans les années 1960 par Johnson. Une fraction est à la fois d’accord avec l’interventionnisme de Johnson au Vietnam, mais est en désaccord avec ses prises de position intérieures. Il y a une fracture à l’intérieur du parti démocrate avec une fraction des démocrates qui vont se détacher progressivement du consensus de leur parti. Dans les années 1960, la rupture est encore peu visible. À partir du moment où la présidence se désengage du Vietnam, ce sont des gens qui vont se retrouver orphelins du parti démocrate et passer de l’autre côté. Les origines du mouvement conservateur se situent à l’intérieur du parti démocrate avec des influences de politique à la fois intérieure et extérieure. | |||
[[File:Committee on the Present Danger (logo).jpg|thumb|right|200px|Logo | [[File:Committee on the Present Danger (logo).jpg|thumb|right|200px|Logo of the Committee on the Present Danger.]] | ||
Dans l’immédiat, la chose est relativement peu visible parce qu’il y a un groupe relativement minoritaire au sein du parti démocrate, mais qui va progressivement faire passer ses thèses du côté républicain. Il y a un moment important qui la réactivation du Committee on Present Danger en 1976. Ce comité est un lobby mis en place en 1950 dont l’objectif était d’essayer de faire passer et de peser en faveur de la mise en place d’une politique plus agressive vis-à-vis de l’URSS appuyant la directive NSC-68 qui fixe les cadres de la politique américaine en matière d’endiguement du communisme et d’explosion des crédits militaires. À partir du moment où le NSC-68 est passé, c’est un comité pas formellement dissout, mais en sommeil. Ce comité va se réactiver au début des années 1970 à un moment où la politique étrangère américaine est en retrait à partir du moment où l’idée de messianisme démocratique et d’offensive dans le cadre de la Guerre froide est mise en sourdine. | |||
C’est un organisme où se retrouvent avant tout des démocrates, mais il y a un certain nombre de républicains dont Ronald Reagan qui est se lance en politique devant président des États-Unis en 1981. Ce comité est un lieu de contact entre une fraction du parti démocrate et des républicains. C’est un lieu de passage du parti démocrate jusqu’au parti républicain où va se trouver plus d’écho. C’est un des laboratoires de la constitution de ce qui va devenir un corpus idéologique du parti républicain lors de la présidence Reagan. | |||
== | == Le Parti Républicain : un néo-wilsonisme ? == | ||
[[File:Reagan Bush 1984.jpg|thumb|right|250px| | [[File:Reagan Bush 1984.jpg|thumb|right|250px|President Ronald Reagan and Vice President George H. W. Bush at the 1984 Republican National Convention in Dallas, Texas.]] | ||
La | La question que l’on peut se poser est de savoir si le parti républicain, Reagan et les Bush pères et fils ont un corps de doctrine néowilsonien faisant de la diffusion de la démocratie leur cheval de bataille. | ||
Sous les deux présidences Reagan de 1980 à 1988, le discours néoconservateur va avoir une influence importante et en particulier toute une partie du milieu universitaire américain et des politistes américains qui vont contribuer à l’élaboration du discours néowilsonien du parti républicain comme Francis Fukuyama qui travaille au RAND corporation et Robert Kagan qui travaille au Policy Planning Staff. Il y a un rapport entre la sphère d’expertise politique et la sphère de décision politique. Tous ces gens vont contribuer à la construction du corps de doctrine néoconservateur dans laquelle la croisade pour la démocratie joue un rôle fondamental. | |||
Le corps de doctrine néoconservateur va se retrouver au sein de l’administration fédérale par le biais de personnes qui vont avoir des fonctions au sein de l’administration Reagan comme Paul Wolfowitz qui fait parti du principal private secretary [PPS], Casper Wainberger au Secretary of Defense. À tous les postes clefs se trouvent des néoconservateurs ou des gens qui en sont relativement proches. | |||
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Leur influence est capitale pour comprendre ce qui est un des fils conducteurs de la politique étrangère sous Reagan qui est la reprise de la Guerre froide. Avec l’arrivée de Reagan au pouvoir il y a une reprise frontale de la Guerre froide avec un soutien aux moudjahidin en Afghanistan contre les soviétiques, au Nicaragua il y a un soutien à l’opposition au régime sandiniste de Ortega. Alors que la situation c’était stabilisé dans les années 1970, il y a une reprise de l’offensive américaine dans tous les théâtres d’opérations avec l’idée des spécialistes et des néoconservateurs de renverser le régime soviétique et ceux qui leur appartiennent et leur sont apparentés et qu’il faut pousser dans ce sens. C’est une logique de reprise et de monter de la Guerre froide. Le projet de guerre des étoiles permet au budget militaire d’augmenter à nouveau. | |||
La | La présidence Bush de 1988 à 1992 est compliquée à interpréter. Elle a des accents wilsonien, mais d’une manière générale, il déclenche la guerre en Irak et opte pour une politique prudente en Irak. Sous la présidence Bush père, les néoconservateurs ont eu moins d’influence que sous la présidence Reagan. Le fait majeur est la guerre d’Irak qui est la première guerre d’Irak afin de chasser l’Irak du Koweït et d’avoir laissé Saddam Hussein en place alors que les néoconservateurs voulaient le chasser d’Irak. | ||
Dans le cadre des présidences de George W. Bush de 2000 à 2008, on parle de « wilsonisme botté » qui est une expression du politologue Pierre Hassner qui signifie une reprise du moralisme wilsonien avec une dimension militariste qui dans le corps de doctrine est fourni par les néoconservateurs. La politique étrangère mise en place s’appuie sur toute une production universitaire qui se développe juste après la chute du monde communiste. Francis Fukuyama parle de fin de l’histoire avec la chute de l’URSS puisqu’il n’y a plus qu’un modèle existant signifiant donc la fin de l’histoire. Il y a un discours selon lequel durant le XXème siècle, il y a eu l’affrontement entre plusieurs formes de régimes. Comme le nazisme et le communisme se sont effondrés, il ne reste plus que le modèle américain. C’est aussi la période des Democratic Peace Theory et Democratic Transition Theory qui réactualisent les théories de la modernisation des années 1950. Cette production cherche à mettre en œuvre une théorie la situation politique complètement nouvelle qui illustre la chute du monde communiste. | |||
C’est à ce moment-là que le libéralisme institutionnaliste devient une véritable idéologie. C’est à partir de là qu’il y a la certitude que le modèle démocratique représente le seul modèle est qu’il est légitime de s’imposer y compris par tous les moyens dans le reste du monde. Il y a la constatation que le modèle soviétique s’est effondré et une légitimité d’exporter le modèle américain au reste du monde. Après que les néoconservateurs furent écartés des postes clefs pendant la présidence Bush et Clinton, ils reviennent au moment de la présidence de George W. Bush. | |||
Une organisation fait office de lieu de rencontre qui est le Project for the New American Century où se retrouvent les ténors du mouvement néoconservateur avec notamment Fukuyama et Kagan. Ce projet est un think tank néoconservateur qui appelle le pouvoir américain à prendre ses responsabilités en termes de politique étrangère appelant à diffuser le modèle américain par tous les moyens possibles. Au lendemain des attentats du 11 septembre 2001, c’est ce groupe qui a écrit une lettre ouverte au président George Bush pour soutenir une intervention en Afghanistan. | |||
Ce corpus va être mis en pratique à partir du moment où le mouvement néoconservateur va reconquérir des places dans l’administration de George Bush. Le trio Cheney, Wolfowitz et Rumsfeld va jouer un rôle de concepteur des cadres de l’intervention américain en Afghanistan et en Irak en 2003. Le moment clef du mouvement néoconservateur est 2003 – 2004 au moment où il y a un consensus encore assez fort au niveau de l’opinion. À partir de 2004, le mouvement se fissure avec une augmentation de la contestation. Entre 2000 et 2004, les néoconservateurs ont été aux commandes de la politique extérieure américaine. | |||
Le porte-parole du néoconservatisme et le parti républicain devenant à partir des années 1990 à un mouvement plus agressif avec l’intervention dans les cas afghan et irakien. | |||
= | = De l’ennemi communiste à l’ennemi islamiste = | ||
Il est intéressant de voir le passage de l’un à l’autre parce que cela révèle un certain nombre de choses concernant la constitution de la politique américaine. | |||
== La | == La chute de l’URSS == | ||
Ce qui caractérise la présidence Reagan en matière de politique étrangère est la reprise de la Guerre froide avec l’idée de harceler au maximum l’URSS afin de hâter sa chute. D’autre part, il y a un débat consistant à savoir si l’effondrement du communisme était dû au harcèlement mené par les États-Unis en matière de politique étrangère ou simplement le résultat du délitement intérieur du régime lui-même. À travers ce débat, c’est toute la légitimation du néoconservatisme qui se joue. Si l’effondrement de l’URSS est la cause due au harcèlement des néoconservateurs, cela légitime leur discours pour continuer à aller dans cette direction ; si jamais c’est l’inverse, si l’effondrement du régime soviétique est dû à son délitement intérieur et aux réformes mises en place par Gorbatchev, le discours légitimateur est beaucoup moins important. C’est un débat qui a énormément agité les milieux intellectuels et politiques. De ce point de vue, la place des néoconservateurs on fait plus de bruits que les autres. L’idée était que si l’URSS s’était effondrée aussi vite, cela était dû à l’administration fédérale de la présidence Reagan. | |||
== | == Les années 1990 et la marche vers l’unilatéralisme == | ||
Il faut s’interroger sur ce qui se passe du point de vue global de la construction de la politique américaine. Il y a un retour clair des États-Unis dans une politique claire, globale beaucoup plus unilatérale. Au début des années 1990, il y a la guerre du golf qui est un épisode si ce n’est consensuel ou le droit international est respecté et légitimé par l’ONU. D’une certaine façon, la Première guerre du golf peut apparaitre comme un moment wilsonien où il y a une légitimation internationale et une mise en application des principes démocratiques dans le cadre d’une coalisation afin de faire respecter le droit international et faire sortir l’Irak du Koweït. | |||
Lorsqu’on regarde ce qui se passe après, cela est finalement un retour assez rapide à l’unilatéralisme. C’est une politique prudente en matière extérieure, et le refus de l’interventionnisme est aussi et commence à être que si jamais il faut intervenir, les États-Unis le ferraient tout seul. C’est à ce moment-là qu’il y a un changement dans la politique étrangère américaine et où la cible essentielle n’est plus le communisme, mais le terrorisme international. C‘est à ce moment-là qu’apparait le terme des États voyous. Le terrorisme international devient l’un des focus importants de la politique étrangère américaine expliquant qu’il y a une multiplication des attentats contre les intérêts américains. Avec Clinton, il y a un discours très wilsonien, mais en même temps, se fait le virage des États-Unis vers une politique unilatérale. George W. Bush ne fait que continuer une politique unilatérale qui se fait sous Bill Clinton. La thématique des États voyous, la focalisation sur le terrorisme international a commencé sous Clinton. Le terrorisme devient l’un des aspects importants de la politique étrangère américaine, l’ennemi communiste et remplacé par l’ennemi islamiste. | |||
Sous la présidence Clinton, on est dans un moment qui glisse vers l’unilatéralisme notamment avec deux lois qui manifestent assez bien l’extra territorialisée des États-Unis témoignant de la volonté des États-Unis d’agir sur la scène internationale : | |||
* | *la '''loi Amato-Kennedy''' de 1996 établie des sanctions contre les entreprises américaines ou non américaines qui vont investir dans des secteurs stratégiques en Iran ou en Libye. Ce sont des États considérés comme des rogues states et allant investir dans le pétrole et dans le gaz. Les lois d’extraterritorialité en sont en cas tout à fait remarquable ; | ||
* | *la '''loi Helms-Burton''' de 1996 qui introduit des sanctions contre Cuba, impliquant des sanctions contre les entreprises américaines et non américaines qui commercent avec Cuba. | ||
C’est un virage dans la politique étrangère américaine vers un unilatéralisme important. | |||
L’attitude des États-Unis vis-à-vis de la Cour pénale internationale est caractéristique de l’unilatéralisme puisque la Cour pénale internationale est créée en 1998 est les États-Unis n’y adhèrent pas. Après avoir été des promoteurs historiques du droit international, lorsque la Cour pénale internationale est créée a ce moment, ils n’y participent pas marquant que le virage de l’unilatéralisme a commencé dans les années 1990 sous la présidence Clinton et celle de Bush. | |||
== | == Diplomatie transformationnelle et guerre contre le terrorisme == | ||
{{Article détaillé|Les États-Unis et le nouvel ordre international|Géopolitique du Moyen-Orient}} | {{Article détaillé|Les États-Unis et le nouvel ordre international|Géopolitique du Moyen-Orient}} | ||
Le virage vers l’unilatéralisme va progressivement se muer en une diplomatie transformationnelle de l’administration fédérale et déboucher sur la guerre contre le terrorisme à l’issue des attentats du 11 septembre. La guerre contre le terrorisme est le menace islamiste mis en œuvre par les États-Unis dans les années 2000 à un certain nombre de racines devant remonter à la révolution iranienne de 1979 qui est le moment où l’Islam apparait comme une menace géopolitique pour les États-Unis. | |||
Pendant toute la Guerre froide, le Moyen-Orient est dans l’orbite américaine avec le Shah d’Iran et les monarchies pétrolières qui sont sous parapluie militaire américain. Le Moyen-Orient est sous contrôle ne faisant pas partie des inquiétudes américaines. Tout change avec la révolution iranienne de 1979 qui amène au pouvoir le régime de l’ayatollah Khomeiny qui est un objet politique nouveau est inconnu pour les États-Unis étant violemment antioccidental et antiaméricains. | |||
La | La révolution iranienne de 1979, pour les États-Unis est la potentialité est la réalisation du Moyen-Orient en général de l’orbite américain vers autre chose. C’est une région que les États-Unis pensent sortir et cela est de fait de leur contrôle. L’Islam sous sa forme la plus radicale entre dans le radar de la politique étrangère américaine. Dans les années 1990, le cas du Pakistan se greffe en tant qu’objet d’inquiétude. Historiquement, le Pakistan est dans le pacte de Bagdad étant un allié et n’étant un problème particulier pour les États-Unis. En revanche, au moment de la guerre d’Afghanistan, cela devient un cas particulier puisque le Pakistan devient une base arrière pour les moudjahidine contre les communistes et antiaméricains. Le Pakistan va jouer un double jeu en soutenant les moudjahidines et en coopérant avec les États-Unis. Le Pakistan devient un allié non contrôlable et potentiellement un ennemi. | ||
L’Arabie Saoudite devient un allié des États-Unis, sauf qu’à partir des années 1980 et 1990, l’Arabie Saoudite est un allié, mais et aussi le berceau du terrorisme et notamment de Oussama Ben Laden. Finalement, les États-Unis sont de moins en moins bien disposés vis-à-vis de l’Arabie Saoudite jouant un double jeu de même que le Pakistan. | |||
Une série de changements se font dans la géopolitique du Moyen-Orient. L’islam en général devient un ennemi politique potentiel. À partir du moment où le régime soviétique va tomber en 1991, celui qui va devenir l’ennemi numéro Un dans les conceptions américaines des années 1990 va être l’islam radical. La notion de guerre contre le terrorisme mis en œuvre dans les années 2000 est l’aboutissement de ce mouvement. | |||
Cela va se développer de façon dramatique pendant les années 1990 avec la Première guerre du golf, mais surtout ses suites et en particulier l’embargo imposé à la population irakienne sous l’égide de l’ONU, mais sous dominance américaine. L’embargo qui avait pour but de faire tomber Saddam Hussein ne marche pas, affamant la population irakienne et détériorant l’image américaine dans la région. La situation géopolitique du Moyen-Orient devient de plus en plus incontrôlable pendant cette décennie. Pendant la décennie 1990, l’opposition à l’occident et aux États-Unis va être de plus en plus forte dans cette région du monde se traduisant par une série d’attentats avec notamment le premier attentat contre le World Trade Center en 1993 et une série d’attentats contre les intérêts américains au Moyen-Orient et en Afrique. | |||
Le 11 septembre n’est que l’attentat le plus dramatique d’une série d’attentats. Une littérature énorme a fait flores, mais ce n’est pas un moment si important parce que ce n’est pas une rupture géopolitique fondamentale. C’est un évènement symbolique pour les États-Unis, mais ce n’est pas un évènement fondateur. Le 11 septembre est un accélérateur plus qu’une rupture. Le passage de la politique américaine à une dimension plus unilatérale a commencé plus avant. | |||
Le mouvement néoconservateur va pousser à une militarisation de l’intervention américaine. Le 11 septembre donne signale à la diplomatie transformationnelle de la présidence Bush qui consiste à remodeler le Moyen-Orient de la Mauritanie jusqu’au Pakistan. Le centre névralgique du Moyen-Orient et l’Irak, l’Iran, et l’Arabie saoudite. L’idée est de considérer que tous ces États qui sont non-démocratique ou islamiste sont des ennemis potentiels pour les États-Unis, ce n‘est qu’en démocratisant le Moyen-Orient qu’on peut sécuriser la zone. La diplomatie transformationnelle est l’idée de faire basculer le Moyen-Orient dans un environnement démocratique. Cette stratégie est d’abord mise en place en Afghanistan et en Irak. Le nom des opérations est symbolique de cette politique avec « Enduring Freedom » en Afghanistan en 2000 et « Iraqi Freedom » en Irak en 2003. | |||
On voit comment le danger numéro Un dans la politique étrangère américaine n’est plus le communisme, mais l’islam. | |||
= | = Les constructeurs de démocratie = | ||
Nous allons voir comment cette stratégie se met en place sur le terrain et ses effets. | |||
== | == La diplomatie des droits de l’homme == | ||
Il faut d’abord montrer comment la politique étrangère américaine promeut la démocratie à l’étranger à partir des années 1970 et 1980 a progressivement intégré le discours sur les droits de l’homme. | |||
Sous la présidence de Jimmy Carter, la politique étrangère est dans la ligne d’une politique assouplie vis-à-vis de l’URSS. Carter va mettre l’accent sur le soutien aux dissidents en particulier en Pologne. La notion des droits de l’homme apparait dans la politique étrangère américaine à partir des années 1970. Cette notion des droits de l’homme va devenir l’un des points centraux et idéologiques dans la justification de la politique étrangère américaine le devant au mouvement des néoconservateurs. | |||
Finalement, l’un des éléments de la construction idéologique que représente le conservatisme est d’avoir réinterprété la question des droits de l’homme. C’est-à-dire que lorsque le discours sur les droits de l’homme s’est imposé au niveau international avec la Déclaration des droits de le l’homme de 1948, les droits de l’homme sont conçus comme étant un élément si ce n’est partie intégrante du système international ou devant du moins être considéré comme une notion universelle. Précisément, le mouvement néoconservateur va utiliser la notion de droit de l’homme afin de la nationaliser, c’est-à-dire considérer que les droits de l’homme est un élément fondamental qui doit faire partie de la démocratisation des régimes qui sont sous domination communiste. Le mouvement néoconservateur va transformer les droits de l’homme de quelque chose d’universel vers quelque chose de national devant renforcer la démocratie dans un pays donné. Pour les néoconservateurs, les droits de l’homme ne sont pas un droit universel, mais protègent contre les pouvoirs discrétionnaires de l’État. La notion des droits de l’homme est pensée dans le cadre politique et dans le cadre de l’opposition entre démocratie et totalitarisme. Les droits de l’homme ne sont pas pensés comme étant universels, mais comme un élément qui doit protéger l’individu contre un empiétement de l’État sur les libertés individuelles. | |||
Le concept de droit de l’homme est mobilisé par les néoconservateurs afin de mettre en avant l’idée de démocratisation à l’intérieur. Les droits de l’homme sont un élément de lutte contre le totalitarisme. Cela est important parce que l’idée de droit de l’homme va contre le pouvoir discrétionnaire de l‘État. Les droits de l’homme deviennent un élément de la démocratie fondamental devenant l’un des éléments qui doivent justifier l’universalisation du modèle démocratique américain. La notion de droit de l’homme devient un fil conducteur et une justification de l’idéologie néoconservatrice. | |||
Par ailleurs, la notion de droit de l’homme est utilisée aussi contre les organisations internationales et le multilatéralisme qui est vu comme un empiétement sur les libertés individuelles. Le mouvement néoconservateur est un mouvement unilatéraliste. La façon dont la question des droits de l’homme est nationalisée par les néoconservateurs va être un élément important dans la construction de la politique de nation-building en particulier en Irak et en Afghanistan. | |||
Le thème de la nationalisation des droits de l’homme va être décliné par toute une série d’organisations et en particulier par le National Endowment for Democracy créé en 1983 qui est un think tank regroupant des démocrates et des républicains et qui finalement va être un des lieux d‘élaboration de la politique de soutien et de renforcement de la démocratie mené par les États-Unis à partir des années 1980. | |||
Cette organisation dispose de crédits importants d’origine publique. Cette organisation mène une campagne de lobbying à l’échelle américaine et internationale sur le thème de la démocratisation à la fois en publiant des revus et des livres, mais en soutenant tout un semble de mouvements comme les opposants au régime sandiniste au Nicaragua. Leur soutien s’inscrit dans le cadre de la politique globale de renforcement de la démocratie par les États-Unis. C’est une organisation un peu curieuse parce que d’une certaine façon elle reprend une partie des méthodes mise en place par la CIA. C’est une organisation qui est beaucoup plus qu’un simple lobby et qu’un simple think tank étant un laboratoire de la diffusion du discours de la démocratie, mais aussi un bras armé qui continue de la mettre en œuvre. | |||
== | == L’aide à l’Europe post-communiste == | ||
Pendant les années 1980 va se développer le corps de doctrine de l’idée de la diffusion de la démocratie. À partir de la chute du mur, un boulevard s’offre à la politique étrangère américaine. Finalement, très tôt après la chute du mur de Berlin, la politique étrangère américaine se met en branle avec le lancement d’un certain nombre de programmes destinés à appuyer le changement de régime en train de se mettre en place à l’Est. Dès la fin 1989, il y a le lancement après le Congrès du Support for East European Democracy Act afin de soutenir la transformation démocratique dans les pays de l’Est. À partir du moment où l’URSS tombe en 1991, est mis en place le même type de programme avec le Freedom Support Act au printemps 1992. | |||
[[File:USAID-Identity.png|thumb]] | [[File:USAID-Identity.png|thumb]] | ||
Cette politique est lancée très tôt se caractérisant par les financements et une multiplicité d’acteurs présents sur place avec le gouvernement américain, les agences gouvernementales plus ou moins rattachées au gouvernement, mais avec une certaine dose d’autonomie comme l’USAID, il y a toute la machinerie de l’OTAN et toute une série de think tanks privés, publics, partisans ou bipartisans, il y aussi toute une série d’organisations privées dont la plus connue sont les fondations Soros dont sa réalisation la plus connue est l’Open Society Institute en 1982 et la Central European University en 1991. Une kyrielle d’acteurs mettent en place une action à partir de la chute du mur avec l’idée de pousser dans un sens de démocratisation de l’Europe de l’est et de l’ex-URSS. | |||
== Gli avatar della Nation building == | == Gli avatar della Nation building == | ||
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Va notato che in Afghanistan, come in Vietnam negli anni Sessanta, la strategia di costruzione della nazione e le operazioni militari si svolgono contemporaneamente, scontrandosi frontalmente e distruggendosi a vicenda. Le risorse materiali impiegate sono relativamente grandi. I risultati della strategia di costruzione della nazione in Afghanistan sono al momento contrastanti, poiché non è stata raggiunta la pacificazione del territorio e non è stata realizzata nemmeno la costruzione di un regime politico. Lo stesso ragionamento può essere applicato all'Iraq. Possiamo vedere come questo tipo di strategia sia stata al centro della politica americana fin dalla caduta del muro e come i risultati siano in diretto contrasto, se non in contraddizione, con la retorica che è stata messa in atto. | Va notato che in Afghanistan, come in Vietnam negli anni Sessanta, la strategia di costruzione della nazione e le operazioni militari si svolgono contemporaneamente, scontrandosi frontalmente e distruggendosi a vicenda. Le risorse materiali impiegate sono relativamente grandi. I risultati della strategia di costruzione della nazione in Afghanistan sono al momento contrastanti, poiché non è stata raggiunta la pacificazione del territorio e non è stata realizzata nemmeno la costruzione di un regime politico. Lo stesso ragionamento può essere applicato all'Iraq. Possiamo vedere come questo tipo di strategia sia stata al centro della politica americana fin dalla caduta del muro e come i risultati siano in diretto contrasto, se non in contraddizione, con la retorica che è stata messa in atto. | ||
= | = Annexes = | ||
* Cosmas, Graham A. An Army for Empire; the United States Army in the Spanish-American War. Columbia: U of Missouri, 1971. Print. | * Cosmas, Graham A. An Army for Empire; the United States Army in the Spanish-American War. Columbia: U of Missouri, 1971. Print. | ||
* Steinmetz, George. Politiques Impérialistes Genèses Et Structures De L'état Colonial. Paris: Seuil, 2008. | * Steinmetz, George. Politiques Impérialistes Genèses Et Structures De L'état Colonial. Paris: Seuil, 2008. | ||
* Stratfor. “The Geopolitics of the United States, Part 1: The Inevitable Empire.” Stratfor, Stratfor, 4 July 2016, https://worldview.stratfor.com/article/geopolitics-united-states-part-1-inevitable-empire. | * Stratfor. “The Geopolitics of the United States, Part 1: The Inevitable Empire.” Stratfor, Stratfor, 4 July 2016, https://worldview.stratfor.com/article/geopolitics-united-states-part-1-inevitable-empire. | ||
= | = Références = | ||
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