« Le origini dei diritti fondamentali » : différence entre les versions
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I diritti fondamentali, spesso definiti diritti umani, sono principi giuridici essenziali volti a tutelare la dignità e la libertà dell'individuo. Radicati in diverse tradizioni storiche e filosofiche, questi diritti sono oggi universalmente riconosciuti e rispettati in tutto il mondo. | |||
Le prime tracce dei diritti fondamentali risalgono alle civiltà antiche e ai testi religiosi, dove i concetti di giustizia ed equità erano già presenti. Ad esempio, le leggi dell'Antico Testamento, il diritto romano e gli insegnamenti filosofici dell'antica Grecia offrivano riflessioni primitive sui diritti e sui doveri degli individui. Nel Medioevo questi concetti continuarono a svilupparsi, soprattutto in Europa. La Magna Carta, firmata nel 1215 in Inghilterra, è un primo esempio di documento legale che garantisce alcuni diritti, come il diritto a un giusto processo e la protezione dall'arbitrio reale, sebbene questi diritti fossero limitati a una parte della società. L'Illuminismo è stato un periodo cruciale per lo sviluppo dei diritti fondamentali. Filosofi come John Locke, che sostenne la nozione di diritti naturali e inalienabili nella sua opera "Due trattati sul governo" del 1689, e Jean-Jacques Rousseau, con la sua idea di contratto sociale, gettarono le basi teoriche dei diritti umani. Le loro idee hanno ispirato diverse dichiarazioni storiche, tra cui la Dichiarazione d'indipendenza degli Stati Uniti del 1776 e la Dichiarazione francese dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789. Questi documenti furono rivoluzionari, riconoscendo formalmente diritti come la libertà e l'uguaglianza. Il XX secolo ha visto un importante progresso nel riconoscimento internazionale dei diritti fondamentali. Gli orrori della Seconda guerra mondiale hanno portato a una consapevolezza globale della necessità di proteggere questi diritti. Le Nazioni Unite, fondate nel 1945, hanno svolto un ruolo fondamentale in questo sviluppo. La Dichiarazione universale dei diritti umani, adottata nel 1948, ha rappresentato una pietra miliare, stabilendo un insieme di diritti fondamentali riconosciuti a livello mondiale. | |||
Nel corso degli anni, molti Paesi hanno incorporato questi principi nelle loro costituzioni e leggi nazionali. Trattati internazionali come la Convenzione europea sui diritti umani, adottata nel 1950, hanno rafforzato la protezione e la promozione di questi diritti. | |||
= Le origini religiose = | |||
Nell'antichità, la nozione di diritti individuali come la intendiamo oggi non esisteva realmente e l'individuo era spesso soggetto a regole e norme severe imposte dallo Stato o dalla società. | |||
A Sparta, ad esempio, la vita era strettamente controllata dallo Stato. Il celibato era proibito perché la società spartana enfatizzava la forza militare e la riproduzione per mantenere un esercito potente. I cittadini spartani dovevano contribuire alla società principalmente attraverso la procreazione e il servizio militare, limitando così la loro autonomia personale. Nell'antica Roma, le leggi regolavano aspetti della vita quotidiana che oggi sarebbero considerati privati. Ad esempio, il consumo di vino puro era limitato. Queste regole riflettevano le preoccupazioni morali e sociali dell'epoca, in cui si apprezzavano la moderazione e l'autocontrollo. Ad Atene, le restrizioni imposte alle donne illustravano anche l'assenza di diritti individuali come li conosciamo noi. Le donne ateniesi erano in gran parte confinate nella sfera domestica e avevano pochi diritti politici o legali. La limitazione del numero di abiti che una donna poteva portare fuori città è un esempio delle molte restrizioni all'autonomia e alla libertà delle donne in quella società. | |||
Questi esempi dimostrano che nell'antichità l'autonomia individuale era spesso subordinata alle esigenze percepite dalla società o dallo Stato. I diritti all'integrità fisica e mentale, così come li intendiamo nel contesto moderno dei diritti umani, non erano riconosciuti. Gli individui erano in gran parte visti come membri di una collettività, con obblighi e doveri nei suoi confronti, piuttosto che come entità con diritti inalienabili. Questa prospettiva sull'individuo e sul potere si è evoluta notevolmente nel corso dei secoli, portando infine al riconoscimento dei diritti fondamentali come li conosciamo oggi. | |||
Nelle società antiche, in particolare ad Atene, la libertà era spesso concepita come la capacità di partecipare alla vita pubblica e alla gestione dello Stato. Questa partecipazione era vista come un privilegio e una responsabilità dei cittadini, ma era limitata a una frazione della popolazione - generalmente uomini liberi che possedevano terre. Le donne, gli schiavi e gli stranieri erano esclusi da questa sfera di partecipazione politica. In questo contesto, non esisteva una sfera riconosciuta di libertà individuale in senso moderno. I diritti e le libertà erano definiti e limitati dallo status nella società e dall'appartenenza alla comunità politica. La privacy e i diritti individuali non erano concetti ampiamente riconosciuti o apprezzati. | |||
L' | L'emergere del cristianesimo, invece, ha portato una nuova dimensione al concetto di individuo e di libertà. Il cristianesimo introdusse l'idea dell'uguaglianza fondamentale di tutti gli esseri umani davanti a Dio, un'idea rivoluzionaria per l'epoca. Questa prospettiva ha posto le basi per un maggiore riconoscimento della dignità e del valore intrinseco di ogni individuo, indipendentemente dal suo status sociale o dal suo ruolo nella comunità politica. Nel corso del tempo, gli insegnamenti cristiani sull'amore per il prossimo, sulla compassione e sull'uguaglianza di tutti davanti a Dio hanno contribuito a erodere le rigide strutture sociali e legali dell'antichità. Queste idee hanno gettato le basi per una concezione più moderna della libertà, in cui il valore dell'individuo non dipende solo dalla sua capacità di partecipare alla vita pubblica, ma è anche radicato nella sua dignità e nei suoi diritti di essere umano. Tuttavia, è importante notare che la trasformazione delle nozioni di libertà e di diritti individuali non è avvenuta da un giorno all'altro con l'avvento del cristianesimo. È stato un processo graduale, influenzato da molti altri fattori storici, filosofici e culturali nel corso dei secoli. | ||
L' | L'insegnamento cristiano, con le sue profonde radici nei testi e nelle tradizioni bibliche, ha introdotto idee rivoluzionarie sulla natura e sulla dignità umana che hanno influenzato profondamente il pensiero occidentale. Al centro di questa visione c'è la convinzione che ogni essere umano sia creato a immagine e somiglianza di Dio, un'idea nata nelle Scritture ebraiche e adottata e sviluppata dai primi pensatori cristiani. Questa nozione, affermando che tutti gli uomini sono creati a immagine di Dio, ha introdotto un concetto di uguaglianza fondamentale e di dignità intrinseca di ogni persona. Questa idea era radicalmente diversa dalle gerarchie sociali e dalle strutture di potere che prevalevano nelle società antiche. Ad esempio, nella società romana, dominata da rigide distinzioni tra cittadini, non cittadini, schiavi e liberti, la dottrina cristiana offriva una prospettiva diversa, affermando l'uguale valore di tutti gli individui, indipendentemente dal loro status sociale. Inoltre, la fede nell'immortalità dell'anima, concetto centrale del cristianesimo, rafforzava l'idea della dignità intrinseca ed eterna dell'essere umano. Questa prospettiva incoraggiava una visione della vita umana con un significato che andava al di là del materiale e del temporale. Pensatori cristiani come Agostino d'Ippona (354-430 d.C.) e Tommaso d'Aquino (1225-1274 d.C.) esplorarono queste idee, sottolineando l'importanza della vita spirituale e il valore eterno dell'anima umana. | ||
L'impatto di questi insegnamenti sulla concezione occidentale della libertà e dei diritti umani fu profondo e duraturo. Mentre le società antiche si concentravano principalmente sulla collettività e sul posto dell'individuo all'interno dello Stato, il cristianesimo introdusse una nuova dimensione, quella del valore individuale. Questo cambiamento è stato essenziale per il successivo sviluppo delle idee di diritti umani e di rispetto per l'individuo. Questi concetti hanno avuto un ruolo cruciale nel plasmare il pensiero politico e sociale in Occidente, influenzando movimenti come la Riforma protestante del XVI secolo, che ha enfatizzato l'importanza della coscienza individuale, e il periodo illuminista, quando filosofi come John Locke hanno sviluppato teorie sui diritti naturali e sul governo. In questo modo, le basi poste dal cristianesimo hanno aperto la strada a una comprensione più ricca e sfumata della libertà individuale e dei diritti umani. | |||
Il messaggio centrale del cristianesimo, insegnato da Gesù Cristo, si basa sull'idea che la vita terrena sia solo uno stadio transitorio dell'esistenza dell'uomo, destinato alla vita eterna. Questa visione ha influenzato profondamente il modo in cui la dignità umana è stata percepita e valorizzata nella cultura e nel pensiero occidentale. Secondo questa prospettiva, la vita terrena è vista come una preparazione, un percorso verso una destinazione finale che è la vita eterna. Questo concetto trascende l'idea di un'esistenza incentrata unicamente su preoccupazioni materiali o temporali. Pone l'accento sugli aspetti spirituali e morali dell'esistenza, sottolineando valori come la compassione, l'amore per il prossimo e la ricerca di una vita virtuosa. Questa comprensione della vocazione umana alla vita eterna ha portato a un maggiore apprezzamento della dignità di ogni persona. In questa visione del mondo, il valore dell'individuo non risiede nelle sue conquiste terrene, nel suo status sociale o nella sua ricchezza, ma nella sua essenza di essere creato a immagine di Dio e destinato a un destino eterno. Questa dignità è intrinseca e inalienabile, indipendentemente dalle circostanze esterne. | |||
Le implicazioni di questa visione per la concezione dei diritti e delle libertà sono notevoli. È servita come base per l'idea che tutti gli esseri umani meritano rispetto e considerazione, perché ognuno di essi porta con sé un valore inestimabile. Questa prospettiva ha influenzato diversi movimenti sociali e politici nel corso dei secoli, in particolare quelli che cercano di promuovere la giustizia, l'uguaglianza e la protezione dei più vulnerabili. Storicamente, ha anche informato lo sviluppo dell'etica cristiana e ha influenzato pensatori come Sant'Agostino e San Tommaso d'Aquino, che hanno cercato di integrare queste idee in un quadro teologico e filosofico più ampio. Più tardi, nell'era moderna, questa concezione ha influenzato i filosofi dell'Illuminismo e i padri fondatori della democrazia liberale, che hanno articolato i principi dei diritti naturali e della sovranità individuale. | |||
La seconda proposizione fondamentale del messaggio di Cristo, che tutti gli uomini sono figli di Dio, ha avuto un impatto profondo e duraturo sulla comprensione dell'uguaglianza e della fratellanza umana nel pensiero occidentale. Questa idea, che sottolinea l'uguaglianza fondamentale di tutti gli esseri umani davanti a Dio, ha introdotto un principio di uguaglianza radicalmente diverso dalle gerarchie sociali e dalle distinzioni di status che prevalevano in molte società antiche e medievali. L'insegnamento cristiano secondo cui ogni persona è figlia di Dio implica che tutti gli individui condividono una dignità comune e un valore intrinseco. Questa prospettiva era rivoluzionaria, soprattutto in un contesto storico in cui le distinzioni di classe, razza, genere ed etnia erano spesso profondamente radicate. Proclamando l'uguaglianza di tutti davanti a Dio, il cristianesimo ha sfidato queste divisioni e ha promosso un senso di unità e solidarietà umana. | |||
Quest'idea dell'uguale condivisione dell'amore di Dio per tutti i suoi figli ha influenzato anche il concetto di diritti umani. Se tutti gli uomini sono uguali in quanto figli di Dio, allora tutti meritano un trattamento equo e il rispetto dei loro diritti fondamentali. Questo pensiero è stato un'importante forza trainante dei movimenti di riforma sociale e di giustizia nel corso della storia. Figure storiche come San Francesco d'Assisi, che predicava l'amore e la fratellanza verso tutti gli esseri viventi, o riformatori come Martin Lutero, che sottolineava l'importanza che la fede e la grazia fossero accessibili a tutti, hanno incarnato e diffuso queste idee. Più tardi, nel contesto dell'Illuminismo, filosofi come John Locke e Jean-Jacques Rousseau, pur non facendo sempre riferimento diretto a questi insegnamenti cristiani, svilupparono idee politiche e sociali che risuonavano con il principio dell'uguaglianza fondamentale di tutti gli esseri umani. | |||
L'idea che ogni individuo goda di una sfera di autonomia individuale per realizzare il proprio destino fa parte di una visione del mondo in cui la vocazione spirituale e personale è fondamentale. Questa visione, influenzata dal cristianesimo, sottolinea che le strutture sociali, politiche ed economiche sono mezzi per servire l'uomo nella sua ricerca spirituale e non fini a se stessi. Questo approccio segna un contrasto significativo con le prospettive precedenti, in cui l'individuo era spesso visto come subordinato alle esigenze dello Stato o della società. Secondo questa visione, lo Stato e le altre istituzioni sociali hanno il dovere di rispettare e proteggere l'autonomia individuale. Ciò implica il riconoscimento del diritto alla libertà di coscienza, di pensiero e di espressione, nonché l'apprezzamento della privacy e della libertà individuale. L'idea che lo Stato debba essere al servizio dell'individuo, piuttosto che il contrario, ha rappresentato un importante sviluppo nel pensiero politico e sociale, influenzando profondamente le moderne teorie dei diritti umani e della governance democratica. Questo concetto ha trovato particolare risonanza durante il Rinascimento e l'Illuminismo, quando i filosofi hanno iniziato a mettere in discussione le strutture di potere tradizionali e a promuovere l'idea dei diritti naturali insiti in ogni persona. Pensatori come John Locke, che difendeva il diritto alla vita, alla libertà e alla proprietà, e Immanuel Kant, con il suo imperativo categorico che enfatizzava il rispetto per ogni individuo come fine in sé, hanno contribuito a formare questa prospettiva. | |||
In pratica, questa filosofia ha influenzato la stesura di documenti fondamentali come la Dichiarazione d'indipendenza americana e la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino durante la Rivoluzione francese. Questi documenti propongono l'idea che i governi siano istituiti per proteggere i diritti individuali e che la loro legittimità derivi dal consenso dei governati. L'idea che ogni essere umano abbia una sfera di autonomia individuale in cui realizzare il proprio destino è stata fondamentale per l'evoluzione delle società occidentali verso principi di libertà personale, rispetto dei diritti individuali e governo democratico. Questi concetti continuano a costituire la base delle società liberali e democratiche contemporanee, sottolineando l'importanza dell'individuo all'interno dell'ordine sociale e politico. | |||
L'impatto del messaggio cristiano sullo sviluppo dei diritti umani in Occidente è profondamente legato al lavoro dei teologi giuridici cattolici spagnoli del XVI secolo, in particolare nel contesto dei dibattiti relativi alla conquista spagnola dell'America. Questi dibattiti erano incentrati su questioni morali e giuridiche cruciali riguardanti il trattamento delle popolazioni indigene dell'America da parte dei conquistatori spagnoli. | |||
Uno dei protagonisti di questo dibattito fu Bartolomé de las Casas, sacerdote domenicano e poi vescovo, che divenne famoso per la sua appassionata difesa dei diritti delle popolazioni indigene. Sconvolto dalla brutalità e dallo sfruttamento subiti dagli amerindi, Las Casas si oppose alle teorie e alle pratiche che giustificavano la loro schiavitù. Egli sostenne il riconoscimento della loro umanità e dei loro diritti fondamentali, affermando che, in quanto esseri umani, erano figli di Dio e meritavano lo stesso rispetto e la stessa dignità degli europei. Un'altra figura importante in questi dibattiti fu Francisco de Vitoria, teologo e giurista, considerato uno dei fondatori del moderno diritto internazionale. Vitoria mise in discussione la legittimità della conquista spagnola sulla base dei principi del diritto naturale. Egli sosteneva che le popolazioni indigene possedevano i propri diritti sovrani e che il loro territorio non poteva essere giustamente sottratto. Le sue idee gettarono le basi per un'argomentazione a favore dell'uguaglianza e dei diritti fondamentali dei popoli indigeni. | |||
Questi dibattiti si svolsero in un contesto più ampio di questioni etiche e giuridiche sollevate dall'incontro tra l'Europa e le Americhe. Teologi e giuristi spagnoli svolsero un ruolo cruciale nello sviluppo delle prime dottrine dei diritti umani in Occidente, articolando argomentazioni basate su principi cristiani che riconoscevano la dignità e i diritti dei popoli indigeni. Questo periodo è stato fondamentale nella storia dei diritti umani, poiché ha segnato un punto di svolta in cui i principi etici e giuridici hanno iniziato a essere applicati in un contesto globale, trascendendo confini e culture. Le idee e le argomentazioni sviluppate da figure come de las Casas e de Vitoria gettarono le basi di quella che sarebbe diventata la legge internazionale sui diritti umani, sottolineando l'importanza universale della dignità umana e dell'uguaglianza.[[Fichier:Bartolomedelascasas.jpg|150px|vignette|droite|Ritratto di Bartolomé de las Casas (anonimo, XVI secolo).]] | |||
L' | L'affermazione della prima elaborazione dottrinale dei diritti umani in Occidente, attribuita a Francisco de Vitoria e Bartolomé de las Casas, segna una svolta cruciale nel riconoscimento dei diritti umani. Queste due figure hanno avuto un ruolo decisivo nel mettere in discussione i fondamenti etici e giuridici della conquista spagnola dell'America nel XVI secolo, in particolare per quanto riguarda il trattamento delle popolazioni indigene. | ||
Francisco de Vitoria, | Francisco de Vitoria, teologo e giurista spagnolo, è spesso considerato il padre del diritto internazionale moderno. Nato nel 1492, sviluppò teorie che difendevano i diritti delle popolazioni indigene dell'America, mettendo in discussione la legittimità della loro dominazione da parte dei conquistatori spagnoli. Egli sostenne che gli indiani avevano i loro diritti sovrani, sia nella sfera privata che in quella pubblica, e che questi diritti dovevano essere rispettati. Vitoria sosteneva che le popolazioni indigene avessero il diritto di governare e possedere le proprie terre, idee rivoluzionarie per l'epoca. Bartolomé de las Casas, sacerdote domenicano nato nel 1474, divenne famoso per la sua ardente difesa delle popolazioni indigene. Denunciò le atrocità commesse dai conquistadores spagnoli e sostenne il rispetto della dignità e dei diritti degli indiani. De las Casas sostenne che gli indiani erano esseri umani a tutti gli effetti, dotati di ragione e capaci di fede, e che pertanto dovevano essere trattati con equità e giustizia. Riconoscendo l'uguaglianza dei diritti dei popoli indigeni, Vitoria e Las Casas gettarono le basi per una concezione dei diritti umani che trascende i confini culturali e nazionali. Il loro insegnamento implica che tutti gli esseri umani, indipendentemente dalla loro origine etnica o geografica, possiedono diritti inalienabili che devono essere rispettati. | ||
Questo periodo segna quindi l'inizio della concettualizzazione dei diritti umani nel contesto occidentale, con una particolare enfasi sull'uguaglianza e sulla sovranità dei popoli. Sebbene le idee di Vitoria e Las Casas non abbiano portato immediatamente a grandi cambiamenti politici o sociali, hanno gettato le basi intellettuali e morali che hanno influenzato il successivo sviluppo delle teorie dei diritti umani e del diritto internazionale. Pertanto, il XVI secolo in Spagna può essere considerato un momento chiave nell'evoluzione del pensiero sui diritti umani.{{citation bloc|La nostra religione è una sola e può andare bene per tutte le nazioni del mondo; le accoglie tutte nel suo seno e non toglie a nessuna di esse la libertà o il padrone; è soprattutto lontana dal volere che le persone siano rese schiave con il pretesto che sono nate per questo, come sostiene il Signore Vescovo. Che Vostra Maestà si degni quindi, all'inizio del suo regno, di esprimere il suo disprezzo per questa cattiva dottrina e di sconfessarne le conseguenze.|Las Casas}} | |||
Questa citazione di Bartolomé de las Casas illustra perfettamente il suo impegno nel difendere i diritti e la dignità delle popolazioni indigene d'America di fronte alla conquista spagnola. Nel suo appello, Las Casas sottolinea diversi punti chiave che riflettono non solo le sue convinzioni religiose, ma anche il suo profondo umanesimo. In primo luogo, afferma l'universalità della religione cristiana, sottolineando che essa è destinata a tutte le nazioni e accoglie tutti i popoli senza distinzioni. Questa visione dell'universalità e dell'inclusività del cristianesimo è fondamentale, poiché rifiuta l'idea che alcuni popoli possano essere intrinsecamente inferiori o destinati a essere dominati. In secondo luogo, Las Casas sottolinea il rispetto per la libertà e l'autonomia dei popoli. Critica apertamente l'idea che la conversione al cristianesimo o l'accettazione del dominio spagnolo debba comportare la perdita della libertà o della sovranità dei popoli indigeni. Egli ritiene che la religione cristiana non sia uno strumento di dominazione, ma un mezzo di elevazione spirituale e di rispetto reciproco. Infine, si appella direttamente all'autorità reale, in questo caso il monarca spagnolo, affinché prenda posizione contro le dottrine che giustificano la schiavitù e l'oppressione dei popoli indigeni per motivi religiosi o razziali. Questa azione di Las Casas è un appello alla responsabilità morale e politica dei leader, invitandoli a rifiutare le ideologie che perpetuano l'ingiustizia e la disuguaglianza. La citazione di Las Casas è una potente testimonianza dei primi tempi della colonizzazione nelle Americhe, quando voci come la sua si levavano in difesa dei diritti delle popolazioni indigene. Le sue argomentazioni e il suo attivismo hanno avuto un ruolo cruciale nella genesi del pensiero dei diritti umani e nello sviluppo delle prime critiche formali alla conquista e alla colonizzazione. {{citation bloc|Tra gli Infedeli, che vivono in questi regni remoti, che non hanno mai sentito parlare di Cristo, che non hanno ricevuto la fede, ci sono veri Signori, Re e Principi. La legge naturale e il diritto delle nazioni concedono loro la sovranità, la dignità e la preminenza regale... Lo stesso vale per il dominio degli individui sui beni inferiori|Las Casas<ref>Cf. B. DE LAS CASAS, Aquí se contienen treinta proposiciones muy jurídicas... in A. M. FABIE, Vida y escritos de Fray B. de Las Casas, Madrid</ref>}} | |||
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Questa citazione di Bartolomé de las Casas illustra la sua argomentazione contro la schiavitù e l'oppressione dei popoli indigeni, affermando la loro intrinseca uguaglianza e sovranità come creature di Dio. Egli riconosce esplicitamente la legittimità e l'autorità dei leader e delle strutture politiche esistenti dei popoli indigeni, anche di quelli che non sono stati esposti al cristianesimo. Nella sua argomentazione, Las Casas confuta l'idea che i popoli indigeni possano essere legittimamente soggiogati o espropriati delle loro terre e della loro sovranità a causa della loro mancata conoscenza del cristianesimo. Egli sottolinea che il diritto naturale e il diritto delle nazioni (ius gentium, un concetto chiave del diritto internazionale nel pensiero medievale e rinascimentale) riconoscono e rispettano la sovranità dei popoli non cristiani. | |||
Affermando che i popoli indigeni avevano re, principi e strutture di governo legittime, Las Casas si unì alle tesi di Francisco de Vitoria, un altro teologo e giurista che difendeva la nozione di diritti universali e di sovranità dei popoli, indipendentemente dalla loro fede o conoscenza del cristianesimo. Vitoria sosteneva che i popoli non cristiani possedevano diritti naturali, tra cui il diritto alla proprietà e all'autonomia politica, che dovevano essere rispettati dalle potenze coloniali. Questo approccio era rivoluzionario per l'epoca, poiché metteva in discussione le giustificazioni solitamente addotte per la colonizzazione e la dominazione delle popolazioni indigene. Las Casas e Vitoria, con le loro idee progressiste, hanno contribuito a gettare le basi del moderno diritto internazionale e del riconoscimento dei diritti umani universali, indipendentemente da razza, cultura o religione. In conclusione, gli sforzi di Las Casas e Vitoria per difendere i diritti dei popoli indigeni hanno segnato una tappa importante nella storia dei diritti umani, evidenziando la necessità di rispettare la dignità e la sovranità di tutti i popoli. | |||
La | La difesa di queste tesi da parte di personaggi come Bartolomé de las Casas e Francisco de Vitoria all'inizio del XVI secolo ha rappresentato un passo fondamentale nello sviluppo di una dottrina dei diritti umani. Le loro argomentazioni, incentrate sull'idea che tutti gli esseri umani sono uguali in quanto creature di Dio, segnarono una svolta decisiva nella comprensione e nel riconoscimento dei diritti fondamentali. Questo approccio dottrinale era rivoluzionario per l'epoca, poiché si opponeva alle pratiche comuni di conquista, schiavitù e colonizzazione basate su nozioni di superiorità culturale, razziale o religiosa. Insistendo sull'uguaglianza fondamentale di tutti gli esseri umani, indipendentemente dalla loro fede, origine etnica o status sociale, Las Casas e Vitoria sfidarono le giustificazioni per l'oppressione e lo sfruttamento delle popolazioni indigene. | ||
Questa prospettiva era radicata in una concezione cristiana dell'umanità, in cui ogni persona, in quanto creazione di Dio, possiede una dignità intrinseca e diritti inalienabili. Questa visione ha contribuito a gettare le basi etiche e filosofiche per i futuri sviluppi dei diritti umani. I loro insegnamenti hanno avuto una notevole influenza non solo sul diritto internazionale, ma anche sul modo in cui le società occidentali hanno iniziato a considerare le questioni di giustizia, uguaglianza e sovranità. Sebbene gli effetti immediati del loro patrocinio siano stati limitati nel contesto del loro tempo, i principi da loro enunciati hanno continuato a ispirare le generazioni future e hanno svolto un ruolo fondamentale nell'evoluzione dei concetti di diritti umani e di rispetto della dignità umana. L'inizio del XVI secolo segna quindi un periodo importante in cui teologi e giuristi iniziarono ad articolare un approccio dottrinale ai diritti umani, gettando le basi per un più ampio riconoscimento dell'uguaglianza e del valore intrinseco di tutti gli esseri umani. | |||
= | = Le origini politiche = | ||
Les origines politiques des droits fondamentaux peuvent être tracées à travers une série d'événements historiques clés qui ont façonné la pensée et la pratique politique mondiale, chacun apportant une pierre à l'édifice des droits de l'homme. | Les origines politiques des droits fondamentaux peuvent être tracées à travers une série d'événements historiques clés qui ont façonné la pensée et la pratique politique mondiale, chacun apportant une pierre à l'édifice des droits de l'homme. | ||
Version du 18 décembre 2023 à 16:08
Basato su un corso di Victor Monnier[1][2][3]
Introduzione al diritto: concetti chiave e definizioni ● Lo Stato: funzioni, strutture e sistemi politici ● Le diverse branche del diritto ● Fonti del diritto ● Le grandi tradizioni formative del diritto ● Elementi del rapporto giuridico ● L'applicazione della legge ● L'attuazione di una legge ● Lo sviluppo della Svizzera dalle origini al XX secolo ● Il quadro giuridico interno della Svizzera ● Struttura statale, sistema politico e neutralità della Svizzera ● L'evoluzione delle relazioni internazionali dalla fine dell'Ottocento alla metà del Novecento ● Organizzazioni universali ● Organizzazioni europee e loro relazioni con la Svizzera ● Categorie e generazioni di diritti fondamentali ● Le origini dei diritti fondamentali ● Dichiarazioni dei diritti alla fine del Settecento ● Verso la costruzione di un concetto universale di diritti fondamentali nel Novecento
I diritti fondamentali, spesso definiti diritti umani, sono principi giuridici essenziali volti a tutelare la dignità e la libertà dell'individuo. Radicati in diverse tradizioni storiche e filosofiche, questi diritti sono oggi universalmente riconosciuti e rispettati in tutto il mondo.
Le prime tracce dei diritti fondamentali risalgono alle civiltà antiche e ai testi religiosi, dove i concetti di giustizia ed equità erano già presenti. Ad esempio, le leggi dell'Antico Testamento, il diritto romano e gli insegnamenti filosofici dell'antica Grecia offrivano riflessioni primitive sui diritti e sui doveri degli individui. Nel Medioevo questi concetti continuarono a svilupparsi, soprattutto in Europa. La Magna Carta, firmata nel 1215 in Inghilterra, è un primo esempio di documento legale che garantisce alcuni diritti, come il diritto a un giusto processo e la protezione dall'arbitrio reale, sebbene questi diritti fossero limitati a una parte della società. L'Illuminismo è stato un periodo cruciale per lo sviluppo dei diritti fondamentali. Filosofi come John Locke, che sostenne la nozione di diritti naturali e inalienabili nella sua opera "Due trattati sul governo" del 1689, e Jean-Jacques Rousseau, con la sua idea di contratto sociale, gettarono le basi teoriche dei diritti umani. Le loro idee hanno ispirato diverse dichiarazioni storiche, tra cui la Dichiarazione d'indipendenza degli Stati Uniti del 1776 e la Dichiarazione francese dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789. Questi documenti furono rivoluzionari, riconoscendo formalmente diritti come la libertà e l'uguaglianza. Il XX secolo ha visto un importante progresso nel riconoscimento internazionale dei diritti fondamentali. Gli orrori della Seconda guerra mondiale hanno portato a una consapevolezza globale della necessità di proteggere questi diritti. Le Nazioni Unite, fondate nel 1945, hanno svolto un ruolo fondamentale in questo sviluppo. La Dichiarazione universale dei diritti umani, adottata nel 1948, ha rappresentato una pietra miliare, stabilendo un insieme di diritti fondamentali riconosciuti a livello mondiale.
Nel corso degli anni, molti Paesi hanno incorporato questi principi nelle loro costituzioni e leggi nazionali. Trattati internazionali come la Convenzione europea sui diritti umani, adottata nel 1950, hanno rafforzato la protezione e la promozione di questi diritti.
Le origini religiose
Nell'antichità, la nozione di diritti individuali come la intendiamo oggi non esisteva realmente e l'individuo era spesso soggetto a regole e norme severe imposte dallo Stato o dalla società.
A Sparta, ad esempio, la vita era strettamente controllata dallo Stato. Il celibato era proibito perché la società spartana enfatizzava la forza militare e la riproduzione per mantenere un esercito potente. I cittadini spartani dovevano contribuire alla società principalmente attraverso la procreazione e il servizio militare, limitando così la loro autonomia personale. Nell'antica Roma, le leggi regolavano aspetti della vita quotidiana che oggi sarebbero considerati privati. Ad esempio, il consumo di vino puro era limitato. Queste regole riflettevano le preoccupazioni morali e sociali dell'epoca, in cui si apprezzavano la moderazione e l'autocontrollo. Ad Atene, le restrizioni imposte alle donne illustravano anche l'assenza di diritti individuali come li conosciamo noi. Le donne ateniesi erano in gran parte confinate nella sfera domestica e avevano pochi diritti politici o legali. La limitazione del numero di abiti che una donna poteva portare fuori città è un esempio delle molte restrizioni all'autonomia e alla libertà delle donne in quella società.
Questi esempi dimostrano che nell'antichità l'autonomia individuale era spesso subordinata alle esigenze percepite dalla società o dallo Stato. I diritti all'integrità fisica e mentale, così come li intendiamo nel contesto moderno dei diritti umani, non erano riconosciuti. Gli individui erano in gran parte visti come membri di una collettività, con obblighi e doveri nei suoi confronti, piuttosto che come entità con diritti inalienabili. Questa prospettiva sull'individuo e sul potere si è evoluta notevolmente nel corso dei secoli, portando infine al riconoscimento dei diritti fondamentali come li conosciamo oggi.
Nelle società antiche, in particolare ad Atene, la libertà era spesso concepita come la capacità di partecipare alla vita pubblica e alla gestione dello Stato. Questa partecipazione era vista come un privilegio e una responsabilità dei cittadini, ma era limitata a una frazione della popolazione - generalmente uomini liberi che possedevano terre. Le donne, gli schiavi e gli stranieri erano esclusi da questa sfera di partecipazione politica. In questo contesto, non esisteva una sfera riconosciuta di libertà individuale in senso moderno. I diritti e le libertà erano definiti e limitati dallo status nella società e dall'appartenenza alla comunità politica. La privacy e i diritti individuali non erano concetti ampiamente riconosciuti o apprezzati.
L'emergere del cristianesimo, invece, ha portato una nuova dimensione al concetto di individuo e di libertà. Il cristianesimo introdusse l'idea dell'uguaglianza fondamentale di tutti gli esseri umani davanti a Dio, un'idea rivoluzionaria per l'epoca. Questa prospettiva ha posto le basi per un maggiore riconoscimento della dignità e del valore intrinseco di ogni individuo, indipendentemente dal suo status sociale o dal suo ruolo nella comunità politica. Nel corso del tempo, gli insegnamenti cristiani sull'amore per il prossimo, sulla compassione e sull'uguaglianza di tutti davanti a Dio hanno contribuito a erodere le rigide strutture sociali e legali dell'antichità. Queste idee hanno gettato le basi per una concezione più moderna della libertà, in cui il valore dell'individuo non dipende solo dalla sua capacità di partecipare alla vita pubblica, ma è anche radicato nella sua dignità e nei suoi diritti di essere umano. Tuttavia, è importante notare che la trasformazione delle nozioni di libertà e di diritti individuali non è avvenuta da un giorno all'altro con l'avvento del cristianesimo. È stato un processo graduale, influenzato da molti altri fattori storici, filosofici e culturali nel corso dei secoli.
L'insegnamento cristiano, con le sue profonde radici nei testi e nelle tradizioni bibliche, ha introdotto idee rivoluzionarie sulla natura e sulla dignità umana che hanno influenzato profondamente il pensiero occidentale. Al centro di questa visione c'è la convinzione che ogni essere umano sia creato a immagine e somiglianza di Dio, un'idea nata nelle Scritture ebraiche e adottata e sviluppata dai primi pensatori cristiani. Questa nozione, affermando che tutti gli uomini sono creati a immagine di Dio, ha introdotto un concetto di uguaglianza fondamentale e di dignità intrinseca di ogni persona. Questa idea era radicalmente diversa dalle gerarchie sociali e dalle strutture di potere che prevalevano nelle società antiche. Ad esempio, nella società romana, dominata da rigide distinzioni tra cittadini, non cittadini, schiavi e liberti, la dottrina cristiana offriva una prospettiva diversa, affermando l'uguale valore di tutti gli individui, indipendentemente dal loro status sociale. Inoltre, la fede nell'immortalità dell'anima, concetto centrale del cristianesimo, rafforzava l'idea della dignità intrinseca ed eterna dell'essere umano. Questa prospettiva incoraggiava una visione della vita umana con un significato che andava al di là del materiale e del temporale. Pensatori cristiani come Agostino d'Ippona (354-430 d.C.) e Tommaso d'Aquino (1225-1274 d.C.) esplorarono queste idee, sottolineando l'importanza della vita spirituale e il valore eterno dell'anima umana.
L'impatto di questi insegnamenti sulla concezione occidentale della libertà e dei diritti umani fu profondo e duraturo. Mentre le società antiche si concentravano principalmente sulla collettività e sul posto dell'individuo all'interno dello Stato, il cristianesimo introdusse una nuova dimensione, quella del valore individuale. Questo cambiamento è stato essenziale per il successivo sviluppo delle idee di diritti umani e di rispetto per l'individuo. Questi concetti hanno avuto un ruolo cruciale nel plasmare il pensiero politico e sociale in Occidente, influenzando movimenti come la Riforma protestante del XVI secolo, che ha enfatizzato l'importanza della coscienza individuale, e il periodo illuminista, quando filosofi come John Locke hanno sviluppato teorie sui diritti naturali e sul governo. In questo modo, le basi poste dal cristianesimo hanno aperto la strada a una comprensione più ricca e sfumata della libertà individuale e dei diritti umani.
Il messaggio centrale del cristianesimo, insegnato da Gesù Cristo, si basa sull'idea che la vita terrena sia solo uno stadio transitorio dell'esistenza dell'uomo, destinato alla vita eterna. Questa visione ha influenzato profondamente il modo in cui la dignità umana è stata percepita e valorizzata nella cultura e nel pensiero occidentale. Secondo questa prospettiva, la vita terrena è vista come una preparazione, un percorso verso una destinazione finale che è la vita eterna. Questo concetto trascende l'idea di un'esistenza incentrata unicamente su preoccupazioni materiali o temporali. Pone l'accento sugli aspetti spirituali e morali dell'esistenza, sottolineando valori come la compassione, l'amore per il prossimo e la ricerca di una vita virtuosa. Questa comprensione della vocazione umana alla vita eterna ha portato a un maggiore apprezzamento della dignità di ogni persona. In questa visione del mondo, il valore dell'individuo non risiede nelle sue conquiste terrene, nel suo status sociale o nella sua ricchezza, ma nella sua essenza di essere creato a immagine di Dio e destinato a un destino eterno. Questa dignità è intrinseca e inalienabile, indipendentemente dalle circostanze esterne.
Le implicazioni di questa visione per la concezione dei diritti e delle libertà sono notevoli. È servita come base per l'idea che tutti gli esseri umani meritano rispetto e considerazione, perché ognuno di essi porta con sé un valore inestimabile. Questa prospettiva ha influenzato diversi movimenti sociali e politici nel corso dei secoli, in particolare quelli che cercano di promuovere la giustizia, l'uguaglianza e la protezione dei più vulnerabili. Storicamente, ha anche informato lo sviluppo dell'etica cristiana e ha influenzato pensatori come Sant'Agostino e San Tommaso d'Aquino, che hanno cercato di integrare queste idee in un quadro teologico e filosofico più ampio. Più tardi, nell'era moderna, questa concezione ha influenzato i filosofi dell'Illuminismo e i padri fondatori della democrazia liberale, che hanno articolato i principi dei diritti naturali e della sovranità individuale.
La seconda proposizione fondamentale del messaggio di Cristo, che tutti gli uomini sono figli di Dio, ha avuto un impatto profondo e duraturo sulla comprensione dell'uguaglianza e della fratellanza umana nel pensiero occidentale. Questa idea, che sottolinea l'uguaglianza fondamentale di tutti gli esseri umani davanti a Dio, ha introdotto un principio di uguaglianza radicalmente diverso dalle gerarchie sociali e dalle distinzioni di status che prevalevano in molte società antiche e medievali. L'insegnamento cristiano secondo cui ogni persona è figlia di Dio implica che tutti gli individui condividono una dignità comune e un valore intrinseco. Questa prospettiva era rivoluzionaria, soprattutto in un contesto storico in cui le distinzioni di classe, razza, genere ed etnia erano spesso profondamente radicate. Proclamando l'uguaglianza di tutti davanti a Dio, il cristianesimo ha sfidato queste divisioni e ha promosso un senso di unità e solidarietà umana.
Quest'idea dell'uguale condivisione dell'amore di Dio per tutti i suoi figli ha influenzato anche il concetto di diritti umani. Se tutti gli uomini sono uguali in quanto figli di Dio, allora tutti meritano un trattamento equo e il rispetto dei loro diritti fondamentali. Questo pensiero è stato un'importante forza trainante dei movimenti di riforma sociale e di giustizia nel corso della storia. Figure storiche come San Francesco d'Assisi, che predicava l'amore e la fratellanza verso tutti gli esseri viventi, o riformatori come Martin Lutero, che sottolineava l'importanza che la fede e la grazia fossero accessibili a tutti, hanno incarnato e diffuso queste idee. Più tardi, nel contesto dell'Illuminismo, filosofi come John Locke e Jean-Jacques Rousseau, pur non facendo sempre riferimento diretto a questi insegnamenti cristiani, svilupparono idee politiche e sociali che risuonavano con il principio dell'uguaglianza fondamentale di tutti gli esseri umani.
L'idea che ogni individuo goda di una sfera di autonomia individuale per realizzare il proprio destino fa parte di una visione del mondo in cui la vocazione spirituale e personale è fondamentale. Questa visione, influenzata dal cristianesimo, sottolinea che le strutture sociali, politiche ed economiche sono mezzi per servire l'uomo nella sua ricerca spirituale e non fini a se stessi. Questo approccio segna un contrasto significativo con le prospettive precedenti, in cui l'individuo era spesso visto come subordinato alle esigenze dello Stato o della società. Secondo questa visione, lo Stato e le altre istituzioni sociali hanno il dovere di rispettare e proteggere l'autonomia individuale. Ciò implica il riconoscimento del diritto alla libertà di coscienza, di pensiero e di espressione, nonché l'apprezzamento della privacy e della libertà individuale. L'idea che lo Stato debba essere al servizio dell'individuo, piuttosto che il contrario, ha rappresentato un importante sviluppo nel pensiero politico e sociale, influenzando profondamente le moderne teorie dei diritti umani e della governance democratica. Questo concetto ha trovato particolare risonanza durante il Rinascimento e l'Illuminismo, quando i filosofi hanno iniziato a mettere in discussione le strutture di potere tradizionali e a promuovere l'idea dei diritti naturali insiti in ogni persona. Pensatori come John Locke, che difendeva il diritto alla vita, alla libertà e alla proprietà, e Immanuel Kant, con il suo imperativo categorico che enfatizzava il rispetto per ogni individuo come fine in sé, hanno contribuito a formare questa prospettiva.
In pratica, questa filosofia ha influenzato la stesura di documenti fondamentali come la Dichiarazione d'indipendenza americana e la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino durante la Rivoluzione francese. Questi documenti propongono l'idea che i governi siano istituiti per proteggere i diritti individuali e che la loro legittimità derivi dal consenso dei governati. L'idea che ogni essere umano abbia una sfera di autonomia individuale in cui realizzare il proprio destino è stata fondamentale per l'evoluzione delle società occidentali verso principi di libertà personale, rispetto dei diritti individuali e governo democratico. Questi concetti continuano a costituire la base delle società liberali e democratiche contemporanee, sottolineando l'importanza dell'individuo all'interno dell'ordine sociale e politico.
L'impatto del messaggio cristiano sullo sviluppo dei diritti umani in Occidente è profondamente legato al lavoro dei teologi giuridici cattolici spagnoli del XVI secolo, in particolare nel contesto dei dibattiti relativi alla conquista spagnola dell'America. Questi dibattiti erano incentrati su questioni morali e giuridiche cruciali riguardanti il trattamento delle popolazioni indigene dell'America da parte dei conquistatori spagnoli.
Uno dei protagonisti di questo dibattito fu Bartolomé de las Casas, sacerdote domenicano e poi vescovo, che divenne famoso per la sua appassionata difesa dei diritti delle popolazioni indigene. Sconvolto dalla brutalità e dallo sfruttamento subiti dagli amerindi, Las Casas si oppose alle teorie e alle pratiche che giustificavano la loro schiavitù. Egli sostenne il riconoscimento della loro umanità e dei loro diritti fondamentali, affermando che, in quanto esseri umani, erano figli di Dio e meritavano lo stesso rispetto e la stessa dignità degli europei. Un'altra figura importante in questi dibattiti fu Francisco de Vitoria, teologo e giurista, considerato uno dei fondatori del moderno diritto internazionale. Vitoria mise in discussione la legittimità della conquista spagnola sulla base dei principi del diritto naturale. Egli sosteneva che le popolazioni indigene possedevano i propri diritti sovrani e che il loro territorio non poteva essere giustamente sottratto. Le sue idee gettarono le basi per un'argomentazione a favore dell'uguaglianza e dei diritti fondamentali dei popoli indigeni.
Questi dibattiti si svolsero in un contesto più ampio di questioni etiche e giuridiche sollevate dall'incontro tra l'Europa e le Americhe. Teologi e giuristi spagnoli svolsero un ruolo cruciale nello sviluppo delle prime dottrine dei diritti umani in Occidente, articolando argomentazioni basate su principi cristiani che riconoscevano la dignità e i diritti dei popoli indigeni. Questo periodo è stato fondamentale nella storia dei diritti umani, poiché ha segnato un punto di svolta in cui i principi etici e giuridici hanno iniziato a essere applicati in un contesto globale, trascendendo confini e culture. Le idee e le argomentazioni sviluppate da figure come de las Casas e de Vitoria gettarono le basi di quella che sarebbe diventata la legge internazionale sui diritti umani, sottolineando l'importanza universale della dignità umana e dell'uguaglianza.
L'affermazione della prima elaborazione dottrinale dei diritti umani in Occidente, attribuita a Francisco de Vitoria e Bartolomé de las Casas, segna una svolta cruciale nel riconoscimento dei diritti umani. Queste due figure hanno avuto un ruolo decisivo nel mettere in discussione i fondamenti etici e giuridici della conquista spagnola dell'America nel XVI secolo, in particolare per quanto riguarda il trattamento delle popolazioni indigene.
Francisco de Vitoria, teologo e giurista spagnolo, è spesso considerato il padre del diritto internazionale moderno. Nato nel 1492, sviluppò teorie che difendevano i diritti delle popolazioni indigene dell'America, mettendo in discussione la legittimità della loro dominazione da parte dei conquistatori spagnoli. Egli sostenne che gli indiani avevano i loro diritti sovrani, sia nella sfera privata che in quella pubblica, e che questi diritti dovevano essere rispettati. Vitoria sosteneva che le popolazioni indigene avessero il diritto di governare e possedere le proprie terre, idee rivoluzionarie per l'epoca. Bartolomé de las Casas, sacerdote domenicano nato nel 1474, divenne famoso per la sua ardente difesa delle popolazioni indigene. Denunciò le atrocità commesse dai conquistadores spagnoli e sostenne il rispetto della dignità e dei diritti degli indiani. De las Casas sostenne che gli indiani erano esseri umani a tutti gli effetti, dotati di ragione e capaci di fede, e che pertanto dovevano essere trattati con equità e giustizia. Riconoscendo l'uguaglianza dei diritti dei popoli indigeni, Vitoria e Las Casas gettarono le basi per una concezione dei diritti umani che trascende i confini culturali e nazionali. Il loro insegnamento implica che tutti gli esseri umani, indipendentemente dalla loro origine etnica o geografica, possiedono diritti inalienabili che devono essere rispettati.
Questo periodo segna quindi l'inizio della concettualizzazione dei diritti umani nel contesto occidentale, con una particolare enfasi sull'uguaglianza e sulla sovranità dei popoli. Sebbene le idee di Vitoria e Las Casas non abbiano portato immediatamente a grandi cambiamenti politici o sociali, hanno gettato le basi intellettuali e morali che hanno influenzato il successivo sviluppo delle teorie dei diritti umani e del diritto internazionale. Pertanto, il XVI secolo in Spagna può essere considerato un momento chiave nell'evoluzione del pensiero sui diritti umani.
« La nostra religione è una sola e può andare bene per tutte le nazioni del mondo; le accoglie tutte nel suo seno e non toglie a nessuna di esse la libertà o il padrone; è soprattutto lontana dal volere che le persone siano rese schiave con il pretesto che sono nate per questo, come sostiene il Signore Vescovo. Che Vostra Maestà si degni quindi, all'inizio del suo regno, di esprimere il suo disprezzo per questa cattiva dottrina e di sconfessarne le conseguenze. »
— Las Casas
Questa citazione di Bartolomé de las Casas illustra perfettamente il suo impegno nel difendere i diritti e la dignità delle popolazioni indigene d'America di fronte alla conquista spagnola. Nel suo appello, Las Casas sottolinea diversi punti chiave che riflettono non solo le sue convinzioni religiose, ma anche il suo profondo umanesimo. In primo luogo, afferma l'universalità della religione cristiana, sottolineando che essa è destinata a tutte le nazioni e accoglie tutti i popoli senza distinzioni. Questa visione dell'universalità e dell'inclusività del cristianesimo è fondamentale, poiché rifiuta l'idea che alcuni popoli possano essere intrinsecamente inferiori o destinati a essere dominati. In secondo luogo, Las Casas sottolinea il rispetto per la libertà e l'autonomia dei popoli. Critica apertamente l'idea che la conversione al cristianesimo o l'accettazione del dominio spagnolo debba comportare la perdita della libertà o della sovranità dei popoli indigeni. Egli ritiene che la religione cristiana non sia uno strumento di dominazione, ma un mezzo di elevazione spirituale e di rispetto reciproco. Infine, si appella direttamente all'autorità reale, in questo caso il monarca spagnolo, affinché prenda posizione contro le dottrine che giustificano la schiavitù e l'oppressione dei popoli indigeni per motivi religiosi o razziali. Questa azione di Las Casas è un appello alla responsabilità morale e politica dei leader, invitandoli a rifiutare le ideologie che perpetuano l'ingiustizia e la disuguaglianza. La citazione di Las Casas è una potente testimonianza dei primi tempi della colonizzazione nelle Americhe, quando voci come la sua si levavano in difesa dei diritti delle popolazioni indigene. Le sue argomentazioni e il suo attivismo hanno avuto un ruolo cruciale nella genesi del pensiero dei diritti umani e nello sviluppo delle prime critiche formali alla conquista e alla colonizzazione.
« Tra gli Infedeli, che vivono in questi regni remoti, che non hanno mai sentito parlare di Cristo, che non hanno ricevuto la fede, ci sono veri Signori, Re e Principi. La legge naturale e il diritto delle nazioni concedono loro la sovranità, la dignità e la preminenza regale... Lo stesso vale per il dominio degli individui sui beni inferiori »
— Las Casas[4]
Questa citazione di Bartolomé de las Casas illustra la sua argomentazione contro la schiavitù e l'oppressione dei popoli indigeni, affermando la loro intrinseca uguaglianza e sovranità come creature di Dio. Egli riconosce esplicitamente la legittimità e l'autorità dei leader e delle strutture politiche esistenti dei popoli indigeni, anche di quelli che non sono stati esposti al cristianesimo. Nella sua argomentazione, Las Casas confuta l'idea che i popoli indigeni possano essere legittimamente soggiogati o espropriati delle loro terre e della loro sovranità a causa della loro mancata conoscenza del cristianesimo. Egli sottolinea che il diritto naturale e il diritto delle nazioni (ius gentium, un concetto chiave del diritto internazionale nel pensiero medievale e rinascimentale) riconoscono e rispettano la sovranità dei popoli non cristiani.
Affermando che i popoli indigeni avevano re, principi e strutture di governo legittime, Las Casas si unì alle tesi di Francisco de Vitoria, un altro teologo e giurista che difendeva la nozione di diritti universali e di sovranità dei popoli, indipendentemente dalla loro fede o conoscenza del cristianesimo. Vitoria sosteneva che i popoli non cristiani possedevano diritti naturali, tra cui il diritto alla proprietà e all'autonomia politica, che dovevano essere rispettati dalle potenze coloniali. Questo approccio era rivoluzionario per l'epoca, poiché metteva in discussione le giustificazioni solitamente addotte per la colonizzazione e la dominazione delle popolazioni indigene. Las Casas e Vitoria, con le loro idee progressiste, hanno contribuito a gettare le basi del moderno diritto internazionale e del riconoscimento dei diritti umani universali, indipendentemente da razza, cultura o religione. In conclusione, gli sforzi di Las Casas e Vitoria per difendere i diritti dei popoli indigeni hanno segnato una tappa importante nella storia dei diritti umani, evidenziando la necessità di rispettare la dignità e la sovranità di tutti i popoli.
La difesa di queste tesi da parte di personaggi come Bartolomé de las Casas e Francisco de Vitoria all'inizio del XVI secolo ha rappresentato un passo fondamentale nello sviluppo di una dottrina dei diritti umani. Le loro argomentazioni, incentrate sull'idea che tutti gli esseri umani sono uguali in quanto creature di Dio, segnarono una svolta decisiva nella comprensione e nel riconoscimento dei diritti fondamentali. Questo approccio dottrinale era rivoluzionario per l'epoca, poiché si opponeva alle pratiche comuni di conquista, schiavitù e colonizzazione basate su nozioni di superiorità culturale, razziale o religiosa. Insistendo sull'uguaglianza fondamentale di tutti gli esseri umani, indipendentemente dalla loro fede, origine etnica o status sociale, Las Casas e Vitoria sfidarono le giustificazioni per l'oppressione e lo sfruttamento delle popolazioni indigene.
Questa prospettiva era radicata in una concezione cristiana dell'umanità, in cui ogni persona, in quanto creazione di Dio, possiede una dignità intrinseca e diritti inalienabili. Questa visione ha contribuito a gettare le basi etiche e filosofiche per i futuri sviluppi dei diritti umani. I loro insegnamenti hanno avuto una notevole influenza non solo sul diritto internazionale, ma anche sul modo in cui le società occidentali hanno iniziato a considerare le questioni di giustizia, uguaglianza e sovranità. Sebbene gli effetti immediati del loro patrocinio siano stati limitati nel contesto del loro tempo, i principi da loro enunciati hanno continuato a ispirare le generazioni future e hanno svolto un ruolo fondamentale nell'evoluzione dei concetti di diritti umani e di rispetto della dignità umana. L'inizio del XVI secolo segna quindi un periodo importante in cui teologi e giuristi iniziarono ad articolare un approccio dottrinale ai diritti umani, gettando le basi per un più ampio riconoscimento dell'uguaglianza e del valore intrinseco di tutti gli esseri umani.
Le origini politiche
Les origines politiques des droits fondamentaux peuvent être tracées à travers une série d'événements historiques clés qui ont façonné la pensée et la pratique politique mondiale, chacun apportant une pierre à l'édifice des droits de l'homme.
La Magna Carta, signée en Angleterre en 1215, représente l'un des premiers exemples concrets d'une limitation juridique du pouvoir royal. Bien que principalement destinée à protéger les droits de l'aristocratie contre le pouvoir arbitraire du roi, elle a introduit des principes fondamentaux tels que le droit à un procès équitable, influençant les futures notions de droits légaux et de gouvernance constitutionnelle. Au XVIe siècle, la Réforme protestante, initiée par des figures telles que Martin Luther et Jean Calvin, a remis en question l'autorité centralisée de l'Église catholique et a encouragé les idées de liberté de conscience et d'interprétation individuelle des Écritures. Ces idées ont contribué à façonner les concepts modernes de droits individuels et de souveraineté personnelle. La fin des Guerres de religion en Europe et la signature des Traités de Westphalie en 1648 ont non seulement redessiné la carte politique de l'Europe, mais ont aussi introduit des concepts clés comme la souveraineté des États et le principe de non-ingérence, qui ont des implications pour les droits individuels et collectifs. L'impact de la Révolution américaine en 1776 a été monumental, avec la Déclaration d'indépendance des États-Unis proclamant des principes tels que l'égalité fondamentale et les droits inaliénables. Ces idées ont été reprises et développées pendant la Révolution française, en particulier avec la Déclaration des droits de l'homme et du citoyen de 1789, qui a énoncé explicitement des droits tels que la liberté, la propriété, la sécurité et la résistance à l'oppression. Enfin, la Conférence de Vienne en 1815, bien que souvent considérée comme une période de restauration conservatrice, a posé les bases de la diplomatie moderne et du droit international, jouant un rôle clé dans la reconnaissance et la protection des droits fondamentaux à l'échelle mondiale. Ces événements, s'étalant sur plusieurs siècles, ont contribué de manière significative à l'évolution de la notion de droits fondamentaux. Ils ont façonné non seulement les systèmes juridiques et politiques, mais aussi les valeurs et les idéaux qui sous-tendent les sociétés modernes, menant à la reconnaissance universelle des droits humains et à leur protection en tant que composante essentielle de la justice et de la gouvernance internationale.
Dans l'Angleterre du XIIIe siècle, un événement marquant a eu lieu, façonnant profondément le cours de l'histoire juridique et politique : la rédaction et la signature de la Magna Carta, ou "Grande Charte", le 12 juin 1215. Ce document historique est le résultat d'un conflit intense entre le roi Jean d'Angleterre et un groupe de ses vassaux, principalement des barons mécontents et rebelles. La Magna Carta représente un tournant décisif dans la limitation du pouvoir arbitraire des monarques et la mise en place des fondements du droit constitutionnel.
Le contexte de l'époque était celui d'un mécontentement croissant parmi les nobles, en grande partie dû aux taxes élevées imposées par le roi Jean et à son échec dans les campagnes militaires, notamment en France. Face à l'augmentation de la résistance des barons, le roi a été contraint de négocier, aboutissant à la création de la Magna Carta. Ce document était révolutionnaire pour plusieurs raisons. D'abord, il reconnaissait et garantissait un certain nombre de droits et privilèges pour les barons et, par extension, pour d'autres sujets du royaume. Bien que son objectif principal fût de protéger les intérêts de l'aristocratie, la Magna Carta contenait des principes qui évoquaient nos conceptions modernes de libertés personnelles. Parmi ces principes, on trouve la garantie d'un procès équitable, la protection contre la détention arbitraire et la limitation des pouvoirs fiscaux du roi. En outre, la Magna Carta a établi l'idée que même le roi était soumis à la loi. C'était une notion révolutionnaire à une époque où les monarques étaient souvent considérés comme ayant un pouvoir absolu et divinement ordonné. L'idée que la loi s'appliquait également au souverain a posé les bases de la primauté du droit et de la gouvernance constitutionnelle dans les sociétés occidentales. Bien que la Magna Carta ait été à plusieurs reprises annulée, révisée et rétablie dans les années qui ont suivi sa première promulgation, son influence a perduré. Elle est souvent considérée comme un précurseur des constitutions modernes et a influencé de manière significative le développement des systèmes juridiques et des droits de l'homme, non seulement en Angleterre mais dans le monde entier.
Ces articles de la Magna Carta illustrent la portée et la vision révolutionnaires de ce document en termes de droits et de libertés. L'Article XXXIX, en particulier, établit des principes de justice qui sont fondamentaux dans les systèmes juridiques modernes. L'idée qu'aucun homme libre ne devrait être puni sans un jugement légal de ses pairs et selon la loi du pays était révolutionnaire pour l'époque. Cet article établit les bases de ce que nous connaissons aujourd'hui comme le droit à un procès équitable, un élément clé de l'État de droit et un principe fondamental des droits de l'homme.
« Aucun homme libre ne sera arrêté ni emprisonné, ou dépossédé de ses biens, ou déclaré hors-la-loi, ou exilé, ou exécuté de quelque manière que ce soit, et nous n'agirons pas contre lui et nous n'enverrons personne contre lui, sans un jugement légal de ses pairs et conformément à la loi du pays. »
— Article XXXIX.
L'Article XLI, quant à lui, met l'accent sur la liberté économique et la sécurité des marchands. Il reconnaît l'importance du commerce et des déplacements sûrs et sans entraves pour les marchands, tout en établissant des règles pour la conduite en temps de guerre. Cet article reflète une compréhension précoce de l'importance des échanges commerciaux et de la mobilité économique, des concepts qui sont essentiels dans notre économie mondialisée.
« Tous les marchands pourront, librement et en toute sûreté, quitter l'Angleterre, et venir en Angleterre, y demeurer, et voyager en Angleterre tant par la route que par bateau, pour acheter et pour vendre, sans aucun péage irrégulier, selon les anciennes et justes coutumes, excepté en temps de guerre et si ces marchands sont d'un pays en guerre contre nous. S'il se trouve de tels marchands dans notre pays au commencement d'une guerre, ils seront détenus, sans aucun dommage pour leurs personnes ni leurs biens, jusqu'à ce que nous, ou notre Grand Justicier, soyons informés de la manière dont nos marchands sont traités dans le pays en guerre contre nous, et si les nôtres sont saufs, les autres seront saufs dans notre pays. »
— Article XLI.
Ensemble, ces articles témoignent de l'évolution progressive des notions de justice, de liberté personnelle et de droits économiques. La Magna Carta, bien que principalement conçue pour protéger les droits de l'aristocratie anglaise, a posé les jalons pour des principes juridiques qui bénéficieraient, des siècles plus tard, à tous les citoyens. Le document a établi des normes pour la limitation du pouvoir arbitraire et la protection des droits individuels, influençant le développement ultérieur des démocraties constitutionnelles et des systèmes juridiques dans le monde occidental. Ces principes, énoncés il y a plus de huit siècles, continuent de résonner dans les chartes des droits et les constitutions du monde entier, témoignant de leur importance intemporelle et de leur impact durable sur la conception des droits humains et de la gouvernance équitable.
Les conflits entre le roi et le parlement en Angleterre, particulièrement prononcés durant certaines périodes de l'histoire, ont joué un rôle crucial dans l'élaboration de nombreux textes et traités garantissant des droits fondamentaux. Ces confrontations ont souvent été le moteur de changements constitutionnels et juridiques significatifs, contribuant à la formation des principes de gouvernance démocratique et des droits de l'homme.
Un des exemples les plus notables est la période de la Guerre civile anglaise au XVIIe siècle, qui a opposé les forces royalistes du roi Charles Ier aux parlementaires. Le conflit a culminé avec l'exécution de Charles Ier en 1649 et l'établissement du Commonwealth d'Angleterre sous Oliver Cromwell, marquant une période de républicanisme expérimental. Bien que le Commonwealth ait été de courte durée, se terminant avec la restauration de la monarchie en 1660, cette période a été significative pour le développement de la pensée politique et constitutionnelle. Un autre moment clé a été la Glorieuse Révolution de 1688, qui a vu le roi Jacques II d'Angleterre détrôné et remplacé par Marie II et son mari Guillaume d'Orange. Cette transition, relativement pacifique, a conduit à l'adoption de la Déclaration des droits en 1689, un document fondamental qui établissait des limites claires au pouvoir royal et affirmait les droits du Parlement. Ce texte a notamment établi le principe selon lequel le roi ne pouvait pas gouverner sans le consentement du Parlement, et a garanti des droits tels que la liberté d'expression au sein du Parlement, des limitations sur les impôts et le droit à un procès équitable.
Ces événements, et d'autres conflits similaires entre le pouvoir monarchique et le Parlement, ont contribué à façonner une tradition politique dans laquelle le respect des droits fondamentaux et la limitation du pouvoir gouvernemental sont centraux. Ils ont posé les fondations pour le développement ultérieur de la démocratie parlementaire en Angleterre et ont influencé la pensée politique dans d'autres parties du monde, notamment en inspirant les fondateurs des États-Unis lors de la rédaction de la Constitution américaine et de la Déclaration d'indépendance. Ces conflits entre le roi et le parlement en Angleterre ont été essentiels pour l'émergence et la consolidation des principes de gouvernance démocratique et de respect des droits fondamentaux, principes qui continuent d'influencer les systèmes politiques et juridiques dans le monde entier.
Les origines philosophiques
John Locke, un philosophe anglais du XVIIe siècle, a eu une influence profonde sur la théorie politique moderne, en particulier en ce qui concerne les concepts de droits naturels et de gouvernement civil. Sa pensée, articulée principalement dans deux œuvres majeures, "Deux traités du gouvernement" (1690) et "Essai sur l'entendement humain" (1689), a posé les bases de la philosophie libérale et a eu un impact considérable sur le développement des idées démocratiques et constitutionnelles. Locke a proposé une vision du gouvernement fondée sur l'idée que l'autorité politique légitime dérive du consentement des gouvernés. Cette notion de consentement volontaire est un pilier de sa théorie politique et marque une rupture avec les conceptions antérieures du pouvoir monarchique divinement ordonné ou de la suprématie incontestée de l'État. Pour Locke, les individus sont naturellement libres et égaux, et tout gouvernement légitime doit être fondé sur l'accord et l'acceptation de ceux qu'il gouverne.
Selon Locke, l'état de nature, une condition hypothétique pré-gouvernementale, est caractérisé par la liberté et l'égalité, mais également par l'insécurité et les conflits potentiels. Pour remédier à cette situation, les individus concluent un contrat social, renonçant à certains de leurs droits naturels en échange de la protection et de l'ordre fournis par un gouvernement civil. Toutefois, ce transfert de droits n'est pas absolu. Si un gouvernement ne protège pas les droits naturels fondamentaux de la vie, de la liberté et de la propriété, et s'il ne respecte pas le principe du consentement, il devient illégitime et les citoyens ont le droit de le résister ou de le changer. Les idées de Locke sur le gouvernement par consentement, la souveraineté populaire et les droits naturels ont été extrêmement influentes. Elles ont inspiré de nombreux penseurs et leaders politiques, notamment lors de la rédaction de la Déclaration d'indépendance des États-Unis et de la Constitution américaine. Ses théories sur le contrat social et les droits naturels ont également influencé d'autres philosophes importants tels que Jean-Jacques Rousseau et Immanuel Kant, et ont joué un rôle clé dans l'évolution des démocraties libérales modernes.
La théorie politique de John Locke, centrée sur le concept du contrat social, constitue un élément fondamental de la pensée libérale et a eu une influence déterminante sur la compréhension des droits et du gouvernement civil. Selon Locke, les individus en état de nature jouissent de droits naturels, mais cet état est également marqué par l'incertitude et l'absence de garanties formelles pour la protection de ces droits. C'est cette situation qui pousse les hommes à établir une société politique par le biais d'un contrat social. Dans l'état de nature, tel que décrit par Locke, les hommes sont libres et égaux, et chacun possède des droits naturels inaliénables tels que la vie, la liberté et la propriété. Cependant, cet état manque d'une autorité centrale pour résoudre les conflits et garantir efficacement ces droits. Face à cette lacune, les individus choisissent volontairement de renoncer à une partie de leur liberté et de leurs droits naturels pour créer une société politique. Cette transition de l'état de nature à la société politique est réalisée par le contrat social, un accord mutuel pour former une communauté politique et établir un gouvernement.
Le gouvernement légitime, selon Locke, est donc le produit du consentement des individus libres et égaux. Son rôle principal est de protéger les droits naturels des individus, qui n'étaient pas suffisamment sécurisés dans l'état de nature. Si le gouvernement manque à cette tâche fondamentale, ou s'il agit de manière despotique, violant les droits qu'il est censé protéger, il perd sa légitimité. Dans un tel cas, les citoyens ont le droit de résister, de modifier ou de renverser ce gouvernement. Cette conception de Locke a eu un impact profond sur la philosophie politique moderne. Elle a influencé la formation de systèmes de gouvernement démocratiques où la souveraineté réside dans le peuple, et le gouvernement est perçu comme un serviteur des citoyens, chargé de protéger leurs droits et libertés. Les idées de Locke sur le contrat social et les droits naturels ont été particulièrement influentes lors de la fondation des États-Unis, où elles ont informé la rédaction de documents fondamentaux comme la Déclaration d'indépendance et la Constitution. La théorie de Locke sur le contrat social et le gouvernement civil marque une étape importante dans l'histoire des idées politiques, établissant les fondations de la gouvernance démocratique moderne et la reconnaissance des droits fondamentaux de l'homme.
La théorie du contrat social, telle qu'élaborée par John Locke et d'autres penseurs comme Jean-Jacques Rousseau, a eu une influence considérable sur l'émergence et la formulation des premières Déclarations des droits de l'homme. Cette théorie, qui repose sur l'idée que les sociétés politiques sont fondées sur un accord volontaire entre des individus libres et égaux, a posé les bases philosophiques et théoriques des principes de liberté et d'égalité qui sont au cœur des droits de l'homme. Ces idées, issues d'un amalgame d'origines religieuses, politiques et philosophiques, ont trouvé un écho particulier lors de moments clés de l'histoire tels que la Révolution américaine et la Révolution française. La Déclaration d'indépendance des États-Unis en 1776 et la Déclaration des droits de l'homme et du citoyen en France en 1789 sont des exemples emblématiques de la manière dont la théorie du contrat social a influencé la pensée politique et juridique.
Dans ces documents, les concepts de liberté et d'égalité sont affirmés comme des droits naturels et inaliénables. La Déclaration d'indépendance américaine, par exemple, proclame que "tous les hommes sont créés égaux" et dotés de "certains droits inaliénables". De même, la Déclaration des droits de l'homme et du citoyen affirme que les hommes naissent libres et égaux en droits. Ces déclarations marquent une rupture significative avec les conceptions antérieures de la hiérarchie sociale et du pouvoir politique, enracinées dans le droit divin des rois ou dans des structures de pouvoir inégalitaires. La fusion des idées religieuses, notamment l'accent mis par le christianisme sur la dignité égale de tous les êtres humains, avec les théories politiques et philosophiques du contrat social et des droits naturels, a contribué à façonner une nouvelle vision du monde. Dans cette vision, les droits individuels et la souveraineté populaire sont fondamentaux, et le gouvernement est conçu comme un instrument au service du peuple, plutôt que comme une autorité absolue. Ainsi, les origines des droits fondamentaux reflètent un riche héritage d'idées et de pratiques, mêlant des influences religieuses, politiques et philosophiques pour aboutir à des principes de liberté, d'égalité et de justice qui sont devenus des piliers des sociétés démocratiques modernes. Ces principes continuent d'inspirer et de guider les efforts en faveur des droits de l'homme et de la démocratie à travers le monde.
Annexes
- Magna Carta
- Le discours et l'événement. L'émergence des droits de l'homme et le christianisme dans l'histoire occidentale - Alfred Dufour
Références
- ↑ Profil de Victor Monnier sur le site de l'UNIGE
- ↑ Publications du professeur Victor Monnier
- ↑ Hommage au professeur Victor Monnier - Faculté de droit - UNIGE
- ↑ Cf. B. DE LAS CASAS, Aquí se contienen treinta proposiciones muy jurídicas... in A. M. FABIE, Vida y escritos de Fray B. de Las Casas, Madrid